di Angelo De Mattia

Venerdì prossimo, 31 maggio, Ignazio Visco leggerà per la seconda volta le Considerazioni Finali del governatore nell’assemblea ordinaria dei Partecipanti. Alla presidenza della riunione vi sarà un Direttorio che, rispetto al novembre 2011 quando Mario Draghi si insediò alla testa della Bce, è cambiato per quattro membri su cinque per gli avvicendamenti succedutisi, ultimo dei quali quello che ha replicato quanto era già accaduto nel 1994: il direttore generale Fabrizio Saccomanni è stato nominato ministro dell’Economia, come allora avvenne per Lamberto Dini, chiamato al vertice del dicastero del Tesoro.

Verosimilmente si può instaurare ora un rapporto con via XX Settembre (dove si è insediato l’ex Bankitalia Daniele Franco, nuovo Ragioniere generale) di forti sinergie, sia pure partendo dal presupposto della piena autonomia di entrambe le istituzioni. Saccomanni conosce tutto della Banca nella quale è entrato nel 1967 e l’Istituto conosce profondamente l’opera di Saccomanni. Rapporti lontanissimi ormai dal deleterio comportamento tenuto per anni dall’allora ministro Tremonti nei confronti dell’Istituto. Ma, soprattutto, si attende qualche indicazione sullo sviluppo di possibili forme di integrazione della Vigilanza finanziaria con quella assicurativa (passata anch’essa a Palazzo Koch con la nascita dell’Ivass). Sarebbe altresì l’occasione per ritornare sul tema dell’auspicata riforma, per finalità, delle Autorità di regolazione e controllo in materia di risparmio. Ma vi sono anche tematiche organizzativo-strutturali interne e, forse, di ulteriore sistematizzazione o di precisazione degli indirizzi in materia di partecipazioni, dopo l’operazione, recente, di cessione di quella nelle Generali al Fondo strategico italiano. 

Nel 2008 l’allora governatore Mario Draghi dichiarava la disponibilità dell’Istituto a trovare una soluzione che consentisse di risistemare le quote di partecipazione al capitale detenute quasi del tutto dalle banche. Ma subito dopo, il Tesoro fece presente che non vi era bisogno di alcun contributo di Palazzo Koch, poiché la materia rientrava nella esclusiva competenza di quel dicastero. Da quel momento, però, null’altro è stato fatto. La previsione legislativa della legge del 2005 è ritenuta tuttora vigente, nonostante la sua effettiva illegittimità sotto diversi profili. È venuta l’ora, dunque, di porre mano al suo formale superamento. Esistono, come si è detto, diverse ipotesi progettuali, alcune delle quali consentono anche la possibilità di prevedere un introito da parte dello Stato attraverso la tassazione della eventuale rivalutazione delle quote: un’operazione che, per il suo significato, ricalcherebbe, mutatis mutandis, il trasferimento delle riserve valutarie dall’Ufficio italiano dei Cambi alla Banca, alla fine degli anni novanta. Presupposto sarebbe la più rigorosa tutela dell’autonomia e indipendenza, anche finanziaria, dell’Istituto.

 

Le «C.F.», però, conterranno evidentemente ben altro: dall’analisi della situazione economica e monetaria internazionale a quella della situazione europea; dal ruolo degli organismi finanziari globali, alle istituzioni europee; dal tema delle nuove regole delle attività economiche e finanziarie a quello della normativa comunitaria e del suo recepimento. Tradizionalmente una parte della relazione è dedicata a chiarire, sia pure sinteticamente, la politica monetaria adottata dalla Bce e le prospettive, affrontate con grande prudenza quando si tratta del livello dei tassi, anche sui depositi, e di operazioni non convenzionali. Il governo della moneta può fare molto, ma non tutto: una parte cospicua spetta ai governi con la leva della politica economica e di finanza pubblica. E qui può venire un particolare contributo dell’Istituto nella fase assai delicata che stiamo attraversando. La revisione della linea di cieca austerità oggi si impone in Europa. Il 31 maggio l’Italia, auspicabilmente, sarà uscita dalla procedura comunitaria di infrazione per deficit eccessivo e nella stessa giornata il presidente del Consiglio europeo sarà a Roma per preparare la riunione comunitaria di giugno per l’occupazione giovanile. Si tratta di assumere la giusta posizione che non faccia oscillare il pendolo dalla parte opposta all’austerità, ma neppure insista su impostazioni insostenibili. Le sole riforme di struttura non sono sufficienti a mettere in moto un processo di rilancio. Occorrerà negoziare con Bruxelles per conseguire effettivi margini di operatività, a partire da una vera golden rule e, nel contempo, accelerare la continuazione o l’avvio, a seconda dei casi, delle riforme, non certo rimettere in discussione il consolidamento dei conti pubblici. Ma la parte di ancor maggiore impegno delle «C.F.» è generalmente quella dedicata al sistema creditizio e finanziario e alla funzione di Vigilanza, anche in una logica di accountability.

 

Pure qui, ascolteremo certamente i riferimenti sul progetto di Unione bancaria che muove dalla centralizzazione della Vigilanza in una prima fase per almeno 150 istituti di credito. Vi è l’esigenza che il programma decolli in tempi certi e che includa prioritariamente l’uniformità normativa, non avendo senso un controllo unitario in presenza di una disomogeneità normativa. Un progetto del genere richiede un grande impegno delle Banche centrali nazionali, una ridislocazione di forze avendo presenti i compiti che spetteranno all’organismo di controllo coesistente con la Bce, l’impianto di nuovi rapporti tra quest’ultima e le vigilanze nazionali. Sarà fondamentale prevenire qualsiasi ipotesi di «disintermediazione» degli organi nazionali nel procedimento di Vigilanza comunitaria. Ma poi si aprirà il delicato capitolo dell’accesso al credito, dei problemi di domanda e di offerta, della qualità dei prestiti e, in specie, delle sofferenze, della patrimonializzazione delle banche. La Vigilanza ha mirato con molti strumenti all’impulso alla sana e prudente gestione con un approccio spiccatamente precauzionale.

Resta però ancora l’esigenza di una ripulitura delle sofferenze e/o di interventi della Bce, attraverso la garanzia di crediti cartolarizzati, per agevolare l’afflusso dei finanziamenti secondo una logica selettiva e, in specie, a favore delle imprese minori. Vanno sostenute forme di possibili canalizzazioni alternative del risparmio alle imprese: e qui si tocca il problema del mercato mobiliare e della sua persistente limitatezza. Saranno presenti, ovviamente, anche i temi del risparmio e quelli aziendali che riguardano, in particolare, la governance, le strutture organizzative, le incompatibilità, le strategie, la capacità dei banchieri di corrispondere alle esigenze del Paese. Ma concernono anche la fiscalità del risparmio, la tutela del consumatore-risparmiatore, la trasparenza, l’educazione finanziaria. L’Istituto ha già dato un’informativa ampia sul caso Montepaschi. Il 31 potrebbe essere l’occasione per una sintetica sistematizzazione degli indirizzi e del modus operandi della Vigilanza in situazioni del genere, ivi inclusa l’esigenza di disporre di nuove attribuzioni quale quella riguardante il potere di rimozione dei vertici aziendali nei casi di gravi irregolarità . Vi è sempre nelle «C.F.» un raccordo stretto tra la parte internazionale, quella europea e le pagine dedicate alla politica economica italiana, nonché quella dedicata al sistema creditizio e agli indirizzi della Vigilanza, con l’obiettivo di corrispondere agli interessi del Paese, in questo momento incentrati nel riavvio della crescita e del lavoro. Gli approfondimenti e i dibattiti che ne seguiranno costituiranno un indubbio arricchimento del bagaglio progettuale del governo. (riproduzione riservata)