Uno dei temi centrali nel dibattito in corso sulla revisione del sistema di welfare italiano riguarda la progressiva convergenza, ritenuta necessaria, tra fondi pensione e fondi sanitari. L’Italia è infatti un Paese sempre più longevo; la vita media è pari a 79,4 anni per gli uomini e 84,5 per le donne ed è in progressivo innalzamento. Emblematici anche i dati della speranza di vita, che in buona parte si collocano sui 59,2 anni per gli uomini e 56,4 per le donne. Peraltro, secondo le stime della Ragioneria Generale dello Stato, la previsione del rapporto spesa sanitaria-pil passerà dal 7,1% del 2011 all’8,4 del 2060. La componente demografica costituisce poi fattore di forte espansione del rapporto tra spesa sanitaria per long term care e pil; l’invecchiamento della popolazione e il conseguente aumento degli anziani si traducono in un maggior consumo di prestazioni riconducibili all’aggregato in oggetto. Secondo il Rapporto Oasi 2012 del Cergas della Bocconi, emerge un’onerosità davvero consistente della sanità pubblica con una conseguente tendenza dei cittadini a ricorrere a prestazioni private. Già nel recente passato la Covip aveva auspicato una progressiva convergenza di fondi pensione e fondi sanitari. La proposta viene ora ribadita da Assoprevidenza che, sottolineando l’urgenza di un intervento normativo per la riorganizzazione dello stato sociale, individua l’obiettivo di definire un unico soggetto giuridico per previdenza e assistenza complementari. Al momento infatti i fondi pensione non possono operare nel settore della sanità e dell’assistenza perché la normativa del 1993 ha circoscritto alla sola previdenza la loro attività. La soluzione potrebbe essere quella di considerare gli attuali benefici fiscali riconosciuti in fase di apporto contributivo alle due forme complementari, in una sorta di «tesoretto tributario individuale», consentendo ai fondi pensione di gestire anche forme di assistenza sanitaria integrativa, pur con la rigida separatezza amministrativa e contabile necessaria per legge. In attesa che la normativa venga aggiornata, già oggi i fondi pensione possono avere un ruolo nella gestione delle spese sanitarie. Le possibilità sono quelle delle anticipazioni, del riscatto per invalidità, durante la fase di accumulazione e l’attivazione di una specifica copertura per il rischio di non autosufficienza in fase di decumulo attraverso la rendita. Partendo dalla prima possibilità, l’iscritto può chiedere anticipazioni sulla propria posizione individuale in qualsiasi momento, e dunque a prescindere dall’anzianità di iscrizione, in misura non superiore al 75% della posizione individuale per far fronte a spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche a seguito di gravissime situazioni relative all’aderente, al coniuge e ai figli. Va poi ricordata la possibilità del riscatto totale per il caso di invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo. Traendo spunto da una risposta a quesito della Covip, viene precisato che il riscatto spetta ogni qualvolta si verifichi una situazione di minorazione fisica o mentale tale da ridurre la capacità di lavoro a meno di un terzo, a prescindere dal fatto che il soggetto cessi o meno l’attività lavorativa. Anche in fase di rendita potrebbe esserci poi la possibilità di fronteggiare la tematica sanitaria.Per quanto riguarda la rendita, negli strumenti previdenziali si prevede in genere che l’aderente, in luogo della rendita vitalizia immediata che espone al rischio di prematuro decesso e può andare bene quindi per un soggetto senza bisogno di copertura, può richiedere piuttosto l’erogazione di una rendita vitalizia reversibile o di una rendita certa e successivamente vitalizia (corrisposta per i primi anni all’aderente o, in caso di suo decesso, alla persona da lui designata). Successivamente, se l’aderente è ancora in vita, viene corrisposta allo stesso una rendita vitalizia. Altre tipologie sono quelle della rendita controassicurata, in cui in caso di decesso del percettore il capitale residuo viene corrisposto agli eredi, o della rendita con copertura del rischio long term care, in cui si prevede una rendita aggiuntiva per fronteggiare il rischio di non autosufficienza. (riproduzione riservata)