di Andrea Di Biase

 

L’integrazione tra Unipol e Fondiaria-Sai, anche dopo il braccio di ferro dello scorso anno tra la compagnia bolognese e la cordata formata da Sator e Palladio, è stata spesso definita sfavorevole agli interessi degli azionisti di minoranza: non solo a quelli delle compagnie dell’ex gruppo Ligresti ma anche della stessa Unipol.

Al centro delle critiche rivolte all’ad di Unipol, Carlo Cimbri, anche nel corso dell’assemblea dello scorso 30 aprile, c’è in primo luogo l’effetto troppo diluitivo dei due aumenti di capitale effettuati la scorsa estate, che ha di fatto costretto i soci a seguire integralmente la ricapitalizzazione, pena l’azzeramento dell’investimento. Si tratta indubbiamente di un rilievo che fa breccia presso i piccoli azionisti, specie quelli che avevano dato fiducia ai Ligresti sottoscrivendo l’aumento di capitale FonSai del giugno 2011, anche sulla base di un prospetto e di un bilancio che poi si sono rivelati non proprio veritieri, e che 12 mesi dopo sono stati chiamati nuovamente a mettere mano al portafoglio.

A costoro poco importa sapere che nel luglio 2012, con la compagnia tecnicamente fallita, l’unico modo per raccogliere sul mercato 1 miliardo di euro era quello di emettere ingenti quantitativi di azioni a sconto del 25% (peraltro in linea con tutte le operazioni realizzate nei mesi precedenti da banche e istituzioni finanziarie), con l’effetto di polverizzare il capitale su un numero enorme di titoli. Qualche distinguo, forse, può essere fatto nel caso dell’aumento Unipol, anche se in questo caso il rapporto di emissione è stato consistentemente più basso rispetto a quello di Fondiaria-Sai: 20 nuove azioni della compagnia bolognese per ciascun vecchio titolo in portafoglio contro i 252 nuovi titoli FonSai in ragione di ogni vecchia azione posseduta. Ma se questo ragionamento può valere per chi aveva investito sulle due compagnie prima dell’accordo tra Unipol e Premafin del gennaio 2012, chi ha puntato su questi titoli, compresi quelli ordinari della Milano Assicurazioni e le diverse categorie di azioni privilegiate e risparmio, dopo la firma dell’accordo in esclusiva, ha sicuramente meno argomenti a sostegno delle proprie lamentele. Chi ha deciso di investire su Unipol o FonSai successivamente al 13 gennaio 2012, quando è stato raggiunto il primo accordo tra la compagnia delle coop e il gruppo Ligresti, sapeva infatti che nel giro di pochi mesi sia FonSai sia Unipol sarebbero state chiamate a importanti operazioni di ricapitalizzazione. Era dunque pressoché scontato che per non vedere diluito l’investimento avrebbero dovuto seguire gli aumenti. E se lo avessero fatto oggi potrebbero anche sorridere. Ipotizzando infatti di aver investito 1.000 euro su uno qualunque degli 8 titoli coinvolti nell’aggregazione (si veda tabella in pagina), e nel caso di Unipol e FonSai di aver seguito integralmente gli aumenti di capitale, il saldo appare negativo solo per quanto riguarda Premafin. Grazie alla buona performance messa a segno dagli altri titoli a partire dalla conclusione degli aumenti di capitale (per lo meno da quando le banche del consorzio hanno completato lo smobilizzo delle azioni non sottoscritte), chi fosse entrato nel gennaio 2012 in Unipol e FonSai e ne avesse poi sottoscritto pro-quota l’aumento si ritroverebbe oggi con un pacchetto di azioni che vale di più del costo dell’investimento. Paradossalmente potrebbe essere il caso proprio del fondo Sator di Matteo Arpe. Ancora non si conoscono nel dettaglio i numeri del bilancio 2012 del fondo e del veicolo Arepo Pr attraverso il quale è stata condotta l’operazione FonSai. Appare tuttavia logico pensare che, grazie all’apprezzamento del titolo della compagnia, passato da 1 euro (prezzo di emissione in aumento di capitale) agli 1,61 euro della chiusura di venerdì 3 maggio (+61%), Sator sia riuscito a compensare l’investimento effettuato nella fase precedente la ricapitalizzazione. Supponiamo infatti di aver puntato 1000 euro sul titolo FonSai il 13 gennaio 2012, quando il titolo valeva 0,68 euro. A quel prezzo avremmo ricevuto 1470 azioni, che si sarebbero ridotte a 14 dopo l’accorpamento (1 ogni 100) eseguito prima dell’aumento di capitale. Grazie ai nostri 14 titoli (in carico a 71,42 euro l’uno) avremmo avuto il diritto di sottoscrivere 252 nuove azioni al prezzo di 1 euro ciascuna. Per non venire diluiti, dunque, avremmo dovuto versare altri 3528 euro (3 volte e mezzo il nostro investimento iniziale) per sottoscrivere altrettante nuove azioni.

A fine agosto, ad aumento concluso, ci saremmo trovati in portafoglio 3.542 azioni (le 14 vecchie più le 3528 nuove) al prezzo di carico unitario di 1,27 euro. Avremmo dunque sofferto per tutto l’autunno, a causa della pressione dovuta allo smobilizzo delle azioni da parte del consorzio, che aveva inchiodato il titolo FonSai sotto quota 1 euro. Ma grazie al rally messo a segno a partire da gennaio, subito dopo il via libera dei cda ai concambi per l’integrazione con Unipol, il saldo si è rivelato invece positivo. Qualche problema in più l’avremmo avuto facendo la stessa operazione sul titolo ordinario della compagnia bolognese, che può vantare una performance positiva solo grazie al dividendo che sarà staccato il 20 maggio. Ampiamente in attivo invece il differenziale per i titoli Unipol privilegio, FonSai rnc A e B e per le Milano rnc, anche alla luce delle recenti dichiarazioni di Cimbri che hanno lasciato intravedere una futura conversione in ordinarie di almeno una parte di questa categoria di titoli. (riproduzione riservata)