di Andrea Di Biase

Il disimpegno delle Generali dal salotto buono della finanza italiana procede, ma senza scossoni, che sarebbero forse troppo destabilizzanti per il sistema. La decisione della compagnia di non sottoscrivere l’aumento di capitale da 400 milioni di Rcs, di cui il Leone ha il 3,7% vincolato al patto di sindacato, è solo l’ultima mossa in ordine di tempo da quando lo scorso gennaio il nuovo ad delle Generali, Mario Greco, ha tracciato la nuova rotta del gruppo in termini di investimenti. «Quello di azionista strategico», aveva detto Greco nel giorno dell’Investor Day di Londra, «non è il nostro mestiere.

Noi facciamo gli assicuratori». Da allora le Generali hanno rinnovato per un solo anno (questa era la condizione posta da Greco per partecipare) il patto Pirelli, di cui hanno il 4,4%, hanno disdettato il patto di Prelios (3,1%) e di Agorà, la holding che controlla Save e in cui il Leone affiancava il gruppo Finint, hanno ridotto al 2,7% la propria partecipazione in Intesa Sanpaolo e hanno annunciato di non voler immettere nuove risorse nella casa editrice di Via Rizzoli. Troppo poco? Per chi si aspettava che Greco in pochi mesi mettesse a soqquadro i salotti buoni della finanza, vendendo subito le partecipazioni «di sistema» e sciogliendo i legami incrociati con i suoi azionisti, a partire daMediobanca, forse sì. Tanto che già nel corso dell’assemblea di ieri erano in molti gli addetti ai lavori che si domandavano se le Generali, che come detto non parteciperanno all’aumento di Rcs, voteranno contro o a favore della delibera sulla ricapitalizzazione. Un particolare non trascurabile, anche alla luce della possibilità che nell’assemblea di Via Rizzoli si formi una minoranza, coagulata attorno a Della Valle e Benetton, capace di bloccare la delibera sull’aumento. Sul punto ieri Greco ha preferito non dare una posizione definitiva, limitandosi invece a rispondere: «Vedremo, un passo per volta». Una risposta che qualcuno ha giudicato eccessivamente prudente e finalizzata a prendere tempo in attesa che si capisca se il voto delle Generalinell’assemblea di Rcs possa risultare decisivo. Difficile infatti immaginarsi che leGenerali possano votare in modo opposto a quello che farà Mediobanca, che rimane pur sempre il suo primo azionista. Però fino a poche settimane fa era anche difficile immaginare che le Generali decidessero non seguire l’aumento di Rcs. In realtà questa apparente prudenza di Greco sembra più finalizzata a raggiungere l’obiettivo che le Generali si sono poste (fare l’assicuratore e non il socio di riferimento, impiegando le risorse dei clienti nel modo più efficiente) senza mettere a repentaglio rapporti consolidati, la cui tenuta è comunque essenziale per conseguire l’obiettivo stesso. In questo senso andrebbe dunque letta anche la «non risposta» di Greco e del presidente Gabriele Galateri alla domanda se le Generali il prossimo settembre svincoleranno la propria quota dell’1,99% dal patto di sindacato di Mediobanca. Così come la volontà di spegnere sul nascere ogni possibile polemica con il gruppo di soci veneti del Leone, riuniti in Ferak, i cui rapporti con la precedente gestione delleGenerali sono stati oggetto, così come quelli con altri grandi soci della compagnia, di un’attenta revisione da parte del nuovo management. Parlando più in generale sul tema dei rapporti con le parti correlate, Greco ha sottolineato che tali operazioni sono ancora oggetto di verifica. Allo stesso tempo però Greco ha ribadito: «Non siamo qui per fare gli storici, noi guardiamo al futuro della compagnia». (riproduzione riservata)