di Roberta Castellarin e Paola Valentini

 

Meglio affidarsi alle gestioni di un brand famoso di un grande gruppo di asset management, oppure rivolgersi a boutique di nicchia meno note? La domanda non è banale in tempi come questi in cui i tassi sono ai minimi E il mercato del risparmio gestito sta tornando a crescere dopo la crisi post Lehman perché gli investitori puntano sempre più sulla diversificazione del risparmio gestito per combattere i bassi rendimenti. Una ripresa che è ben visibile in Italia dove l’industria sta vivendo una nuova vita negli ultimi mesi con una raccolta netta che nei primi mesi di quest’anno è stata di 17 miliardi di euro, contro i 12 realizzati nel corso di tutto il 2012. I flussi hanno premiato i big. A partire da Intesa Sanpaolo che ha raccolto oltre 3,7 miliardi, segue Generali con 2,3 miliardi e il colosso Usa Franklin Templeton con 2,5 miliardi. Tra i primi dieci operatori per raccolta netta figura però anche Azimut con 1 miliardo che per dimensioni ha una taglia inferiore agli altri operatori, ma sta crescendo velocemente all’estero. Ed è proprio grazie al boom internazionale che Carmignac si è trasformata in pochi anni da boutique di gestione radicata in Francia a un caso scuola grazie al successo del fondo Carmignac Patrimoine ottenuto nel 2008 quando, mentre il mercato crollava, ha messo a segno una performance dello 0,01%. Da quel momento il gruppo ha avuto una raccolta boom passando da asset per 8 miliardi sette anni fa agli attuali 53 miliardi ed è diventata un modello per tutte le boutique di gestione in rotta sull’Italia. Che non sono poche visto che il risparmio tricolore fa gola agli asset manager stranieri che trovano terreno fertile grazie alle reti di promotori finanziari. Proprio le boutique rappresentano un punto di forza dell’asset management estero. A partire non a caso dalla Francia dove se ne contano più di 500. Ma anche nella City ne sono nate molte. Ha aperto nel 2011 in Italia ad esempio Tendercapital, società di gestione fondata a Londra da Moreno Zani, ex Unicredit e Intesa Sanpaolo. Mentre in Italia il fenomeno è più limitato perché il business del risparmio gestito è stato per molti anni appannaggio degli istituto di credito. Ma negli ultimi tempi anche in Italia iniziano a fiorire nuove iniziative che si affiancano ai nomi storici. E’ nata nel 2008 Astor sim, società per istituzionali fondata da Francesco Marini Clarelli e Jody Vender che dal 2012 gestisce il fondo flessibile Symphonia Tematico, che rappresenta la versione Ucits IV del fondo hedge Thema di Symphonia sgr. Sul mercato italiano si contano una trentina di boutique. Le principali sono: Banca Esperia, Banca Leonardo, Banca Finnat, Ersel, Kairos sgr, Banknord sim, Banca Profilo, Banca Ifigest, Zenit sgr. Anche Azimut, pur avendo una ampia rete di promotori, ha nel suo dna l’indipendenza dai grandi gruppi bancari. Un report di State Street prova a dare una definizione di una boutique di asset management: «Alcune sono start-up, altre sono sul mercato da anni. Per quanto riguarda i clienti, una boutique dovrebbe avere soprattutto relazioni istituzionali o orientate alla clientela più facoltosa o a family office». Quel che è certo è oggi con i tassi tenuti ai minimi dalle banche centrali per uscire dalla crisi, molti investitori si stanno orientando verso i piccoli operatori specializzati per cercare un’esposizione a nuove fonti di rendimento e a mercati di nicchia in crescita, perché, spiega State street, la creatività e la dimensione ridotta può dar loro un vantaggio rispetto ai grandi concorrenti in termini di maggiore innovazione. Il problema è che oggi «gli investitori potrebbero non essere nella posizione per avere accesso ai gestori boutique così facilmente come alle grosse società. Da un lato», spiega Jose Luis Jimenez, a.d. di March gestion de fondos, «i piccoli player non possono essere disponibili ovunque e dall’altro, in conseguenza della crisi, molti distributori privilegiano nomi famosi, poiché è più facile proporre un brand forte e noto. Anche in un settore dominato dai grossi player, le boutique possono crescere perché offrono un maggiore valore aggiunto. Certo la performance gioca un ruolo critico, ma allo stesso modo essere i primi a scoprire interessanti proposte o il fatto che i loro interessi siano allineati con quelli del cliente sono elementi di forte attrattiva», dice Jimenez che è tra i fondatori del Gruppo delle boutique (box in pagina). (riproduzione riservata)