di Roberta Castellarin e Paola Valentini

Il mattone, da sempre asset prediletto dai Paperoni italiani, oggi è passato in secondo piano per la situazione di stallo in cui è finito il settore immobiliare. A beneficiare di queste difficoltà sono i fondi e le gestioni. «Vediamo che molte delle ricchezze familiari che fino a uno-due anni fa venivano tenute liquide in attesa di futuri investimenti immobiliari, oggi iniziano a essere indirizzate verso altre forme di investimento e la diversificazione che può portare il risparmio gestito è la strada che suggeriamo», conferma Paolo Vistalli, direttore generale di Cassa Lombarda.

Non a caso la raccolta dei prodotti di asset management registra una netta inversione di tendenza. Nei primi tre mesi di quest’anno i flussi netti di fondi e gestioni patrimoniali sono stati pari a 13 miliardi di euro, dopo gli 1,2 miliardi del 2012 (si veda grafico in pagina). Si è arrestata così la fuga dai fondi partita all’inizio della crisi finanziaria nel 2007. Le private bank sono alla ricerca di nuovi modelli di business per conquistare quote di mercato dai concorrenti. Una strategia che accomuna sia le strutture italiane sia quelle estere. D’altra parte la posta in gioco è ancora alta e non c’è mai stato momento più favorevole per i Paperoni. «Se poniamo uguale a 100 il totale delle famiglie potenzialmente private in Italia, vediamo che l’8% dei nuclei familiari viene servito esclusivamente dal private banking, il 32% afferma di avere il private come proprio centro finanziario principale, il 14% lo utilizza in modo secondario e addirittura il 46% non se ne serve», spiega l’Associazione italiana del private banking (Aipb).

In totale i portafogli delle famiglie italiane «private» (ovvero quelle che dispongono di attività finanziarie superiori ai 500 mila euro) vale 898 miliardi, ma circa la metà non è servita da strutture specializzate. Ora iniziano a scendere in campo anche le grandi banche italiane che fino a pochi mesi fa erano rimaste più indietro su questo fronte perché più impegnate a risolvere problemi di organizzazione e di bilancio. A partire da Unicredit, che punta a espandere l’attività della fiduciaria con aperture di filiali sul territorio (si veda box in pagina). Dal canto suo nel primo trimestre del 2013 Intesa Sanpaolo Private Banking ha puntato sull’innovazione dell’offerta con un focus sul risparmio gestito, con ottimi risultati in termini di raccolta. Nei primi tre mesi la banca ha registrato una forte crescita degli asset gestiti, passati a 78 miliardi (+1 miliardo da inizio anno) grazie all’azione commerciale della rete e ai rendimenti ottenuti dai prodotti di risparmio gestito. «All’acquisizione di nuova clientela e alla crescita delle masse gestite da Intesa Sanpaolo Private Banking sta contribuendo in maniera rilevante l’estensione all’intera rete commerciale dell’iniziativa avviata come pilota nel 2012 e volta a sviluppare le sinergie con il segmento Imprese della Banca dei Territori al fine di creare nuove opportunità di crescita della base di clientela comune ai due segmenti», spiega Intesa Sanpaolo.

Ma il primo istituto a scegliere l’integrazione dei mercati private e corporate banking è stata Ubi che a inizio anno ha creato Ubi Banca Private & Corporate Unity. Il mercato è centrale nelle strategie di rilancio di Mps che nei giorni scorsi ha inaugurato la nuova area private banking che darà un’attenzione particolare al risparmio gestito e ai servizi di consulenza. L’obiettivo inoltre è rafforzare le attività con il reclutamento di 100 private banker. A proposito di campagne acquisti, le reti che anche nei momenti più difficili hanno continuato a puntare sul risparmio gestito sono in questo momento molto attive. A partire dalle prime tre società per raccolta netta da inizio anno, ovvero Fineco, Mediolanum e Azimut. (riproduzione riservata)