Pagine a cura di CINZIA MEONI Il terremoto in Emilia ha riportato sotto i riflettori il cronico problema della ricostruzione e quindi delle assicurazioni contro le calamità naturali. Finora a rispondere è sempre stato, di fatto, lo Stato. Ma proprio pochi giorni prima che la terra iniziasse a tremare nel modenese il Decreto Legge 59 del 15 maggio 2012 «ha avviato un percorso di costituzione di un regime assicurativo per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati» spiega Raffaele Guerra, vice president practice insurance di Capgemini. «Il decreto contiene ancora molti punti oscuri. Tuttavia, presupponendo un regolamento di attuazione finora inesistente, non dovrebbe riguardare la popolazione toccata dal recente disastro», commenta Roberto Manzato direttore ramo Vita e Danni non Auto di Ania che confida nel processo di conversione in legge per intervenire sui numerosi dubbi interpretativi. Al momento il DL sembra orientato sulla incentivazione volontaria di simili coperture. «Più che altro, chiede alla Protezione Civile di fornire le informazioni necessarie per predisporre in concreto il quadro normativo per favorire lo sviluppo dell’assicurazione privata anche ai rischi civili, così com’è già per una parte ancora relativamente limitata dei rischi industriali, contro le calamità naturali. Pertanto, molto dipenderà dal regolamento attuativo che dovrebbe essere in fase di preparazione», sostiene Carlo Tozzi Spadoni, socio fondatore di Ies (Insurance Engineering Services), secondo cui si tratta di «un passo nella giusta direzione». L’esperto di Ies tuttavia solleva qualche perplessità: «sulla formulazione “volontaria” di tale assicurazione prevista dall’Art. 2 del decreto». Per Tozzi Spadoni infatti «per il buon fine dell’iniziativa sarà infatti necessario garantire una massa di premi raccolti tale da consentire al mercato assicurativo di offrire a condizioni e prezzi ragionevoli coperture adeguate».

UN INTERVENTO INEVITABILE. La scelta di innovazione nell’ambito delle polizze contro i rischi derivanti da catastrofi naturali si è resa inevitabile nel tempo visto che i costi sono andati lievitando di anno in anno. Secondo una stima dell’Ocse, lo Stato italiano tra il 1997 e il 2003 ha pagato di danni per 35 miliardi di euro, ma il solo il terremoto in Abruzzo del 2009 è costato oltre 10 miliardi, le alluvioni dell’autunno 2011 in Liguria 200 milioni di euro e per quanto riguarda il terremoto più recente le prime stime parlano di 200 milioni di danni soltanto per il settore agricolo. Non solo. Oltre la metà della popolazione italiana vive in aree ad alto rischio geologico o idrogeologico e la frequenza di simili eventi è pure piuttosto elevata (sole per fare un esempio si stimano in media sessanta alluvioni l’anno). «È quindi comprensibile l’attenzione al tema delle polizze per disastri naturali, spunto che periodicamente riemerge in Italia», ricorda l’esperto di Capgemini. Ma la strada da percorrere è ancora lunga.
I NODI DEL CONTENDERE. «Non è pensabile che lo Stato possa farsi carico, o tenti di farsi carico della copertura di danni catastrofali senza una collaborazione, anche tecnica, degli assicuratori. Certamente il meccanismo dovrà essere studiato con attenzione, evitando che un premio assicurativo venga percepito come l’ennesima tassa travestita da polizza» sostiene Guerra. «Peraltro, vi è più di un dubbio sul fatto che lo Stato sia in grado di gestire ed erogare in modo efficiente tale denaro non disponendo di strutture professionalmente qualificate a farlo, nonostante siano stati fatti degli apprezzabili tentativi in questa direzione a seguito dell’evento dell’Aquila», ricorda Spadoni Tozzi. 
Gli esperti si dividono poi sulla obbligatorietà o meno di una polizza che copra il rischio catastrofale sugli immobili posto che, come ricorda Guerra, per essere tecnicamente sostenibili per le compagnie, le coperture «devono essere molto numerose ed estese evitando quindi la concentrazione sulle sacche di rischio». Per Manzato tuttavia «simili polizze dovrebbero mantenersi su base volontaria perché difficilmente un regime di obbligatorietà sarebbe sostenibile per le compagnie assicurative. Il problema per l’industria del settore sarebbe la mancanza di un livello di patrimonio libero da allocare a copertura dell’intero rischio». Per questo Manzato ritiene preferibile puntare su un regime di incentivazione fiscale che possa rendere attraente per l’utente finale l’acquisto di simili polizze. «Si consideri anche un solo elemento. Oggi una simile polizza è tassata. Un controsenso» sottolinea il dirigente di Ania. 
Qualora invece lo Stato pensasse a una polizza obbligatoria per Manzato occorrerebbe comunque studiare una forma di collaborazione tra pubblico e privato con un Fondo Pubblico che fornisca la necessaria garanzia di intervento per eventi con danni al di sopra di una determinata soglia. Ovvero lo Stato in veste «risassicuratore» così, come ricorda Guerra, da «bilanciare i rischi delle compagnie e calmierare i premi» e come evidenzia Tozzi Spadoni così da «rendere eventualmente disponibile un’ulteriore capacità di sottoscrizione a condizioni favorevoli e tali da promuovere lo sviluppo dell’iniziativa». A Manzato tuttavia non sembra che il legislatore voglia percorrere questa strada. 
Diversa la posizione di Donatella Porrini, professoressa di Economia Politica presso l’Università del Salento ed esperta sulle caratteristiche del mercato assicurativo e sul ruolo delle assicurazioni nelle politiche ambientali. «Occorrerebbe l’introduzione di una polizza obbligatoria sugli immobili contro i rischi catastrofali», sostiene Porrini che pur riconoscendo poi la necessità di un dibattito sull’ambito pubblico e privato, non ritiene a priori che i livelli di patrimonializzazione delle compagnie assicurative possano essere messi a repentaglio da una tale regolamentazione. «Si avrebbe così una distribuzione uniforme del costo dei rischi. Le tecniche assicurative consentirebbero una stima equa dei danni e dei risarcimenti. I danni privati verrebbero coperti dall’industria privata, lasciando all’intervento dello Stato le spese di primo soccorso e di ripristino dei luoghi pubblici» sottolinea la docente che tuttavia non ritiene a breve concretizzabile una simile scelta. Per l’obbligatorietà di una simile polizza vota anche Tozzi Spadoni, secondo cui: «la massa di premi raccolti dovrebbe essere il più ampia possibile ad esempio tutti coloro che possiedono un immobile, ma anche terreni agricoli, automobili impianti … in modo da consentire tassi ridotti e premi unitari non esorbitanti. A tal fine, la volontarietà e il riferimento nel decreto ai soli fabbricati privati non paiono essere la premessa ottimale». 

I RIFLESSI ECONOMICI. Ovviamente l’incentivazione di tali coperture comporta un riflesso per le società del settore. La compagnie di assicurazioni, per Guerra, dovranno rafforzare la sostenibilità economica del modello ottimizzando le logiche di trasferimento del rischio, «sia attraverso strumenti classici come la riassicurazione, sia attraverso strumenti innovativi come i catastrophe bond». «Il rischio viene collocato sul mercato riassicurativo internazionale. La diversificazione geografica del rischio e una vasta scala garantisce una maggiore stabilità al settore» sostiene Manzato. Tozzi Spadoni vede positivamen
te i venti di riforma e non solo per le casse dello Stato. « Quello assicurativo è un settore importante della nostre economia. Oltre a generare un’indubbia espansione del settore, potrebbe avere effetti virtuosi nello stimolare interventi di adeguamento del patrimonio esistente, nell’aumentare la sensibilità e l’attenzione al rischio dei cittadini e nel contribuire alla ripresa economica del Paese su basi più sane e solide» sostiene l’esperto di Ies.

SGUARDO OLTRE CONFINE. Ogni Paese ha trovato la sua strada. «In alcuni, come per esempio in Francia, la copertura per eventi naturali è obbligatoria ed è compresa nella garanzia incendio. Ma la Caisse Centrale de Réassurance (CCR) offre una garanzia statale alle imprese assicurative in qualità di riassicuratore (per la metà dei premi raccolti). In altri Paesi, come Gran Bretagna e Germania, non esiste un principio di obbligatorietà, ma la gran parte delle polizze sulla casa, diffusissime, contiene questa copertura», ricorda Guerra. Non solo. «In Spagna la copertura è obbligatoria ed è garantita da un’organizzazione statale con capitale autonomo (Consorcio de Compensation de Seguros) che propone polizze a premio fisso (sulla base di un principio mutualistico) e con un sistema di sussidi incrociati», spiega l’esperto di Cap Gemini.Ma alla fine: «Non esiste un modello vincente in senso assoluto: gli schemi richiedono il giusto mix tra accessibilità delle coperture anche alle persone nelle zone a maggior livello di rischio e sostenibilità del modello economico nel lungo periodo e a fronte di eventi eccezionali con forte concentrazione di perdite» sottolinea Guerra. «Come cifre assolute l’Italia è stato in Paese Ue che ha subìto i maggiori danni e quindi, più d’ogni altro avrebbe bisogno di affrontare razionalmente questa tematica. Da questo punto di vista il DL 59 apre delle prospettive interessanti: molto dipenderà tuttavia da come il tema verrà sviluppato nel regolamento attuativo», conclude Tozzi Spadoni.