Pagina a cura DI GIUSEPPE BORDOLLI E GIANFRANCO DI RAGO

Il soggetto che sia vittima di un incidente in uno spazio condominiale, sia che si tratti di un comproprietario sia che il danno riguardi un terzo estraneo, può chiedere il risarcimento al condominio soltanto ove riesca a provare il nesso causale tra l’evento e il bene sul quale l’amministratore avrebbe dovuto vigilare. Così, ad esempio, del danno lamentato da chi sia inciampato su una grata sporgente può essere chiamata a rispondere la collettività condominiale soltanto ove sia stato rigorosamente evidenziato il legame di causa-effetto tra la caduta e le condizioni del bene condominiale. Lo ha chiarito la sesta sezione civile della Cassazione con la recente sentenza n. 5977, depositata in cancelleria lo scorso 16 aprile 2012. La fattispecie. Nel caso in questione un soggetto era stato ritrovato a terra in un’area condominiale in prossimità di una grata non perfettamente livellata. Ne era scaturita una richiesta di risarcimento del danno avanzata nei confronti del condominio. In primo grado il tribunale aveva respinto la domanda poiché nella specie la parte danneggiata non aveva provato il nesso causale diretto tra la caduta e il predetto bene comune. Tanto più che la situazione oggettiva del luogo in cui era avvenuto l’incidente aveva evidenziato la presenza di altri ostacoli, tutti parimenti idonei a giustifi care causalmente l’evento pregiudizievole. I giudici di merito avevano anche evidenziato che nei casi di responsabilità da custodia per i beni di proprietà condominiale, come regolata dall’art. 2051 del codice civile, incombe su quest’ultimo la prova liberatoria del caso fortuito soltanto ove la parte danneggiata abbia preliminarmente provato che l’incidente sia stato causato dal bene di proprietà comune. Nella specie, tra l’altro, sempre secondo il tribunale, la grata era sì sporgente di uno o due centimetri, ma detta situazione era perfettamente visibile e, quindi, evitabile, con la dovuta diligenza. La decisione della Suprema corte. In sede di legittimità la parte danneggiata aveva lamentato la violazione dei criteri di cui al predetto art. 2051 c.c. da parte del giudice di merito che, a suo dire, aveva ribaltato il tradizionale riparto dell’onere probatorio ivi previsto, assolvendo ingiustamente il condominio dalle proprie responsabilità. Infatti, secondo il ricorrente, la norma in questione individua un’ipotesi di responsabilità oggettiva, con la conseguenza che il semplice fatto della custodia di un bene comporterebbe la responsabilità del custode per i danni dalla stessa cagionati, salva la possibilità di provare il c.d. caso fortuito, ovvero che il nesso eziologico sia da imputare ad altra causa concorrente e imprevedibile. Di conseguenza, mentre spetta al danneggiato la prova del nesso causale tra il bene in custodia e l’evento lesivo, il presunto danneggiate può soltanto essere ammesso a provare la ricorrenza, nel caso specifi co, di un’ulteriore elemento causale, imprevisto e imprevedibile, che abbia condotto al verifi carsi dell’incidente. La sesta sezione civile della Cassazione, nel confermare la legittimità della decisione impugnata, ha fatto rilevare come i giudici di merito avessero fatto appunto fatto corretta applicazione dei principi di diritto desumibili dall’art. 2051 del codice civile, escludendo proprio nei fatti il nesso di causa-effetto tra la caduta e la grata condominiale (non essendo riuscito il soggetto danneggiato a provare preliminarmente che l’incidente fosse avvenuto proprio a causa del non corretto livellamento del bene condominiale). © Riproduzione riserva