di Andrea Di Biase

Un assist a Sator e Palladio? Secondo qualche osservatore potrebbe anche esserlo. A ben vedere, però, la lettera inviata ieri da Premafin a Unicredit e alle altre cinquebanche creditrici per slegare l’accordo di ristrutturazione del debito della holding dal piano di salvataggio proposto da Unipol e temporaneamente congelato dall’Antitrust è solo l’estremo tentativo di evitare un doloroso fallimento. Se la formulazione della delibera sull’aumento di capitale riservato da 400 milioni, che sarà sottoposta ai soci della holding il 17 maggio, consente a Premafin di rivolgersi a «altri operatori del settore assicurativo e/o investitori istituzionali», nel caso l’opzione Unipol dovesse tramontare, la «highly confident letter» firmata dalle banche e relativa all’accordo di ristrutturazione del debito da 368 milioni perderebbe efficacia, essendo strettamente legata al piano della compagnia bolognese. Ma siccome, anche dopo l’intervento dell’Antitrust, non c’è certezza che questo possa realizzarsi compiutamente, c’è il rischio fondato che i soci di Premafin non possano approvare il bilancio 2011 in continuità aziendale. Proprio per questo motivo nella giornata di ieri la holding presieduta da Giulia Ligresti ha prima chiesto all’Antitrust di non includere le attività relative alla ristrutturazione del debito nel provvedimento di sospensione e ha poi invitato le banche ha rendersi disponibili a «negoziare in buona fede con uno o più terzi investitori di gradimento» delle banche stesse «termini e condizioni di un possibile accordo di ristrutturazione del» debito. Premafin ha poi sottolineato le condizioni cui le banche dovrebbero procedere nella negoziazione. In primo luogo ci deve essere la «certezza che una o più delle condizioni sospensive previste» dal piano Unipol «non possano realizzarsi ». E’ poi necessario che l’eventuale soggetto terzo disponibile a sottoscrivere l’aumento Premafin sia «di gradimento» delle banche (difficile quindi possa essere la cordata Sator-Palladio, la cui offerta è scaduta il 30 aprile). Infine il «possibile accordo di ristrutturazione» deve essere «sostanzialmente in linea con i termini e le condizioni» del piano di riassetto già approvato, «salvo che per quanto attiene alle previsioni relative alla fusione con Unipol Assicurazioni». Una richiesta che, stando almeno alle prime riflessioni, le banche difficilmente potrebbero accordare. Non tanto per ragioni (che pure ci sono) di preferenza della soluzione Unipol rispetto ad altre strade, quanto per i rischi legali cui gli organi deliberanti degli istituti potrebbero correre al momento dell’approvazione di una tale soluzione. La risposta delle banche, così come quella dell’Antitrust, che si pronuncerà oggi stesso, dovrebbe arrivare a breve. L’autorità garante per la concorrenza, dove ieri sia l’ad di Unipol, Carlo Cimbri, sia quello di Mediobanca, Alberto Nagel, hanno illustrato le misure che intendono adottare per superare le prime perplessità, farà luce più in generale su quali atti potranno essere compiuti dalle parti fino alla conclusione dell’istruttoria. Se è scontata la possibilità per l’assemblea di Premafin di deliberare l’aumento da 400 milioni, sembra possibile che i soggetti coinvolti possano procedere anche nella negoziazione dei concambi e nella definizione del consorzio di garanzia per gli aumenti di capitale di Unipol e FonSai. Dal canto suo la compagnia bolognese ha manifestato disponibilità a cedere uno o più brand facenti parte del gruppo Fondiaria- Milano Assicurazioni e a «sterilizzare i legami partecipativi in essere con altri soggetti coinvolti nel progetto di integrazione ». Potrebbe dunque esserci la quota del 4% detenuta da FonSai in Mediobanca. Piazzetta Cuccia si è infine detta pronta a cedere eventuali partecipazioni in Uni- FonSai che dovessero finire in portafoglio alla banca al termine degli aumenti di capitale o in virtù dell’esercizio del prestito convertendo. (riproduzione riservata)