di Carlotta Scozzari

Complice un’avversione al rischio esacerbata dalle condizioni economico-finanziarie, nel 2011 gli italiani hanno preferito liberarsi di fondi comuni, titoli azionari, obbligazioni e polizze vita. Una tendenza che è sottolineata nella relazione di Consob riferita al 2011 e che è altamente probabile che si riproponga nel 2012, visti gli attuali chiari di luna sui mercati. «Nel corso del 2011 – si legge nella relazione annuale redatta dall’Authority di vigilanza – a fronte del peggioramento del quadro macroeconomico e del conseguente aumento dell’avversione al rischio degli investitori, la percentuale di famiglie che investono in strumenti finanziari rischiosi (azioni, obbligazioni, risparmio gestito e polizze vita) è diminuita di 3 punti percentuali, attestandosi al 17% circa». 
L’analisi per singola tipologia di prodotto finanziario mostra una diminuzione della quota di famiglie che hanno investito in fondi comuni o Sicav (da poco più dell’8,2 al 5,8% circa), in azioni quotate italiane (dal 5 al 4%) e in obbligazioni bancarie (dal 10 al 9%). Dalla relazione della Consob emerge, inoltre, come sia calata di circa un punto percentuale la quota di famiglie che possiedono titoli di Stato (dal 13,5% al 12,6 per cento). La distribuzione della ricchezza delle famiglie investita in prodotti o strumenti finanziari e depositi non fa che confermare tali evidenze. Nel 2011 è calata, infatti, la quota della ricchezza detenuta in prodotti del risparmio gestito (dal 16 al 14% circa) e in azioni (dal 7,3 al 5,6%), mentre è aumentato lievemente il peso dei bond (dal 14,1 al 14,7 per cento). Infine, è cresciuta di circa due punti percentuali l’incidenza degli investimenti in depositi, la cui penalizzazione fiscale rispetto ad altri prodotti è stata di recente eliminata dal legislatore, e del risparmio postale. Come fa notare Franco Benini, responsabile ufficio studi Copernico Sim, «a fronte del rallentamento della crescita economica globale, dell’intensificarsi della crisi del debito sovrano nonché dell’aumento della volatilità dei mercati finanziari, gli investitori sono stati spinti verso strumenti finanziari caratterizzati da bassi livelli di rischiosità». «Tutto ciò – prosegue Benini – non ha fatto altro che confermare la propensione degli investitori italiani a scegliere depositi bancari e strumenti di risparmio postale, caratterizzati da bassi rendimenti. Tuttavia, la caratteristica di questi strumenti di non essere legati alla volatilità dei mercati finanziari non deve portare a concludere che siano privi di rischio». Infatti, aggiunge Benini, «i depositi bancari dipendono dalla solvibilità delle istituzioni creditizie che li propongono e i depositi postali sono legati a quella dello Stato italiano. La normalizzazione delle condizioni economiche e finanziarie costituisce un presupposto essenziale per il ritorno all’investimento in strumenti finanziari caratterizzati da profili di rischio più elevati». 
Secondo Michele de Michelis, responsabile investimenti di Frame Asset Management, «i dati dell’ultima relazione Consob non giungono di sorpresa, se si pensa che quello che stiamo vivendo è un trend in atto ormai da molti mesi. Le famiglie stanno facendo due cose: prelevano o spostano. Mi spiego meglio: mentre l’80% delle famiglie sta intaccando il risparmio per far fronte alla diminuzione di entrate, esiste uno zoccolo duro, che dovrebbe essere di circa il 20%, di highnetworth individuals (le fasce di popolazione più ricche, ndr) che sta semplicemente spostando i suoi asset dai titoli italiani, Bot e Btp per lo più, verso attività alternative e di natura difensiva, con la funzione di proteggere il patrimonio da eventuali nuove turbolenze. Gli approdi preferiti, molti dei quali oltrefrontiera, sono rappresentati da immobili del centro-nord Europa (Lugano, Ginevra, Londra), partecipazioni societarie, Bund e franchi svizzeri».
Ma quali sono i consigli di investimento degli esperti in un momento in cui le Borse, quella italiana soprattutto, sono tornate a flettere, mentre sui mercati obbligazionari aleggia di nuovo lo spettro di un default dei Paesi dell’Europa periferica? Il consiglio di de Michelis è, «detenere un 20% di azioni blue chip di società che hanno un fatturato realizzato a livello internazionale, non hanno debito e pagano un dividendo». Un esempio in questo senso potrebbero essere le azioni Vodafone, Nestlé e Johnson&Johnson. Secondo de Michelis si può poi aggiungere in portafoglio, «un 40% di obbligazioni inflation-linked di Stati Uniti, Regno Unito e Giappone, in grado di hedgare (coprire, ndr) il portafoglio sia in uno scenario di una disintegrazione dell’Unione europea sia in quello di un salvataggio in extremis». Salvataggio che, a parere dell’esperto di Frame Asset Management, «potrà avvenire solo stampando Eurobond, una mossa che equivarrà a far ripartire l’inflazione». Infine, de Michelis riserverebbe un 20% all’acquisto di fondi a ritorno assoluto (in linea teorica indipendente dall’andamento dei mercati, ndr), «gestiti da fund manager che negli ultimi anni abbiano già dimostrato ottime capacità di contenimento della volatilità, a cui aggiungere un 5% di oro, che a questi prezzi è interessante, mentre, anche nell’ottica di avere munizioni nel caso in cui i prezzi di mercato scendano ulteriormente, un 15% lo terrei in liquidità». Secondo Benini, anche in tempi di incertezza, l’investitore può ottenere rendimenti maggiori nel lungo periodo, «attraverso la diversificazione degli investimenti in strumenti finanziari poco correlati, in modo da ridurre il rischio complessivo del portafoglio. Una seconda strategia per ridurre il rischio dell’investimento – prosegue l’esperto di Copernico Sim – è frazionarlo in più momenti in modo da mediare i prezzi di acquisto». In ogni caso, tira le somme Benini, «ora più che mai risulta fondamentale per l’investitore privato l’ausilio di un professionista del risparmio».