Come da copione, anche Mediobanca sconta il peso delle rettifiche sull’utile, sceso nei 9 mesi del 75% a quota 104,9 milioni di euro, nonostante il trimestre appena archiviato sia stato «il migliore dal 2008 per le attività bancarie», a detta del ceo Alberto Nagel. Il gruppo ha svalutato asset per 404 milioni, 15,3 milioni di euro sui titoli di stato greci, il cui valore è stato portato al 26% del nominale; su Telco la rettifica è stata di 113,3 milioni e ha portato il valore di carico a 140 milioni, pari a 1,5 euro per azione Telecom incluso il debito): tra Rcs, Generali e Telecom la crisi finanziaria è costata al gruppo un miliardo in svalutazioni. Lo spaccato divisionale mostra che infatti che la divisione principal investing chiude con una perdita netta di 107 milioni di euro e un valore di mercato delle partecipazioni – Generali, Rcs e Telco – di 2,4 miliardi. Ma per l’ad il grosso sulle svalutazioni è stato già fatto e ormai «il peggio è passato». L’utile lordo normalizzato, cioè calcolato prima del contributo della divisione principal investing, è cresciuto del 14% a 523 milioni, di cui 233 registrati nel solo terzo trimestre. I ricavi dei primi nove mesi sono rimasti stabili a 1,537 miliardi con il margine di interesse in progresso del 2% a 813 milioni. La raccolta è lievitata a 57 miliardi grazie al finanziamento triennale della Bce per 7,5 miliardi (in parte utilizzata per comprare titoli di stato italiani, ha precisato Nagel in conference call, con scadenze media a due anni) e all’aumento dei depositi di CheBanca! a 11,5 miliardi. Sul fronte patrimoniale, il Core Tier 1 si è attestato all’11,1%, dall’11% di fine dicembre. Il ceo ha comunque rassicurato gli analisti in conference call: il gruppo non avrà bisogno di fare un aumento di capitale in relazione alle richieste di Basilea 3 sulla quota detenuta in Generali. 
Sul dossier FonSai, Nagel ha dichiarato che il gruppo non intende aumentare «l’esposizione nell’assicurazione. Sarà possibile diminuire la nostra esposizione verso la nuova entità (cioè la grande Unipol, se l’operazione va in porto, ndr) e questo sarà fatto in parte dopo il completamento della fusione mentre la seconda tranche potrebbe essere congiunta con la vendita di asset che la nuova entità dovrà fare». Aggiungendo che probabilmente tale riduzione «sarà benvenuta dall’Antitrust e auspicabilmente non avrà impatto sulla Solvency» del nuovo gruppo. Il banchiere ha ribadito che se l’operazione messa a punto da Unipol non va in porto sarebbe un grosso problema per FonSai, che ha bisogno di una ricapitalizzazione in tempi rapidi.