Mediobanca è sotto assedio. Sui conti trimestrali in calo, sulla strategia di investimento (le svalutazioni apportate con l’ultima tornata di conti alle partecipazioni strategiche fanno riflettere) e sull’attività propria di banca d’affari (caso-scuola quello nella partita relativa alla ristrutturazione del gruppo FonSai). Tanto che in questi giorni Marco Tronchetti Provera, vice presidente di Piazzetta Cuccia, è voluto intervenire sul tema precisando che le recenti tensioni sull’asse Mediobanca-Generali, non stanno generando alcun riflesso sui vertici della stessa banca d’affari. La squadra di manager, «mi pare sia concentrata sulla gestione della banca» ha dichiarato l’imprenditore di Pirelli allontanando poi ipotesi di novità sui vertici: «Non vedo problemi». Ma intanto il titolo, che in un dodici mesi ha dimezzato il proprio valore e da inizio anno ha perso il 27%, il 10 maggio è sceso ai minimi dal 1986 a 3,15 euro. 
E, in questo scenario sono molti i broker che, successivamente alla pubblicazione dei dati trimestrali, hanno preso in mano le forbici su rating, stime e target del gruppo. Un «affronto» quasi impensabile solo fino a pochi anni fa quando, ufficialmente, non sussisteva neppure la copertura di Mediobanca, un salotto troppo importante per essere oggetto delle analisi degli esperti. Nomura per esempio è passata a neutral a 4,5 euro (da buy a 5,5); Equita a hold a 5,6 euro (da 6,6) e Cheuvreux a undeperform a 3,5 euro. 
Non solo: dall’ultimo cda esce una governance di Piazzetta Cuccia dai profili diversi rispetto a quella degli ultimi mesi a causa del divieto dei doppi incarichi dirigenziali nei gruppi finanziari (art. 36 del decreto Salva Italia convertito in legge 214 del 2011), che ha avuto un impatto particolarmente significativo proprio su Mediobanca, centro nevralgico degli intrecci di potere e finanza delle ultime decadi. Il cda infatti ha cooptato Pier Silvio Berlusconi e Vanessa Laberenne (che entra a far parte dei comitati esecutivo, remunerazione e controllo interno) al posto di Marina Berlusconi e Vincent Bolloré. Il consiglio ha inoltre preso atto delle dimissioni di Pierre Lefevre per incompatibilità con il suo ruolo in Groupama Italia, mentre per quanto riguarda il rappresentante di Unicredit (primo azionista di Piazzetta Cuccia con l’8,69% del capitale), il sostituto di Fabrizio Palenzona sarà determinato nelle prossime settimane (il 29 maggio ci sarà un cda straordinario di Unicredit che nominerà i vari comitati).
Quanto infine ai numeri, Mediobanca ha chiuso il proprio terzo trimestre con dati in deciso calo, ma che hanno comunque battuto le attese degli analisti. L’utile dei tre mesi infatti ha raggiunto quota 41,5 milioni, oltre il consenso degli analisti (fermo a 30 milioni), ma in calo rispetto ai 156 milioni dello stesso periodo dello scorso anno. Nei nove mesi il gruppo guidato da Alberto Nagel ha registrato un utile netto di 105 milioni di euro, in calo del 75% rispetto ai 419 milioni dello stesso periodo del 2011. Sul risultato, secondo quanto precisato da una nota della stessa società, hanno pesato svalutazioni su titoli per un totale di 404 milioni (contro 8 milioni un anno prima), tra cui la rettifica di 113 milioni sulla partecipazione in Telco, 55,2 milioni sulla partecipazione Rcs e altri 129,8 milioni sui titoli greci. Secondo quanto dichiarato da Nagel nel corso della conference call le svalutazioni dovrebbero tuttavia essere finite. L’utile lordo normalizzato, ovvero relativo alla attività bancaria (prima del contributo delle partecipazioni) e delle svalutazioni, nei nove mesi è salito del 14% a 523 milioni di euro, di cui 233 milioni nell’ultimo trimestre. In miglioramento l’indice di patrimonializzazione (il core tier 1 è salito all’11,1% dall’11% di dicembre) e le disponibilità liquide (a 23 miliardi dai 19 miliardi di dicembre). I ricavi sui nove mesi infine sono stati stabili a 1.537 milioni (da 1.554), mentre il margine di interesse è salito del 2% a 813 milioni.