di Roberta Castellarin

 

In attesa della busta arancione promessa dal presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua a tutti i lavoratori iscritti per dare una stima della futura pensione, dalla fotografia scattata dall’istituto di previdenza emergono dati 2011 in chiaroscuro. In Italia le pensioni pesano ancora molto sui conti pubblici, soprattutto perché sotto l’Inps ricadono le prestazioni a integrazione del reddito. «La spesa per le prestazioni di protezione sociale in Italia rappresenta il 28,4% del pil, in linea con quanto si spende in media nell’Ue a 27, ma nel nostro Paese nel 2011 la spesa era ancora sbilanciata a favore delle pensioni (vecchiaia e superstiti), pari al 17,1% del pil a fronte del 12,8% medio Ue». È quanto si legge nella Relazione annuale dell’Inps presentata ieri alla Camera dei Deputati, secondo la quale in Italia si destina alle pensioni il 60,1% della spesa per prestazioni di protezione sociale a fronte del 45% medio in Ue.

Un primo effetto delle recenti riforme però si fa sentire; si riduce il numero delle nuove pensioni di anzianità e di vecchiaia. Secondo i dati Inps, infatti, rispetto al 2010 le pensioni di anzianità sono calate del 14,7% e quelle di vecchiaia del 29,3%. La diminuzione è data, ha spiegato ancora l’Inps, dal combinato disposto delle norme sulla «finestra mobile» (introdotta dal governo Berlusconi nel 2010 e con la quale si è fatta slittare di un anno la decorrenza del pensionamento per i lavoratori dipendenti che raggiungono i requisiti della pensione) e di quelle previste dalla riforma delle pensioni del governo Monti, che ha inasprito i requisiti per l’accesso alla pensione di anzianità. Grazie a ciò le entrate contributive sono aumentate del 2,3% a 151 miliardi, nonostante la crisi economica.

Dal punto di vista delle prestazioni, il rapporto Inps sottolinea che solo il 2,9% dei pensionati, pari a 403.000 persone, può contare su più di 3 mila euro al mese, mentre il 76,2% deve fare i conti con meno di 1.500 euro. Mentre hanno meno di 500 euro di reddito pensionistico al mese 2,39 milioni di pensionati, il 17,2% del totale. Il reddito pensionistico medio mensile, pari a 1.131 euro, è superiore alla pensione media (770 euro) perché i pensionati possono essere titolari di più trattamenti.

A fine 2011 i pensionati dell’Istituto erano 13.941.802 (16,6 milioni se si considerano anche i pensionati Inpdap ed Enpals), 59% dei quali donne. Oltre 7,2 milioni di pensionati (il 52% dei pensionati Inps) ha un reddito da pensione mensile inferiore ai 1.000 euro. Ma questo dato può avere diverse letture. «In realtà avremmo dovuto dire che ci sono 7 milioni di pensionati che stanno sotto i 1.000 euro al mese, ma hanno una pensione che è sostenuta dallo Stato», ha dichiarato Alberto Brambilla, presidente del nucleo di valutazione per la spesa previdenziale presso il ministero del Lavoro. «Cioè hanno raggiunto i 65 anni di età, ma non sono riusciti a mettere da parte almeno 15-16 anni di contribuzione piena e pertanto, siccome la loro pensione è bassa, lo Stato la integra con le maggiorazioni sociali e l’integrazione al minimo. Allora la notizia vera è che lo Stato sta sostenendo 7 milioni di famiglie». Non solo. Sui conti dell’ente pesano anche le prestazioni di integrazione al reddito. Dalla relazione infatti emerge che nel 2011 l’Inps per cassa integrazione, disoccupazione e indennità di mobilità, compresa la copertura per le contribuzioni figurative, ha speso 19,1 miliardi di euro (19,7 mld nel 2010), 5 dei quali per la cig. La spesa complessiva per le pensioni nel 2011 è stata di 195,8 miliardi, in aumento del 2,4% rispetto all’anno precedente (+4,6 miliardi). La crescita, si legge nel rapporto, «è imputabile all’incremento dell’importo medio delle prestazioni erogate (+4,5%), dal momento che il numero dei trattamenti pensionistici è rimasto più o meno stabile (+0,2%)».

Nella presentazione del rapporto annuale Mastrapasqua ha affrontato anche la questione esodati: «Bisogna trovare una soluzione per tutti gli esodati, non solo per i 65 mila individuati dall’esecutivo. Lo dico con forza e con la stessa forza ripeto che le singole criticità che si possono produrre non devono oscurare il valore di una riforma, di una nuova norma di legge perché le leggi dello Stato sono il cemento con cui si costruisce la coesione». E per il futuro i conti dell’Inps dovranno tenere in considerazione il bilancio dell’Inpdad, che da quest’anno è stato assorbito dall’ente guidato da Mastrapasqua. Nella relazione 2011 infatti si legge che «la gestione finanziaria di competenza dell’Inps con l’incorporazione dell’Inpdap nel 2012 dovrebbe essere in rosso per 5,9 miliardi di euro». Nella relazione si spiega che la stima è interamente ascrivibile al disavanzo finanziario di competenza dell’ex Inpdap, pari a -6,2 miliardi. La gestione economica segna, secondo la prima nota di variazione al bilancio preventivo 2012, un rosso di 4,8 miliardi.

Sempre in occasione della relazione il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha annunciato la costituzione di una commissione per il miglioramento della governance dell’Inps, sottolineando che il gruppo di lavoro «sentirà ovviamente i pareri di tutti coloro che li possono dare, come le parti sociali, presidenti e direttori e gli esponenti parlamentari». Nell’annuncio della creazione di questo gruppo di lavoro Fornero ha spiegato che si tratta di una «piccola commissione non onerosa», composta «da persone provenienti dal Consiglio di Stato, dalla Corte dei Conti e dall’università Bocconi». Il ministro ha sottolineato che i componenti hanno dato «la loro disponibilità a lavorare gratuitamente per la commissione, che ci darà pareri sulla governance dell’Inps, sui problemi che ci sono e su come si può migliorare». Inoltre, Fornero ha fatto sapere che la commissione redigerà un rapporto che il ministro si augura possa essere pronto «entro la fine del mese di giugno». (riproduzione riservata)