di Andrea Montanari

«Pensare che un tempo le azioni delle gloriose Assicurazioni Generali si tramandavano di padre in figlio come fossero il vero gioiello di famiglia. Oggi, invece, è un investimento da valutare con prudenza e, nel caso, evitarlo visto l’andamento in borsa ». A parlare così è uno dei tanti soci di taglia media del Leone di Trieste che nel 2007 decise di seguire i suggerimenti dei broker e della case d’affari, investendo decine di milioni nel capitale del gruppo guidato dall’amministratore delegato Giovanni Perissinotto. Solo che quelle azioni, l’imprenditore non le comprò di tasca sua, avendo aderito al progetto Inv Ag, la holding nata per iniziativa di Mediobanca (primo azionista della compagnia), che nei piani iniziali doveva acquistare fino al 3% del Leone e che invece, anche per le difficoltà del titolo a Piazza Affari, si è fermata all’1,35%. Perché se all’epoca dell’investimento, cinque anni fa, le Generali viaggiavano sopra i 30 euro per azione, negli anni successivi l’andamento è stata a senso unico: verso il basso. Nella primavera del 2009 quotavano 15,7 euro, nel giugno dell’anno scorso 13,86, e 9,48 euro, venerdì 11 maggio. Un trend che ha finito per intaccare la solidità patrimoniale di Inv Ag, partecipata oltre che da Mediobanca (7,77%), anche dai gruppi Lavazza (6,1%), Arvedi (6,22%), Ferrero (6,22%), Valsabbia (7,77%), dalle famiglie Gavio (Aurelia ha il 7,77%) e Zanoni (Kabanca ha il 7,77%), dagli imprenditori emiliano- romagnoli Romano Minozzi (7,77%) e Luigi Valentini (1,86%), più una serie di investitori schermati da fiduciarie (che sommano il 24,56%) e finanziarie straniere come la lussemburghese Globo (6,22%) e la March Ltd (10%) domiciliata nelle isole Bermuda. Così l’assemblea straordinaria della holding, tenutasi il 23 aprile scorso, come appreso da documenti ufficiali da MF-Milano Finanza, per la prima volta ha abbattuto il capitale sociale (da 321,77 a 207,64 milioni) per coprire la perdita di 115 milioni (60 milioni la competenza del 2011) dovuta integralmente alle svalutazioni che negli anni l’amministratore unico di Inv Ag. Franco Zambon, ha effettuato sul titoli Generali per adeguarlo quanto più possibile ai valori di mercato. Alla chiusura dell’esercizio 2011 è stato così ridotto il prezzo di carico da 26 a 23 euro per azione per un controvalore complessivo di 481,976 milioni. Ciò ha comportato una rettifica del valore di quasi 63 milioni (dopo i 65 mila di svalutazione fatti nel 2010). Numeri comunque assai distanti dai prezzi di mercato attuali visto che oggi la partecipazione dell’1,35% ha un valore di 198,6 milioni. La minusvalenza teorica, in caso di vendita, è superiore ai 280 milioni. Una spada di Damocle sul bilancio 2012 di Inv Ag, che tra l’altro ha incassato meno dividendi di competenza visto che la cedola staccata dalla Generali per il 2011 è di 0,20 euro per azione, la metà di quella distribuita nel 2010 (0,45 euro). Per far fronte alle perdite teoriche e alle svalutazioni, quindi, i soci hanno deciso di prolungare di cinque anni, da fine 2012 al dicembre 2017, la durata della società. Un modo per evitare di dovere vendere la quota a prezzi stracciati o svalutarla integralmente con ulteriori e più gravi conseguenze sul patrimonio. Contestualmente, Mediobanca ha accordato la proroga di 18 mesi al finanziamento da 279,9 milioni che scadeva nell’aprile scorso e che era stato concesso nel 2007 per l’acquisto della quota nel Leone. A quanto è dato sapere, nessun azionista di Inv Ag intende abbandonare il progetto. «C’è poco da fare, il mercato ha sempre ragione. Comunque le Generali restano il principale assicuratore d’Italia e uno dei più importanti d’Europa», conclude l’azionista. (riproduzione riservata)