di Angelo De Mattia

Mancano poche settimane alla scadenza del mandato affidato nel 2002 a Giancarlo Giannini quale presidente dell’Isvap. Da più parti questo evento viene visto come l’occasione per una revisione dei poteri di controllo nel campo del credito e del risparmio. Ne abbiamo scritto su MF-Milano Finanza, sottolineando l’importanza di un’architettura della vigilanza per finalità, con l’attribuzione della stabilità alla Banca d’Italia, previo assorbimento delle funzioni di Isvap e Covip (quest’ultima controlla i fondi di previdenza), della trasparenza e della correttezza, pure nel campo assicurativo, alla Consob e della concorrenza pienamente all’Antitrust. Nel frattempo, anche il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, sia pure mirando alla divisione dei compiti delle Authority europee, nella recente Relazione annuale ha sostenuto la netta preferenza per organizzare i compiti di prevenzione e quelli di gestione di eventuali crisi nonché la tutela dei risparmiatori secondo un’articolazione delle competenze di controllo per finalità. Vegas ha anche chiesto che la prevista rivisitazione del regolamento istitutivo delle Autorità europee (Eba, Esma, Aiope), da avviare a partire dal gennaio 2014, sia l’occasione per eliminare le sovrapposizioni di competenze nei comparti del credito, dei mercati e delle assicurazioni anche a livello nazionale. Vegas ha parlato portando avanti con decisione una linea di rilancio del ruolo e della fisionomia della Consob, inaugurata dal presidente vicario, Vittorio Conti. Il rafforzamento è stato curato anche nell’organizzazione interna, dove però la nomina del direttore generale proveniente dal Tesoro ha suscitato non infondate e tuttora presenti perplessità, bilanciate, tuttavia, da una migliore gestione della collegialità da parte del presidente e da un suo ruolo giustamente non notarile. È insomma una Consob più aperta, pronta a recepire nuove attribuzioni, nettamente diversa dal passato. Parlare di assetto degli organi di controllo non è, nel pieno della crisi, un hors d’oevre; all’opposto, è proprio la crisi che contribuisce a spingere verso la razionalizzazione e il miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia della vigilanza. Fino a qualche settimana fa si è stati a conoscenza di un’apprezzabile determinazione del ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, nel voler portare a compimento il disegno di revisione delle Autorità prima accennato. L’operazione è senz’altro positiva dal punto di vista della razionalizzazione istituzionale, dell’organicità dell’esercizio di funzioni affini, della tempestività e qualità degli interventi. Non implica un giudizio su come sono stati svolti i compiti di vigilanza nel settore assicurativo, mentre è all’ordine del giorno la polemica sui controlli su Fondiaria-Sai svolti in passato. Ma il progetto riprende un disegno più volte prospettato, anche in dottrina e in occasione della presentazione di emendamenti parlamentari, ma finora non andato a buon fine, non solo per la programmata definizione dei provvedimenti, ma pure per l’azione delle lobby, evidentemente preoccupate del rafforzamento dell’azione di controllo. Dal punto di vista tecnico, la revisione richiede approfondimenti, che però dovrebbero essere già stati compiuti, e un’allocazione fuori dal perimetro delle Autorità di alcune competenze non propriamente riconducibili alla tutela del risparmio e alla cura della stabilità, come potrebbe essere, per esempio, la Rc auto. Ma, una volta decise le necessarie espunzioni, si potrebbe procedere prevedendo una fase di traghettamento delle nuove attribuzioni nella Banca d’Italia sotto la guida, tra gli altri, di un suo autorevole esponente e dopo avere disposto la fusione, rinviando a una normativa delegata o di attuazione i passaggi successivi per la completa realizzazione del progetto, a somiglianza di quanto fu deciso per l’incorporazione dell’Ufficio italiano dei cambi nell’Istituto di Via Nazionale. Non vanno spese parole per sottolineare la forza organizzativa della Banca d’Italia, nonché il suo prestigio interno e internazionale che pienamente rassicurano sul buon esito dell’operazione. Meno impegnativo sarebbe comunque il trasferimento alla Consob delle funzioni in tema di trasparenza e correttezza, al di là di quanto si è detto sopra sui progressi segnati da questa istituzione. Ma per arrivare a questo complessivo risultato, bisognerebbe decidere con somma urgenza i provvedimenti da adottare e il veicolo normativo. È un’occasione che non può essere perduta quella della conclusione del mandato di Giannini. E poiché il ministro delle Sviluppo ne è convito e ricorrono le condizioni per non ripetere gli errori del passato, allora non vi sarebbero motivi per temporeggiare ancora. Sarebbe un ulteriore passo per la revisione delle Autorità di controllo, finora toccate dal governo Monti soltanto per la riduzione del numero dei componenti gli organi collegiali di vertice. (Va ricordato, in ogni caso, che la Banca d’Italia non è un’Authority, ma è una banca centrale che, tra l’altro, ha anche funzioni di Authority). Come si è scritto altre volte, questa sarebbe anche l’occasione propizia per sistemare le quote del capitale dell’Istituto di via Nazionale, di proprietà soprattutto delle banche, tema sul quale già nel 2008 l’allora governatore Mario Draghi, pur ridimensionandone la portata, aveva dato la disponibilità a completare tutti i necessari approfondimenti che partono dal prius: sgomberare il campo dall’art. 19 della legge 262/2005 che, tra l’altro, prevede un’assurda, antistorica nazionalizzazione dell’Istituto. Una norma completamente illegittima, che si dovrebbe considerare ormai perenta, visto che il termine per l’emanazione del regolamento di attuazione è scaduto da anni senza che si sia – in questo caso, giustamente – provveduto. Insomma, il governo è atteso alla prova per una riforma a costo zero, ma con vantaggi evidenti innanzitutto per la stabilità e l’efficienza dei settori interessati. (riproduzione riservata)