di Anna Messia

 

Gli assicuratori cominciano a fare i conti dei danni delle scosse che continuano a colpire l’Emilia Romagna. E se il primo terremoto, quello della notte del 20 maggio, non aveva allarmato più di tanto il mondo delle polizze perché gli effetti, tutto sommato, sembravano abbastanza contenuti, la seconda grave scossa, registrata martedì scorso, ha invece cominciato a preoccupare le imprese assicurative perché i danni sembrano più che raddoppiati rispetto alla prima scossa. Si tratta, ovviamente, solo di stime per forza di cose approssimative, perché i periti assicurativi che verificano i danni sul territorio hanno iniziato solo ieri a raccogliere le nuove denunce delle imprese e dei cittadini colpiti dal sisma. Ma secondo i calcoli di Eqecat, società internazionale consulente di imprese assicurative e riassicurative nel settore delle catastrofi naturali, i nuovi danni per il settore assicurativo potrebbero variare tra i 300 e i 700 milioni di euro. Bden oltre, comunque, i 100-200 milioni stimati con il primo sisma di domenica 20. «Nonostante la magnitudine più bassa del terremoto del 29 maggio la nuova scossa rischia di provocare perdite più significative al settore assicurativo a causa dell’accresciuta vulnerabilità delle strutture che erano già state danneggiate dal sisma del 20 maggio», dicono infatti gli analisti.

Le stime di Eqecat sembrano del resto confermate dai fatti, come dimostra il caso del Consorzio Grana Padano che ha avuto 14 associate (su un totale di 160 aziende) coinvolte dal terremoto, la gran parte di Mantova. Il primo sisma di domenica 20 aveva fatto cadere a terra circa 80 mila forme, ma gli effetti della nuova scossa registrata in settimana sono stati ben più importanti, visto che sono state danneggiate altre 260 mila forme, per un danno complessivo stimato, per il solo consorzio Grana Padano, di almeno 70 milioni di euro. «Si tratta di stime prudenziali perché abbiamo voluto evitare inutili allarmismi», spiega a MF-Milano Finanza Stefano Berni, direttore generale del Consorzio. «Contiamo di recuperare nel ciclo produttivo circa il 40% del formaggio che oggi è a terra, altrimenti i danni sono destinati ad aumentare rispetto alla stima di 70 milioni». Quante di queste forme sono assicurate? «Stimiamo circa il 40%», continua Berni, «ma stiamo ancora raccogliendo le informazioni». Per le imprese assicurative solo l’effetto Grana Padano potrebbe valere, quindi, quasi 30 milioni e a questo dovranno aggiungersi le altre perdite derivanti dai danni subiti dai produttori del Parmigiano Reggiano, solo per restare nell’ambito del formaggio stagionato. In questo caso l’impatto per il mondo assicurativo potrebbe essere anche più alto rispetto al Grana Padano perché i caseifici assicurati sarebbero la gran parte dei 20 coinvolti e i danni stimati (salvo recupero delle forme) sono di circa 300 milioni. Tra le imprese produttrici del Reggiano è del resto prassi diffusa quella di assicurare il formaggio contro i rischi di danneggiamento, perché molte banche accettano le forme a garanzia del credito concesso. In pratica il Parmigiano può essere utilizzato come pegno per avere credito a condizioni migliori, e la presenza di una polizza è spesso condizione essenziale per godere di questo beneficio. Questa volta, insomma, a differenza del terremoto dell’Aquila dove i danni maggiori avevano coinvolto i privati, le compagnie (che spesso riassicurano buona parte del rischio) saranno chiamate a giocare un ruolo importante per la ricostruzione, perché ad essere coinvolto è stato il centro produttivo dell’Italia, che era assicurato anche contro il rischio terremoto. E spesso anche con tariffe contenute, perché la zona era considerato a basso rischio sismico. Quali sono le assicurazioni più coinvolte? Ovviamente in cima alla lista c’è la bolognese Unipol, «che in Emilia ha una quota di mercato di circa il 15%», hanno osservato gli analisti di Banca Akros, «decisamente maggiore di quella a livello nazionale». Ma l’impressione è che il conto sarà spalmato un po’ su tutto il settore. (riproduzione riservata)