Della Valle, Del Vecchio e Rotelli danno fuoco alle polveri

DI MICHELE ARNESE *

L’intralcio della norma Catricalà-Monti sui doppi incarichi dei banchieri, la sospensione del progetto Unipol decretata dall’Antitrust, lo stallo in Rcs con un patto di sindacato messo in discussione e la partecipata Generali in fibrillazione. Non mancano i motivi di tensione tra i poteri forti, o presunti tali, del capitalismo italiano. E al centro, meno riverita del passato, c’è Mediobanca. Il top management dell’Istituto sta cercando di condurre in porto progetti controversi. Come l’operazione architettata dall’ad, Alberto Nagel, in simbiosi con Unicredit, per dare un futuro alla galassia assicurativa dei Ligresti, per preservare la mole dei crediti di Mediobanca e Unicredit verso Ligresti e concedere la possibilità a Unipol di crescere nel comparto delle polizze, provocando qualche malumore nelle Generali. Ma alla controffensiva su Premafi n-Fondiaria organizzata da Matteo Arpe (Sator) e da Roberto Meneguzzo (Palladio Finanziaria) si è aggiunto l’intervento dell’Antitrust che ha, di fatto, sospeso l’operazione. Quello che non hanno fatto la Consob e l’Isvap, l’ha compiuto l’authority presieduta da Giovanni Pitruzzella, sogghignano dalle parti di Sator e Palladio. Nella decisione del Garante su Unipol hanno avuto un ruolo di primo piano due commissari Antitrust di provenienza bancaria: Piero Barucci, già presidente di Mps e dell’Abi, e Salvatore Rebecchini, per anni in Banca d’Italia e poi presidente della Cassa depositi e prestiti. D’altronde fra Antitrust e Piazzetta Cuccia la sintonia è sovente stata scarsa. L’ex presidente Antonio Catricalà, da sottosegretario alla Presidenza del consiglio è stato l’ispiratore della norma con cui il governo ha vietato i doppi incarichi per una stessa persona nei cda di banche, assicurazioni e società finanziarie. La legge ha provocato malumori (anche nel governo) e un risultato concreto nella fi liera Mediobanca- Generali: Nagel e Francesco Saverio Vinci si sono dimessi dal cda del Leone, certifi cando un allentamento almeno formale fra Piazzetta Cuccia e gruppo triestino; allentamento che Cesare Geronzi perseguiva anche nella sostanza. Eppure proprio da Trieste è arrivata una buona notizia per i vertici di Piazzetta Cuccia che non stimano troppo la capacità gestionale dell’a.d. Giovanni Perissinotto. Sabato, in un’intervista al Corriere della Sera, Leonardo Del Vecchio di Luxottica ha chiesto le dimissioni di Perissinotto per i pessimi risultati in termini di redditività e per l’eccesso di operazioni extra assicurazioni: «Basta con i manager-fi nanzieri», ha titolato il Corriere. Poi, però, lo stesso giorno Del Vecchio ha votato in assemblea il bilancio di Generali fi rmato da Perissinotto. Ma le soddisfazioni per Nagel, nel leggere l’intervista a Del Vecchio, sono ben presto svanite, visto quanto ha aggiunto il patron di Luxottica e azionista del Leone di Trieste: «Quello che mi chiedo è perché Mediobanca e Unicredit abbiano dato tutti quei soldi a Ligresti». «La verità è che si è rotto il salotto buono», dice l’editorialista Giancarlo Galli. «È in corso un regolamento di conti nel capitalismo italiano, da sempre relazionale». E la classe dirigente di questo capitalismo è rimasta spiazzata: «Finora prevaleva la teoria attribuita a Giovanni Bazoli, secondo cui il profitto era una variabile secondaria. Ma adesso sembra prevalere un altro approccio: il profi tto prima di tutto, quindi la redditività delle aziende e degli investimenti, anche borsistici e azionari». Fautori di questo approccio sono Del Vecchio, Giuseppe Rotelli e Diego Della Valle, gli ultimi due arrembanti soci di Rcs, seppure con visioni in parte diverse su come risanare il gruppo editoriale. Non è un caso che Rotelli, in rapporti con Bazoli e Giuseppe Guzzetti, ritiene superato, superfl uo e obsoleto il patto Mediobanca-Fiat che governa la Rizzoli. Un altro grattacapo per Nagel, alle prese con la nomina dell’ad del gruppo al posto di Antonello Perricone. *da www.ilfoglio.it