di Angelo De Mattia

L’intervento dell’Antitrust sull’operazione Unipol-Fondiaria Sai ha riproposto il tema del ruolo delle Autorità di controllo nei confronti dei soggetti controllati, dei limiti dell’azione di vigilanza, del rapporto tra questa e le soluzioni di affari tra i vigilati. Intanto va osservato che, mentre sulla stampa si sono visti diversi commenti critici nei confronti dell’intervento, non altrettanto è avvenuto da parte dei soggetti direttamente o indirettamente interessati, e non solo per un ossequio formale – almeno così è sembrato – nei confronti del Garante. Alcuni opinionisti si sono così dimostrati più realisti del re e neppure in coerenza con una visione organica, robusta – magari variamente valutabile, ma coerentemente riflettuta – delle relazioni tra controllanti e controllati. Successivamente l’Antitrust ha fornito delle precisazioni sul suo operato, ammettendo che Premafin potrà tenere l’assemblea per l’aumento di capitale e le parti potranno definire i concambi, ma non si potrà procedere alla sottoscrizione degli aumenti di capitale, sia di Ugf sia di Premafin, all’approvazione del progetto di fusione e a tutte le attività finalizzate a concordare il piano industriale della concentrazione stessa. Resta impregiudicata la valutazione dell’operazione, che ovviamente arriverà più avanti. Per quanto il parziale via libera possa somigliare a un ammorbidimento della posizione iniziale, va osservato che il divieto di atti che possano rivelarsi irreversibili resta intonsi così come intonsa resta la possibilità di verificare che gli impegni formali vengano assunti in armonia con la tutela della concorrenza e con il divieto dell’abuso di posizioni dominanti. Naturalmente non tocca a noi dire se l’intervento dell’Antitrust sia stato o meno tempestivo; sarà il prosieguo dell’operazione a rispondere a quanti pensano che il timing non sia stato dei più felici. E tuttavia, occorre rilevare che se un’Authority temporeggia nell’intervenire, soprattutto in un caso di grande notorietà, essa viene poi accusata di tenere atteggiamenti impropriamente dilatori. Si dirà che, in astratto, entrambe le critiche possono essere fondate e che alle Autorità di controllo e garanzia spetti, in osservanza della legge, l’obbligo di una appropriatezza tempestiva degli interventi. Nel caso della tutela della concorrenza e del libero mercato, dovrebbe essere naturale che l’Organo di controllo, di fronte a un’operazione di aggregazione ad ampio spettro che coinvolge complessi problemi, alcuni inediti, si debba chiedere se un intervento esplicato a un certo stadio del processo di acquisizione e concentrazione sia in grado di incidere facendo apportare le eventuali modifiche e correzioni che si rendessero necessarie. E se invece la procrastinazione delle misure di rimozione di eventuali ostacoli alla concorrenza che risultasse ex post dovuta, sia più o meno gravosa per tutte le parti, per il mercato e per lo stesso interesse pubblico. Viene dunque in rilievo la preventività degli interventi non solo sul piano informativo e della migliore trasparenza sulle regole del gioco, come è accaduto al momento dell’avvio dell’operazione Unipol-FonSai in occasione dell’incontro con il presidente della Consob, Giuseppe Vegas. Vicenda che sollevò le infondate contestazioni di un commissario il quale riteneva l’incontro assolutamente inopportuno. Le critiche del commissario furono decisamente stigmatizzate su queste colonne perché rientra in una funzione non meramente statica della presidenza interloquire con le imprese in incontri della specie e perché quelle contestazioni, per di più mosse fuori dagli ambiti della necessaria collegialità e della doverosa riservatezza, non rispondevano ad alcun interesse meritevole di tutela, considerandosi correttamente, invece, prioritaria una trasparente illustrazione del quadro normativo e delle sue conseguenze applicative. Ritengo che anche nel caso dell’Antitrust le critiche diverse da quelle testè ricordate, siano comunque prive di fondamento. L’Authority certamente non può intervenire nelle scelte di merito che competono esclusivamente alle parti. Ma ciò trova un evidente limite nel caso in cui dall’imposizione di obblighi e impegni formali possano eventualmente discendere conseguenze anche sul merito degli accordi o sulla scelta dei contraenti. In definitiva, non si può tenere un atteggiamento secondo cui, quali che siano i tempi delle scelte, le Autorità comunque sbagliano, come nella metafora di San Giuseppe, la Madonna, il Bambino e l’asino: chiunque vi montasse durante un lungo viaggio veniva criticato perché non teneva conto della stanchezza dell’altro. Quando ci si trovasse, comunque, di fronte ad atti irreversibili, la preventività dell’intervento dovrebbe essere ancor più curata. Naturalmente, le decisioni degli Organi di controllo sono soggette ai gravami giurisdizionali a tutela di coloro che si ritenessero ingiustamente danneggiati. Ma non gioverebbe porre immediatamente su quest’ultimo piano una vicenda come quella riguardante fusioni o acquisizioni. Se si chiede giustamente alle Authority un atteggiamento dialogante con i soggetti vigilati, che non si limiti a una funzione di mero controllo formale o mimi le attribuzioni giurisdizionali, ma abbia anche una finalità propulsiva e ricorra alla sanzione solo dopo avere intrapreso infruttuosamente la strada dell’imposizione di impegni (o, nel caso di patente violazione delle norme, del ripristino di corretti comportamenti), altrettanto si deve chiedere ai controllati in termini di dialogo e di disponibilità aperta all’adozione, se del caso, delle necessarie correzioni. Poi si pone il problema, in tema di concorrenza, del rapporto tra Antitrust italiano e la stessa funzione esercitata dalla Commissione europea: materia complessa e che potrebbe anche richiedere una ulteriore messa a punto. Le Authority, come accennato all’inizio, hanno oggi un ritorno di attualità non solo per l’operazione in questione sulla quale hanno ovviamente competenze anche l’Isvap – e che competenze, se è questo Istituto che deve, tra l’altro, accertare la condizione dell’impresa assicurativa assimilabile a quella di un salvataggio per escludere l’obbligo di opa – e la Consob, ma anche per il progetto, di cui si è parlato nelle scorse settimane, di incorporazione della medesima Isvap e della Covip nella Banca d’Italia per arrivare a un sistema, nel credito e risparmio, a tre soggetti distinti per finalità: Banca d’Italia, per la tutela della stabilità, la Consob per gli interventi sulla trasparenza e correttezza del mercato, l’Antitrust per la tutela della concorrenza. Su tale progetto, quanto mai opportuno a giudizio di chi scrive, tuttavia sembra improvvisamente calato il silenzio in questi giorni. Sarebbero al lavoro lobby varie, contrarie all’iniziativa. Eppure il governo, che ha fatto approvare l’articolo 36 del decreto salva-Italia sugli incarichi contestuali nelle imprese bancarie, finanziarie e assicurative concorrenti e che mena vanto giustamente per essere stato in tal modo sordo ai poteri forti – il presidente Monti ricorda di frequente l’importanza di tale innovazione, che a parere di scrive deve essere un passaggio per incidere poi pesantemente su patti di sindacato e piramidi societarie – avendo peraltro rafforzato le attribuzioni dell’Antitrust, ebbene un tale governo non potrebbe sottrarsi a questo passo ulteriore che torna a beneficio della trasparenza, dell’efficienza, dell’organicità e tempestività degli interventi. Si approssima la scadenza della carica del presidente dell’Isvap, Giancarlo Giannini: è qu
esta l’occasione per procedere alla descritta riforma affrontando, se del caso, anche il tema dei caratteri delle attribuzioni di tali Autorità. Si costruirà così una parte importante della necessaria rivisitazione del sistema dei controlli di una economia e di una finanza che ancora non sono all’altezza del loro compito. (riproduzione riservata)