di Roberta Castellarin e Paola Valentini

Gli investitori italiani si rifugiano in depositi e risparmio postale e fuggono dagli asset rischiosi. Dalla relazione annuale della Consob sulla composizione del portafoglio delle famiglie emerge che è cresciuta di circa due punti percentuali, dal 44 al 46%, la quota della ricchezza investita in depositi e risparmio postale, mentre si è ridotta la porzione investita in fondi e azioni. In particolare, la percentuale di ricchezza detenuta dalle famiglie in prodotti del risparmio gestito è scesa dal 16 al 14%, quella in azioni dal 7,3% al 5,6%. Nel contempo è aumentato il peso delle obbligazioni societarie (dal 14,1% al 14,7%) e quello dei titoli di Stato (dal 14% al 14,5%). Anche i gestori italiani puntano sempre più su strategie flessibili e obbligazioni e meno sull’equity. Eppure l’Italia avrebbe bisogno di un forte sviluppo proprio della borsa. La necessità di rilanciare Piazza Affari è stato uno dei temi forti del discorso del presidente della Consob Giuseppe Vegas alla comunità finanziaria: «Nel 2011 il numero di società quotate è sceso da 272 a 263, la capitalizzazione si è ridotta da 425 a 332 miliardi e dal 27 al 21% in rapporto al pil. Nei maggiori Paesi europei invece la capitalizzazione sul pil ha continuato ad attestarsi su valori significativamente maggiori, il 37% per la Germania, il 55% per la Francia e più del 140% il Regno Unito». Per far crescere la borsa, ha aggiunto Vegas, servono gestori capaci di far convogliare professionalmente il risparmio verso le azioni, bisogna creare un ponte tra le famiglie italiane e la borsa. Invece in questi anni i money manager italiani si sono ritirati, lasciando spazio ai gestori esteri. Un segnale della limitata presenza di tali operatori nel comparto azionario è costituito dal fatto che mentre nel 1998 gli investitori istituzionali italiani erano presenti in circa una società su quattro, nel 2011 essi partecipavano in misura rilevante, con una quota attorno al 6%, in meno del 5% degli emittenti ». Il presidente della Consob ha evidenziato anche che gli investitori istituzionali stranieri hanno invece accresciuto nel medesimo periodo la loro presenza. «Inoltre non sono sufficientemente sviluppati i fondi specializzati nell’investimento in small cap capaci di garantire ai titoli delle piccole e medie imprese un adeguato sostegno finanziario, sia nella fase di quotazione sia in quelle successive ». Dalla relazione emerge che nel 2011 il patrimonio riferibile ai prodotti del risparmio gestito collocati in Italia si è ridotto del 6,5%, passando da 974 a 911 miliardi e portandosi a livelli inferiori rispetto al 2009. Il dato è dovuto alla contrazione del patrimonio dei fondi comuni promossi da intermediari italiani (-14,5%), mentre il patrimonio dei fondi promossi da intermediari esteri e quello dei fondi pensione hanno registrato un incremento rispettivamente del 7,2 e dell’8,2%. Una conferma della maggiore esposizione dei gestori italiani agli investimenti obbligazionari emerge anche dalla fotografia dell’offerta. «È cresciuto il peso dei fondi obbligazionari (dal 41,6 del 2010 al 43,7% del 2011) e di quelli flessibili (da 16,1 a 17,2%),mentre si è ridotto il peso dei fondi azionari (da 19 a 18,3%) e di quelli di liquidità (da 14,4 a 12,6%)», si legge nella relazione. Dietro la scarsa presenza di azioni nei portafogli delle famiglie c’è anche il nodo della distribuzione. «Il principale ostacolo all’espansione della domanda di titoli azionari da parte di investitori retail è attribuibile sia agli orientamenti degli intermediari- distributori, sia all’insufficiente sviluppo del settore del risparmio gestito». I pochi che investono lo fanno con una logica di trading e non di investimento a lungo termine. «Il basso livello di cultura finanziaria e la limitata diffusione di servizi di consulenza professionale fanno sì che gli investitori continuino a mantenere portafogli poco diversificati, a predominante composizione in obbligazioni e soprattutto in titoli di Stato», ha fatto notare Vegas. «La componente del risparmio direttamente investita in titoli azionari segue prevalentemente una logica di breve e brevissimo termine, come testimonia la crescente rilevanza dell’intra-day trading». Per fare invertire la tendenza è necessario che la direttiva sulla consulenza finanziaria Mifid trovi piena applicazione. In questo campo continua l’attività di vigilanza della Consob che, come ha spiegato Vegas, «ha svolto ispezioni mirate, a seguito delle quali ha evidenziato ai soggetti controllati e, in particolare, agli otto principali intermediari bancari, la necessità di rivedere le strategie commerciali e le procedure interne per assicurare una corretta prestazione dei servizi. Ciò al fine di garantire una effettiva tutela ai piccoli risparmiatori». (riproduzione riservata)