di Francesco Ninfole

Giuseppe Vegas lancia un messaggio forte contro gli assalti della speculazione e la dittatura dello spread. Ieri il presidente della Consob, alla presentazione della relazione annuale della commissione a Palazzo Mezzanotte a Milano, si è scagliato contro le manovre dei grandi investitori internazionali che, guidati da logiche di profitto e agevolati dall’innovazione finanziaria e dall’evoluzione tecnologica, sono capaci di condizionare la stabilità del sistema finanziario e degli Stati. Non a caso, nella relazione di 20 cartelle, Vegas ha insistito sui rischi dei prodotti più pericolosi, ma anche sul ruolo dei regolatori, che in futuro non dovranno più tergiversare nella definizione di un mucchio di norme, spesso inefficaci, ma dovranno essere più decisi nel vietare gli strumenti nati soltanto con un fine speculativo, senza nessun legame con il finanziamento dell’economia reale: il ruolo cioè che secondo Vegas deve spettare alla finanza. L’allarme è stato lanciato dopo 12 mesi di alta tensione per l’Italia («annus horribilis», l’ha chiamato il numero uno Consob), di fronte al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e alla platea con i massimi esponenti della finanza e dell’imprenditoria italiana. Le parole di Vegas hanno trovato aggancio negli ultimi casi d’attualità, come il riaccendersi della minaccia derivati dopo il caso Jp Morgan e il ritorno dello spread Btp-Bund ben oltre quota 400. La posta in gioco, nella battaglia contro la speculazione, è stata chiarita dal presidente Consob nelle battute conclusive dell’intervento (riportate integralmente nel commento in pagina). Senza mezzi termini, Vegas ha parlato della «necessità di tutelare il sistema democratico dal continuo assalto della speculazione » e, in particolare di fare in modo di «non affidare il nostro futuro a un numero». Questo numero è naturalmente lo spread, che «dipende dalle scelte di un soggetto invisibile, il mercato» e perciò «vanifica il principio del suffragio universale». Se si vuole evitare «una ribellione con effetti distruttivi», secondo l’ex viceministro dell’Economia, bisogna guardare ai fondamentali dell’Italia. È questo il senso della citazione di Epitteto che ha aperto e chiuso il discorso a Piazza Affari: «Quel che turba gli uomini non sono le cose, bensì i giudizi che essi formulano intorno alle cose». E lo spread non è altro che l’indicatore sintetico di questi giudizi. Ma quali sono i fattori che hanno spostato l’attenzione dai fondamentali degli Stati? Vegas lo ha spiegato, ricordando i principali nervi scoperti del sistema finanziario. L’indice è stato puntato in particolare contro l’innovazione finanziaria «che può essere positiva, ma legislatori e autorità hanno il dovere di evitare che si trasformi in un meccanismo che bruci i risparmi delle famiglie». In proposito Vegas ha fatto tre esempi, in riferimento a credit default swap nudi (cioè derivati di pura speculazione, perché comprati senza il sottostante di riferimento e quindi senza esigenza di una protezione dal rischio), trading ad alta velocità (con cui i grandi investitori guadagnano per variazioni infinitesimali dei prezzi dei titoli, senza alcun interesse alle attività delle società emittenti) ed Etf (che costituiscono sempre meno una replica fisica di un paniere di riferimento e pongono crescenti rischi di liquidità). Si tratta dunque di strumenti che possono essere utilizzati con l’unico scopo di ottenere profitti di breve termine, senza nessuna attività produttiva alle spalle, e che al contrario possono aumentare i rischi sistemici, sui quali esiste di fatto un’implicita garanzia degli Stati. In un contesto come quello descritto, Vegas ha auspicato decisioni chiare da parte dei regolatori, che «non devono avere remore intellettuali a opporre semplicemente divieti alla diffusione di prodotti e pratiche nocive». Finora «l’illusione» di controllare il funzionamento dei mercati attraverso un’enorme quantità di regole, secondo Vegas, ha prodotto «una legislazione vastissima, la cui attuazione può rivelarsi difficile. Nei fatti ciò non ha impedito che la diffusione di prodotti tossici provocasse danni ai risparmiatori e fosse alla base di crisi sistemiche. Visti i risultati insoddisfacenti, sta emergendo un diverso approccio culturale, nel quale i regolatori iniziano a considerare l’ipotesi di formulare divieti specifici», come quelli sui cds nudi e su altri prodotti finanziari. Il presidente Consob ha menzionato anche il divieto di vendite allo scoperto, ricordando tuttavia l’importanza di regole il più possibile armonizzate, almeno a livello europeo, per evitare una corsa degli operatori verso i mercati meno regolamentati. In tema di regole il principio guida della presidenza Vegas, sin dall’insediamento a inizio gennaio 2011, è stato la semplificazione. «È opportuno orientarsi verso un corpus normativo snello e di agile comprensione», ha ribadito ieri. Ma stavolta è arrivato anche un appello per il legislatore: gli spazi a disposizione della Consob per sforbiciare costi e procedure, dopo il doppio intervento (l’ultimo giusto una settimana fa), sembra ormai al termine. Il prossimo passo, che spetta ora al governo, è aggiornare il codice civile e il Testo Unico della Finanza, che risale al 1998: «Lo strumento migliore per svolgere tale opera con sufficiente profondità è quello di istituire un’apposita commissione». Il numero uno Consob ha suggerito inoltre di «rivedere le attribuzioni di vigilanza in materia di risparmio gestito e di organismi di mercato e di post-trading»; in queste aree c’è oggi una competenza doppia assieme a Banca d’Italia, ma la commissione delle società di borsa ritiene più efficiente un sistema in cui la Consob è l’unica ad avere responsabilità. Peraltro la definizione delle norme non avviene soltanto su base nazionale. Vegas ha sottolineato i rischi che arrivano da Bruxelles: «Il processo normativo risulta ulteriormente appesantito dal moltiplicarsi, anche e soprattutto a livello comunitario, delle procedure di consultazione, che non sempre conducono a una migliore regolamentazione dei fenomeni», ha evidenziato. «Le consultazioni, che pur dovrebbero rappresentare uno strumento di trasparenza, vedono spesso prevalere interessi particolaristici, espressione dei soggetti più organizzati, non di rado a scapito della moltitudine indistinta dei piccoli risparmiatori ». Così i tempi delle decisioni sono spesso troppo lunghi e i provvedimenti risultano alla fine annacquati dalle lobby. Sebbene gran parte del discorso di Vegas sia stata dedicata al funzionamento dei mercati (una stoccata è stata indirizzata anche alle «carenze organizzative» riscontrate nell’attività delle agenzie di rating), il presidente Consob ha evidenziato l’importanza di altri fattori di contesto, in primis l’efficienza della giustizia e della pubblica amministrazione. Non è mancato un richiamo all’etica individuale, in una fase in cui «recenti episodi di cronaca politica ed economica hanno avuto un impatto assai negativo sull’opinione pubblica». Ma ogni tentativo di rasserenare le tensioni sui mercati, ha fatto capire Vegas, sarà inutile senza una risoluzione dei problemi di integrazione politica all’interno dell’Eurozona. «Siamo a un bivio. Le politiche sin qui adottate si sono rivelate inefficaci », ha aggiunto, chiamando implicitamente in causa la politica di rigore di Berlino: «È giunto il momento di affiancare alle manovre di r
isanamento scelte che possano garantire una crescita stabile. Per ottenere questo risultato è però indispensabile che gli Stati europei adottino soluzioni comuni, di lungo periodo e al servizio di tutti. La mutualizzazione del debito pubblico nell’area euro avrebbe, ad esempio, conseguenze positive sulla spesa aggregata per interessi, agevolando la ripresa economica dell’intera zona». Un chiaro invito all’introduzione degli Eurobond, che però al momento è ancora lontano dall’effettiva realizzazione, così come per molti altri aspetti critici segnalati ieri da Vegas. E l’andamento dei mercati di ieri ha ricordato che «la dittatura dello spread» può ancora spaventare. Ma il presidente della commissione ha concluso l’intervento ricordando la necessità di andare oltre i giudizi delle borse e di avere maggiore fiducia sul futuro dell’Europa, che nonostante tutto rimane «il maggior centro di benessere del mondo». (riproduzione riservata)