A fine dicembre 2011, quando MF-Milano Finanza rivelò che la famiglia Ligresti aveva accettato di sedere al tavolo di Unipol in virtù del recuperato rapporto con Mediobanca, la nascita di un nuovo polo assicurativo nazionale sembrò subito lo sbocco naturale di quell’avvicinamento. Sebbene il proposta finanziaria iniziale non pareva il massimo, perché favoriva immeritatamente la famiglia Ligresti a spese dei piccoli azionisti e dei creditori, la valenza industriale del matrimonio fece premio sulle critiche, che però portarono all’azzeramento dei benefici promessi ai Ligresti. Sicché la trattativa sembrò proseguire sotto migliori auspici. L’irrompere della proposta alternativa targata Sator-Palladio, se da una parte ha favorito il gran balzo dei titoli in borsa, dall’altra è piombata come un macigno sulla scena inducendo ripensamenti tra i membri della famiglia Ligresti. Da quel momento la trattativa con Unipol ha incontrato una miriade di difficoltà fino a rischiare più volte la rottura. E non solo per l’ostruzionismo dei Ligresti. Ma poiché la soluzione Unipol resta la sola che abbia una valenza industriale, di fronte ai perniciosi stop and go delle ultime settimane viene da chiedersi: chi ha paura della Grande Unipol? Di sicuro il centrodestra non vede di buon occhio il rafforzamento di un gruppo che ha solide radici nella sinistra. Ma anche nel Pd non mancano i nemici, soprattutto tra coloro che temono di perdere il controllo di un gruppo diventato più grande. Di sicuro non fa felice la concorrenza, ma probabilmente piace poco anche a quanti guardano con occhio critico alla Mediobanca di Renato Pagliaro e Alberto Nagel che non vedono l’ora di rinfacciare loro l’eventuale insuccesso ponendoli nella condizione di fare un passo indietro. Infine, senza dubbio fa dispetto a quanti vorrebbero spartirsi a prezzi da liquidazione i pezzi più pregiati di FonSai e della controllata Milano che, nonostante la montagna di debiti, ancora figurano nei loro portafogli. C’è però un protagonista della vicenda che fino a questo momento ha preferito restare ai margini: il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, cui un riassetto di queste dimensioni, per quanto gestito da privati, dovrebbe in qualche misura interessare. Perché tarda ad esprimersi? Il silenzio in vicende tanto delicate non è mai un buon segno. (riproduzione riservata)