La Grecia è fallita, sentenzia Zulauf. Irlanda e Portogallo a ruota E La Spagna sarà il vero test per la tenuta della Ue. Così il supergestore di hedge fund ha ricalibrato i suoi portafogli. Per prepararsi al peggio 

di Vincenzo Sciarretta

La Grecia è fallita e bisogna vedere che cosa fare del cadavere. Poi si passerà a Irlanda e Portogallo e magari a Spagna e Italia. I tentativi di salvare il salvabile sono inutili abracadabra di corto respiro. Prepariamoci al peggio, perché il peggio arriverà.

Questa è in estrema sintesi la diagnosi di Felix Zulauf, di professione speculatore. La ragione per cui vale la pena ascoltare Zulauf è che è uno dei più accreditati gestori di hedge fund in Europa, con la tendenza a guadagnare soldi quando gli altri prendono bagni di sangue, come nel 2008. Oggi amministra solo le sue risorse personali ma – che abbia ragione oppure no – la sua analisi offre al lettore una traccia di come la speculazione si muoverà (e attaccherà) nei prossimi mesi se il pasticcio del debito greco non troverà soluzione immediata.

Domanda. Signor Zulauf, dopo un anno di terapia lacrime e sangue, Atene registra ancora un deficit iperbolico, al 10%. Come mai la terapia di contenimento della spesa non funziona?

Risposta. Beh, non può funzionare. Nelle economie europee la spesa pubblica tra il 40 e il 60%; tagliare la spesa pubblica equivale a ridurre il reddito dei cittadini e, se si taglia in modo netto, l’economia si indebolisce, il gettito cala, i conti peggiorano. Si chiama trappola deflativa: più tagli, più sprofondi. Il debito è semplicemente troppo grande.

D. Quindi non c’è alternativa al fallimento? Per quando lo prevede?

R. Avverrà entro l’anno, più probabilmente entro l’estate.

D. Quale sarà la reazione dei mercati?

R. In una certa misura l’evento è già scontato nei prezzi. Nel libero mercato le quotazioni dicono che Atene rimborserà pressappoco il 60% del debito. In questo scenario le banche sono assai vulnerabili.

D. Quanto vulnerabili?

R. Senta, la Grecia ha un debito di 330 miliardi. Una perdita del 40% su questa somma è un bel rospo da ingoiare perché le banche attualmente iscrivono i titoli in bilancio alla pari. Se la perdita si materializzerà, alcune dovranno ricorrere al salvataggio pubblico. Ma il problema maggiore, ovviamente, sono le banche greche perché esse non potranno rivolgersi al loro governo, che non ha neppure le lacrime per piangere. Le banche tedesche si rivolgeranno al governo tedesco, le francesi all’Eliseo, ma che cosa succederà in Spagna o anche in Italia? Come investitore, evito le banche e mi tengo allerta nel caso ce ne sia qualcuna da vendere allo scoperto.

D. Pensa che la Grecia uscirà dall’euro?

R. Sì, ma non subito. All’inizio farà solo fallimento. Questo darà un po’ di sollievo. Il problema della Grecia, che poi è lo stesso di Portogallo e Spagna, è la mancanza di competitività: il cambio è troppo caro, non possono competere con la Germania. A un certo punto i cittadini greci si stancheranno di sopportare sacrifici. Si sveglieranno una bella mattina e diranno: ma chi diavolo ce lo fa fare? Perché dovremmo tenerci l’euro? Stavamo meglio prima. Dichiariamo bancarotta, mettiamoci d’accordo con i creditori, adottiamo una nuova valuta, svalutiamola del 50% rispetto a quella attuale e ripartiamo da capo.

D. Le autorità non staranno a guardare. Ci sono già fondi paneuropei di garanzia e prestiti preferenziali ai Paesi in difficoltà.

R. È vero, ma non risolvono i problemi. E l’Ue si fonda sulla menzogna. Ci siamo dimenticati del trattato di Maastricht? Nessuno ha mai rispettato il limite del 3% per il deficit-pil: uno a uno tutti i Paesi lo hanno sforato, forse con l’eccezione di Finlandia e Lussemburgo. Qualcuno è stato mai punito? No, mai. In Europa tutti sanno che i patti non verranno rispettati. Addirittura si prevede che la Grecia finanzi il fondo di salvataggio paneuropeo con 12 miliardi. Ma chi ci crede? La barzelletta inizia lì.

D. Se Atene dichiara fallimento, che cosa accadrà agli altri Stati in difficoltà?

R. Ci sarà un effetto domino, a cominciare dall’Irlanda e dal Portogallo. La chiave di volta è la Spagna, di cui noto una somiglianza sinistra tra con l’Irlanda. Entrambe sono entrate in questa crisi con un debito pubblico basso, che poi è però esploso in conseguenza delle traversie del settore privato. La Spagna risente della sequenza di boom-crollo nel comparto edile. Qui i prezzi potrebbero scendere di un altro 30%, ripristinando il vecchio rapporto con i redditi delle famiglie. A quel punto le istituzioni finanziarie iberiche andrebbero a gambe all’aria e il governo dovrebbe intervenire e il debito pubblico volerebbe al 120% del pil o peggio. La Spagna ha poi il grosso problema di essere oltremodo cara rispetto alla Germania.

D. Ossia?

R. Il costo unitario del lavoro in Spagna è del 20-25% superiore a quello tedesco. Una volta lo squilibrio sarebbe stato risolto svalutando la peseta del 30%, ma non è più possibile. Allora i salari reali spagnoli dovrebbero scendere di un buon 20%, ma ciò innescherebbe una depressione. Vuole che le dia un’altra brutta notizia?

D. Prego, si accomodi…

R. Spagna e Italia rischiano di tornare in recessione verso fine anno. Tutti gli indicatori sensibili al ciclo economico hanno svoltato verso il basso, gettando un’ombra sinistra su questi Paesi, in cui l’economia non è mai davvero decollata e che quindi sono più vulnerabili al rallentamento ciclico.

D. Ma ci deve essere qualcosa che le Autorità possono fare per evitare la frantumazione della zona euro. Quali tentativi saranno percorsi?

R. Qui il pallino torna alla Germania. Ormai è abbastanza evidente che l’Unione Europea non può reggersi su economie dalle caratteristiche tanto disparate tra loro. Perciò una strada percorribile è quella dell’unione fiscale e politica. Ma attenzione: la Germania non vuole finire con tutti i debiti europei sul suo groppone. E allora adesso, dietro le quinte, si discute di come Berlino possa entrare in un’unione fiscale, limitando però le garanzie e gli aiuti alle controparti europee.

D. Potrebbe funzionare?

R. Per un po’ sì, ma non a lungo. Il contribuente tedesco è cosciente di doversi fare carico di una parte del fardello, ma non sa ancora quanto il fardello sia pesante. La parte tedesca del primo fondo di salvataggio da 440 miliardi ammonta a 145, assumendo che la Grecia contribuisca con i suoi 12 miliardi e tutti facciano la loro parte, il che è assolutamente implausibile. Perciò forse andremo verso un’unione fiscale che sarà abortita quando il contribuente tedesco si renderà conto dei reali costi dell’iniziativa e avrà una crisi di rigetto.

D. E la Bce?

R. L’unica possibilità si avrebbe se a Francoforte cambiassero totalmente rotta, decidendo di indebolire l’euro del 30 o del 40%, dando così sollievo alla periferia dell’Europa a discapito della Germania, che soffrirebbe di una forte inflazione e metterebbe a repentaglio il suo modello di sviluppo. Tuttavia nessun Paese si è mai arricchito svalutando.

D. Giriamo intorno a un problema che sembra non avere soluzione.

R. La verità è che c’è troppo debito in giro per l’Europa e per il mondo e va ristrutturato: qualcuno deve ingoiare le perdite. Saremo tutti un po’ più poveri.

D. Come sta investendo i suoi soldi?

R. Penso che nei prossimi sei mesi assisteremo a una correzione di tutti gli asset, commodity. Il processo è già iniziato. Io tendo a vendere al ribasso.

D. Quali commodity?

R. Non l’oro, che è una parte consistente del mio portafoglio. Tendo invece a vendere allo scoperto le commodity industriali, specialmente i metalli, che dovrebbero reagire male a un rallentamento dell’economia e ai problemi europei. Nel mercato azionario continentale vendo allo scoperto le azioni cicliche e quelle legate alle risorse di base. Per ora sto alla larga dai titoli finanziari e magari ne venderò qualcuno allo scoperto se la bomba del debito deflagrerà davvero.

D. Un investitore piccolo o medio come dovrebbe comportarsi?

R. Starei alla larga dagli indici azionari europei più ricchi di titoli finanziari, come Italia, Francia o Spagna, e starei su mercati caratterizzati da titoli del consumo, come alimentari e farmaceutici. Insomma, mi schiererei con mercati difensivi, come la Svizzera. E troverei rifugio per un po’ nelle obbligazioni governative più solide. Se si ha familiarità con i cambi, per alcuni mesi si possono acquistare titoli del debito americani a due anni, perché temo che l’euro si svaluterà.

D. Pensa che l’euro scenderà a causa della crisi greca?

R. Sì, potrebbe scendere a 1,35-1,25, perché la Bce potrà alzare il costo del denaro un’altra volta soltanto, dopodiché dovrà tornare sui suoi passi per aiutare i Paesi in difficoltà, con ciò indebolendo l’euro. (riproduzione riservata)