di Andrea Di Biase

Il group ceo delle Generali, Giovanni Perissinotto, ha voluto fare chiarezza una volta per tutte sull’eventualità che la banca russa Vtb possa entrare nel capitale della compagnia triestina, negando di fatto che l’accordo in corso di definizione con l’istituto guidato da Andrey Kostin per la costituzione di una società comune nel settore assicurativo preveda anche uno scambio azionario. «Non siamo alla ricerca di incroci azionari.

La priorità è l’accordo assicurativo», ha detto Perissinotto, parlando a Milano nel corso del convegno di Advantage Financial su «Global perspectives, capital and regional imbalances». Perissinotto si è tuttavia detto contento del fatto che «un gruppo importante e ben gestito come Vtb abbia manifestato interesse per il nostro titolo». Il numero uno del Leone ha anche sottolineato di non avere idea dell’eventuale quota delle Generali che i russi sarebbero intenzionati a rilevare, ma ha aggiunto che se Vtb, indipendentemente dalla partnership assicurativa, decidesse davvero di investire nella compagnia triestina la cosa non sarebbe poi così strana, considerati i rapporti tra la banca moscovita eMediobanca.

L’istituto di Piazzetta Cuccia, infatti, oltre ad essere il primo azionista delle Generali con il 13,2% e il principale advisor della compagnia nelle operazioni di M&A, ha infatti seguito da vicino anche il recente collocamento di titoli Vtb, pur non partecipando direttamente all’operazione. Collocamento cui invece le Generali hanno partecipato investendo circa 300 milioni di dollari per lo 0,9% della banca. Ma non è questo l’unico rapporto esistente tra la banca guidata da Alberto Nagel e il secondo istituto russo. Tra le due istituzioni è infatti da tempo in vigore una partnership nell’export finance risalente addirittura alla fine degli anni 90, quando era ancora in vita Enrico Cuccia e al timone della banca d’affari c’era Vincenzo Maranghi. Un primo accordo quadro, relativo a una linea di credito di 500 miliardi di lire destinata a finanziare progetti, partecipazioni ed esportazioni di imprese italiane in Russia, fu firmato nel giugno 1999 tra Kostin e l’allora responsabile della sede romana di Mediobanca, Francesco Ripandelli. Porta invece la data del 6 giugno 2000, pochi giorni prima della morte di Cuccia, il protocollo di intenti, firmato dallo stesso Kostin e dall’allora presidente di Mediobanca, Francesco Cingano, finalizzato a individuare e finanziare progetti industriali italiani in Russia per un valore compreso tra 1 e 1,5 miliardi di dollari. Un altro accordo, relativo a una linea di credito da 300 milioni di euro al servizio dell’export italiano in Russia e tuttora in vigore, è stato sottoscritto nel novembre 2002 ed è valso anche l’apertura, proprio nella sede di Vtb in Novoslobodskaya a Mosca, di un ufficio di rappresentanza di Mediobanca in Russia. Nel novembre 2004, inoltre, sembrava possibile che l’istituto di Piazzetta Cuccia, ormai guidato dal duo Nagel-Pagliaro, fosse prossimo ad entrare nel capitale della stessa Vtb. In quell’occasione fu lo stesso Kostin ad indicare al quotidiano tedesco Handelsblatt in Mediobanca e Deutsche Bank i due investitori interessati a entrare nel capitale della banca russa, allora controllata al 99,5% dallo Stato, con quote paritetiche del 5%. L’operazione, che avrebbe dovuto essere il preludio per un accordo di cooperazione anche in altri campi (credito al consumo, finanza strutturata e advisory), rimase invece lettera morta e, nonostante le timide ammissioni dei vertici di Piazzetta Cuccia, non fu mai portata all’attenzione del consiglio di amministrazione. A sei anni di distanza sono invece state le Generali a entrare nel capitale di Vtb e ora il Leone, anche in virtù di tale investimento, è vicino a stringere una partnership industriale (alla quale potrebbe essere anche conferita la quota di minoranza in Ingosstrakh) che potrebbe spalancargli le porte dell’immenso mercato russo delle polizze. Perissinotto non si è però sbilanciato sui pesi che Generali e Vtb potranno avere nella società comune che sarà creata. «Per ora parliamo di joint venture, certo se arrivassimo al 51% mi farebbe piacere».