Lo scorso 3 maggio il Collegio unico nazionale di conciliazione ed arbitrato – organismo istituito dall’Accordo nazionale imprese agenti (Ana), che si esprime nelle controversie tra compagnie assicurative mandanti e reti distributive agenziali – ha dichiarato esaurita la propria funzione, eccezion fatta per i procedimenti ad oggi pendenti e solo nel caso che ne venga fatta specifica richiesta da tutte le parti in causa. Come noto, l’Ania rifiuta – dal 2007 – di trattare il rinnovo dell’Accordo collettivo, motivando la chiusura con le modifiche intervenute nei rapporti tra agenti e mandanti in seguito alla legge 40/2007. Secondo l’Associazione delle imprese, il divieto di legare le reti alle compagnie tramite l’inserimento di clausole di esclusiva nei mandati agenziali, e la conseguente possibilità per gli agenti di operare in regime di plurimandato, avrebbe fatto cadere i presupposti stessi dell’Ana. Questa premessa è indispensabile per comprendere il decadimento del Collegio arbitrale. Alcune compagnie coinvolte in procedimenti in corso hanno infatti eccepito al Collegio il difetto dei poteri, non avendo proceduto le associazioni firmatarie Sna, Unapass e Ania alla necessaria nomina dopo la scadenza dell’Accordo Ana. Pertanto, il presidente del Collegio ha invitato le Associazioni a confermare il mandato originariamente conferito durante la vigenza dell’Ana. Sna e Unapass hanno tempestivamente proceduto in tal senso, laddove l’Ania – in considerazione della cessazione dell’Accordo nazionale imprese Agenti – ha affermato di non essere tenuta alla nomina degli arbitri di cui all’art. 18-bis; la revoca del mandato arbitrale da parte dell’Associazione delle imprese ha dato origine alla decisione del Collegio. «Lo Sna sta valutando le conseguenze di questo fatto sul piano politico e giuridico, con il contributo dei consulenti legali» si limita per il momento a dichiarare Alfonso Peccio, componente dell’Esecutivo nazionale del sindacato con responsabilità per l’area legale.