di Francesco Priore*

Il Kiid (Key investor information document) dovrebbe esordire il 1° luglio 2011, come previsto dalla direttiva comunitaria Ucits IV. Questo documento informativo dovrebbe rappresentare una rivoluzione, a favore dei risparmiatori, in quanto concepito per consentire agli stessi di capire le caratteristiche peculiari del fondo d’investimento che stanno per sottoscrivere. La «lunga marcia» dell’informazione finanziaria, il primo prospetto risale a 28 anni fa, potrebbe durare di più dei 40 anni dell’omonimo e storico percorso di Mao Zedong se anche il kiid dovesse fallire.

Il primo prospetto, un volume di circa 40 pagine in gergo legale stretto, volto a garantire i sottoscrittori, conteneva il regolamento del fondo. Il prospetto di emissione che lo integrava riscriveva il regolamento per intero. È evidente che una sola lettura era insufficiente, se ne imponeva una seconda. Concepito come incentivo, il prospetto avrebbe potuto al contrario rivelarsi un deterrente in grado di impedire lo sviluppo del mercato dei fondi, solo che nessun sottoscrittore leggeva il prospetto e tutti firmavano di aver letto e approvato l’intero documento, comprese le clausole vessatorie. Se questo comportamento fu una fortuna per lo sviluppo del mercato, lo stesso non si può sempre dire per le fortune dei sottoscrittori. Tralasciando la cronaca dell’evoluzione, alcuni anni fa per rendere più trasparenti e accessibili le informazioni si passò al «prospetto semplificato», di sole 12 pagine. Chiunque però poteva richiedere o consultare il prospetto integrale perché insoddisfatto del modello semplificato.

 

Ora, dal 1° luglio il pubblico avrà a disposizione il kiid, le cui caratteristiche cogenti sono davvero interessanti: linguaggio conciso e non tecnico, di facile comprensione per gli investitori privati; limite di due pagine con aggiornamenti regolari; profilo di rischio; performance passate; costi onnicomprensivi e altre informazioni pratiche. Il risparmiatore potrebbe finalmente capire quello che sottoscrive, il condizionale è d’obbligo, perché bisognerà verificare cosa intende il legislatore per «linguaggio preciso e non tecnico, di facile comprensione per gli investitori privati». Sarebbe opportuno che l’autorità o le stesse sgr commissionassero un’indagine di mercato in cui si effettuino preventivamente, su un campione medio di risparmiatori, dei test di comprensione del kiid, e verificare se l’intenzione della direttiva è soddisfatta. Se il risultato del test fosse positivo, considerato il livello di cultura finanziaria, il Kiid si rivelerà uno strumento efficace, diversamente sarà opportuno ridefinirlo. Gli investitori in genere non devono decidere da soli in merito al fondo o all’asset allocation delle risorse necessarie per quella parte dei risparmi da affidare alla gestione. La consulenza e la selezione dei fondi è compito del professionista, il promotore finanziario; questi sarà molto soddisfatto se il cliente quando dichiara di aver letto e capito il kiid dirà la verità. Il promotore sarà confortato dal fatto che il risparmiatore ha seguito i suoi consigli e allo stesso tempo ha verificato la coerenza tra le informazioni ricevute e i documenti ufficiali. I dati che mettono le persone in grado di capire non le tecnicalità, ma la sostanza di quello che stanno comprando può solo aiutare il mercato.

 

Un’altra operazione fiducia potrebbe essere facilmente promossa per iniziativa dell’Autorità o spontaneamente dal sistema di distribuzione dei servizi finanziari, con l’adozione di una norma sulle comunicazioni, che hanno già uno spazio privilegiato, le pagine posteriori dei documenti di sottoscrizione dei servizi finanziari offerti dai promotori. Queste pagine di norma sono bianche, almeno una copia di ogni foglio firmato resta per anni in possesso dei sottoscrittori. Proprio su queste facciate intonse si potrebbero stampare dei warning (non più di 8/10 avvertenze), a caratteri molto grandi, relativi a ciò che un risparmiatore non può chiedere al promotore. Per esempio non può chiedere di accettare qualsiasi somma in contanti, assegni in bianco intestati al promotore stesso, compensi, rimborsi spese o affini, né richiedere garanzie personali del promotore stesso sull’investimento.

 

Questi warning, se fossero stati adottati già da 20 anni, quando furono proposti per la prima volta, unitamente all’utilizzo non formale degli indici di rischiosità da parte delle società mandanti, avrebbero evitato oltre l’80% dei raggiri e protetto i risparmiatori troppo superficiali o troppo avidi, e anche il 99% dei promotori, cioè tutti quelli che lavorano normalmente e sempre sono ingiustamente accomunati a quell’1% che raggira i clienti e danneggia i colleghi. Purtroppo per qualunque attività professionale o meno non si parla delle persone che lavorano seriamente, ma si parla solo delle anomalie. È però ingiusto, se non poco corretto, che solo per il settore sanitario e finanziario si evidenzino unicamente le scorrettezze o gli infortuni di alcuni operatori, mentre siano messe a tacere, spesso dietro pagamenti di denaro, le scorrettezze in settori molto vicini, come sanità privata, banche, poste, e assicurazioni. L’informazione deve essere chiara e completa, in questo caso Kiid e warning devono fornire ai consumatori istruzioni per l’uso; l’informazione incompleta o complessa danneggia non solo i singoli, in quanto l’ignoranza dei rischi favorisce le scorrettezze, ma anche tutti i consumatori sui quali sono scaricati surrettiziamente i relativi costi. (riproduzione riservata)

*docente di marketing finanziario

Università di Ferrara