Non decolla la previdenza complementare in Italia e, a fine 2010, le adesioni ammontavano complessivamente a 5,3 milioni di unità, pari solo al 23% della platea di riferimento, con una crescita di appena il 4,3% rispetto all’anno precedente. I nuovi iscritti sono stati circa 380mila e nel primo trimestre del 2011 le adesioni sono cresciute dell’1,3 per cento. La fotografia è stata scattata in occasione della Relazione annuale della Covip (Commissione di Vigilanza sui fondi pensione) e il presidente Antonio Finocchiaro è tornato a puntare l’indice contro «la sostanziale stagnazione della produttività e la limitata competitività che costituiscono le principali cause del basso tasso di crescita dell’economia ». «Tutto ciò – ha aggiunto – rende difficoltoso lo sviluppo del secondo pilastro previdenziale». Di qui, la necessità del rilancio. «Per una forte ripresa delle adesioni è indispensabile – ha affermato – innalzare il tasso di sviluppo, indirizzare la spesa pubblica primaria ad aumentare gli investimenti del Paese e dare slancio all’attività imprenditoriale ». Pronta la replica del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. «Ci sono troppi fondi, sono più di 500, che rendono impossibile pervenire a quella massa critica che consente di conseguire economie di scala nella gestione e di ampliare il novero di attività possibili per ciascun fondo, a tutto vantaggio degli iscritti». I fondi pensione negoziali restano la forma pensionistica con il maggior numero di iscritti, circa 2milioni, in prevalenza lavoratori dipendenti del settore privato. Con oltre 1,1milioni di iscritti seguono i piani pensionistici individuali (Pip). Ai fondi aperti aderiscono invece quasi 850mila persone. La Covip mette poi in luce come con la crisi e la flessione dei redditi delle famiglie si sia determinato un aumento delle sospensioni dei versamenti contributivi: dalle 840mila del 2009 a 1 milione alla fine del 2010.