di Andrea Fradeani  

Regole chiare per la svalutazione dell’avviamento delle imprese di assicurazione. Il Consiglio di gestione dell’Organismo italiano di contabilità ha definitivamente approvato l’Applicazione Ifrs n. 2.2 destinata a guidare, nell’attesa di uno specifico principio internazionale dedicato alla valutazione delle riserve tecniche, il processo di valutazione e impairment della più classica fra le attività immateriali: l’avviamento.

Il documento pone fine a una importante lacuna: lo Ias 36, dedicato alla «Riduzione di valore delle attività», e la stessa Applicazione n. 2 dell’Oic discutono, infatti, della questione in parola limitatamente alle aziende commerciali, industriali e di servizi, business davvero diversi da quello assicurativo.

Il documento si occupa, in primo luogo, di analizzare le tipiche attività immateriali che, nel quadro di aggregazioni aziendali fra soggetti che svolgono attività finanziaria e assicurativa, possono assumere rilievo in bilancio: secondo l’Ifrs 3, infatti, il goodwill corrisponde alla quota residuale del costo di acquisizione di business combinations non imputabile a specifiche attività (materiali o immateriali) e passività. Il principale intangibile diverso dall’avviamento è rappresentato, nel mondo assicurativo, dal valore del portafoglio polizze: la sua stima, pari all’attualizzazione degli utili futuri generati dai contratti in vigore, richiede l’ausilio di tecniche attuariali secondo l’approccio tradizionale oppure quello simulativo (che non considera singole probabilità ma funzioni di distribuzione).

L’Applicazione Ifrs n. 2.2, dopo aver ricostruito la sequenza logica prevista dallo Ias 36 per effettuare l’impairment test, affronta le problematiche relative all’individuazione e alla valorizzazione delle Cash generating unit (Cgu). L’Oic fa riferimento alla prassi più frequente, ossia quella che individua quali Cgu i rami danni, vita e le diverse legal entities esistenti nel gruppo; la complessità e poliedricità dell’attività assicurativa, peraltro, non esclude altre possibili configurazioni quali, per esempio, divisioni, linee di prodotto, canali distributivi, classi omogenee di punti vendita o marchi. In tema di valore contabile delle Cgu, l’Organismo italiano di contabilità evidenzia l’ottica «equity side»: l’importo cercato viene a corrispondere con la consistenza patrimoniale.

Il documento si conclude descrivendo i modelli per la determinazione del valore recuperabile delle Cgu e offrendo alcuni esempi in merito all’informativa da offrire in bilancio. Sulla prima questione, nel rispetto dello Ias 36, l’Oic indica due categorie di metodi: quelli finalizzati alla determinazione del fair value, che stimano gli assets nell’ottica del loro realizzo a breve («selling price»); esistono, poi, modelli di valutazione che puntano al valore d’uso, ossia che valorizzano l’impiego degli attivi nel lungo periodo.