ADRIANO BONAFEDE

Ora non ci sono più scuse. Niente più presidenti con poteri esecutivi (com’era Bernheim) o con ambizioni di guida strategica e politica seppur senza deleghe (qual era Geronzi). Spazzati via da un gruppo di soci, a cominciare da Mediobanca, l’azionista di riferimento, che ha avallato il “colpo di Stato” che ha dato pieni poteri al management. Ora quest’ultimo non ha più foglie di fico: deve produrre più valore per gli azionisti, molti dei quali si stanno ancora leccando le ferite avendo acquistato il titolo quando era ai massimi o vicino ai massimi. Tra i soci più recenti, soltanto Franco Caltagirone ha dimostrato tempismo nello stock picking, e infatti è l’unico che può dire di guadagnare già adesso. Gli altri, a cominciare dal patron di Luxottica, Del Vecchio, o da Marco Drago della De Agostini, aspettano di vedere i frutti di un investimento che in termini monetari è stato per loro importante ma che nei bilanci mostra ora un segno meno. E quindi, di veder crescere il prezzo sia dell’azione che dei dividendi pagati.
Sarà su queste cose che si misureranno le vere capacità del Group Ceo, Giovanni Perissinotto, del direttore generale Raffaele Agrusti e dell’altro amministratore delegato, Sergio Balbinot. Certo, a guardare il recente passato, non è che Generali abbia brillato sul fronte borsistico: nell’ultimo decennio che ha visto la fine della bolla Internet, il duro colpo dell’11 settembre, la ripresa, la nuova bolla della finanza e infine la crisi finanziaria ed economica – il titolo ha perso il 50,9 per cento (total shareholders return). Altro che titolo da cassettista, com’era sempre stato considerato quello del Leone di Trieste, che un tempo veniva regalato come dote ai rampolli delle famiglie benestanti insieme a un congruo pacchetto di titoli di Stato e di immobili di pregio. Chi l’ha acquistato nell’ultimo decennio è rimasto scottato. Certo, a ben guardare non è che Generali abbia fatto molto peggio dell’indice di riferimento, lo Sxie (assicurazioni area euro), che ha perso nello stesso arco di tempo il 49,4 per cento. Né dell’indice Sxip (tutte le compagnie europee), che ha perso il 48,7 per cento. Peggio ancora, poi, ha fatto Allianz, che ha lasciato sul campo ben il 62,2 per cento del suo valore. Un po’ meglio (meno 43 per cento) ha fatto l’altro grande competitor di Generali, Axa.
Mal comune mezzo gaudio? Forse sì. Tuttavia non basta. Ora dal management di Generali si vuole di più. Ma come potrà riuscire ad aumentare la redditività del gruppo assicurativo? La principale indicazione è già stata data da Perissinotto all’ultima assemblea: la crescita più interessante ai fini di un aumento complessivo della redditività verrà dal canale dell’asset management, che oggi conta relativamente poco per il gruppo italiano: soltanto il 10 per cento dei profitti operativi (352 milioni nel 2010)arrivano da questo segmento, contro il 2025 per cento dei competitor diretti (Axa e Allianz). Nello stesso anno Axa ha raggiunto i 478 milioni e Allianz ben 2.060.
Generali deve dunque crescere nel settore finanziario se vuole assomigliare di più ai concorrenti diretti e guadagnare più soldi. La strada da fare è lunga: gli asset under management di terze parti del gruppo italiano ammontano nel 2010 a 93 miliardi, un’inezia rispetto ai 468 di Axa e soprattutto ai 1.164 di Allianz. Tuttavia un buon motivo di consolazione Perissinotto & C. lo trovano nella maggiore redditività che in questo comparto può sfoggiare il Leone: il risultato operativo sugli asset under management è pari allo 0,41 per cento per la compagnia di Trieste, allo 0,11 per Axa e allo 0,20 per Allianz. Dunque Generali mostra di saper ben gestire questo business, che per Perissinotto dovrebbe crescere al ritmo del 25 per cento all’anno, come risultato operativo, per i prossimi anni, in pratica un raddoppio in soli quattro anni. Il traino dovrebbe arrivare soprattutto dalle aree a maggior crescita nel mondo, l’Asia e la Russia.
Il Leone opera nell’asset management attraverso la controllata Banca Generali che nel 2010 ha avuto un vero e proprio boom di utili (più 30 per cento a 82 milioni), mentre il titolo è salito in Borsa dal gennaio 2010 a oggi del 37 per cento, una delle migliori performance del listino. Inoltre, il gruppo possiede anche la svizzera Bsi, che ha anche buone teste di ponte in Cina. Nell’ultimo report di Mediobanca su Generali si indicava la svizzera Julius Baer come il target adatto nell’asset management, ma la strategia di Perissinotto è di preferenza per una crescita organica o al massimo per l’acquisizione di piccoli team di gestione.
Non è soltanto l’asset management a dover crescere, ma anche il ramo danni. Oggi Generali è troppo sbilanciata nel ramo vita: infatti questo conta per il 77 per cento del profitto operativo, contro il 35 di Allianz. Il ramo danni fornisce un cash flow rilevante e assorbe molto meno capitale del ramo vita. «Fa bene Generali a voler crescere di più nel ramo danni dice un analista da Londra ma adesso deve farlo soprattutto all’estero. Perché in Italia questo segmento, di cui l’Rc auto è la parte preponderante, è oggi in grande sofferenza, a causa delle liberalizzazioni di Bersani. L’indicazione di accrescere la quota all’estero vale però anche per il ramo vita, che in Italia risente negativamente della correlazione BtpBund. E questa è una variabile esogena, non gestibile direttamente dal management. Bene dunque il business vita Ppf e quello portato avanti in Cina».
Comunque, secondo l’ultimo report di Jp Morgan Cazenove del 26 aprile scorso, anche in Italia «il business danni sta svoltando. Pensiamo che il solido profitto dell’attività di sottoscrizione in Germania sia sostenibile e, assieme alla ripresa in Italia e Francia, porterà utili e flussi di cassa più elevati». Da qui il giudizio “neutral” che sostituisce il precedente “underweight”. A 18 euro, contro i 15 di poche settimane fa, il target price, che ha quindi un potenziale upside del 20 per cento. Intermonte suggerisce addirittura un prezzo obiettivo di 19 euro.
Giudizio “hold” da parte di Kepler, secondo cui «nessuna esposizione ad aree sbagliate ed esigua esposizione alle catastrofi naturali rendono possibile un Roe più che proporzionale nel 2011, facendo di Generali una delle compagnie di successo nel settore nel 2011».
Riusciranno Perissinotto & C. a dare a Generali la svolta agognata dai tanti investitori? Il prudente giudizio di Banca Leonardo, che in un report firmato da Gianantonio Villani del 29 aprile continua a dare un rating “underweight” (e target price a 16 euro, più o meno i livelli attuali) nonostante la “soluzione” del problema della governance, dimostra che non per tutti gli analisti la missione è a portata di mano. «Ci sono tanti temi in ballo, dall’asset management alla crescita del danni dice un altro esperto dalla City ma in realtà non c’è un preciso business plan, non c’è visibilità sugli obiettivi e su come si possano concretamente raggiungere». Dall’azienda giungono segnali chiari: ogni obiettivo verrà perseguito con una crescita per linee interne, riservandosi soluzioni diverse solo se n
e presentasse l’occasione.