Finita la spinta speculativa legata a una possibile Opa, il mercato torna a concentrarsi sul business e aspetta di testare Erbetta sulla gestione Ma apprezza pure il commissariamento fatto da Unicredit con Peluso

di Gaia Giorgio Fedi – 21-05-2011

RICAPITALIZZAZIONI Una volta che le ipotesi di Opa sono scomparse dall’orizzonte di Fondiaria-Sai, e con esse l’appeal speculativo, il mercato è tornato a concentrarsi sui fondamentali del gruppo. E a chiedersi se l’assetto che si prospetterà per il gruppo assicurativo di casa Ligresti – dopo l’annunciata ricapitalizzazione che porterà il primo creditore Unicredit a diventare il secondo azionista (al 6,6%) – sia idoneo per avviare la pesante ristrutturazione necessaria al rilancio. La situazione è migliorata ma c’è tanta strada da fare: il primo trimestre 2011 ha mancato di poco il break-even dopo sei trimestri consecutivi di perdite, il combined ratio che misura l’efficienza del ramo danni è rimasto al di sopra del 100%, i premi sono scesi, e tra gli analisti da qualche tempo circolano dubbi sulla solidità delle riserve.
Si prospetta un lavoro faticoso per Emanuele Erbetta, seduto da pochi mesi sulla poltrona di amministratore delegato che era di Fausto Marchionni. Ma l’opinione prevalente tra gli addetti ai lavori è che dopo l’aumento, con il presidio forte di Unicredit e un management rinnovato, il quadro possa migliorare. Lo pensa Standard & Poor’s, che venerdì 20 ha rimosso FonSai e la controllata Milano Assicurazioni dal creditwatch negativo, confermato il rating del credito di lungo termine sulle controparti a BBB- e migliorando l’outlook a stabile. Una mossa motivata dalla «risoluzione delle incertezze» legate ai due aumenti di capitale, dopo il via libera della Consob all’accordo con Unicredit (senza obbligo di Opa) e la ristrutturazione del debito di Premafin. Ma l’agenzia potrebbe tornare ad abbassare i rating «se FonSai fallisse il ritorno all’utile nel 2012, o riportasse una perdita superiore a 100 milioni nel 2011 o un combined ratio netto superiore al 105%», si legge nella nota.
Dopo la schiarita sul fronte finanziario, il pallino è quindi in mano al management. «Ora Erbetta va visto all’opera sul risanamento – commenta un analista che chiede di non essere citato – in particolare sulla cessione dei rami secchi, una delle principali cause dei problemi di FonSai che dovrebbe puntare a rifocalizzarsi sul core business assicurativo». L’esperto ricorda a titolo esemplificativo l’eccessiva esposizione sul «real estate di sviluppo» anziché sul property puro (si veda l’operazione Citylife, dalla quale però il gruppo si prepara a uscire), le infelici acquisizioni di Atahotel, frutto di un trasferimento infragruppo voluto per alleggerire il peso della società (in rosso) sulle holding ai piani superiori della catena di controllo, la compagnia diretta Dialogo, che non ha mai fatto utili, la Banca Sai, sulla quale FonSai non ha mai investito. «Per fortuna Erbetta ha manifestato delle aperture su possibili cessioni di asset non strategici – aggiunge l’analista – ora occorrerà vedere se queste indicazioni si tradurranno in fatti». Gli addetti ai lavori giudicano corrette le iniziative avviate fino a ora (come aumenti tariffari, riposizionamento del business, accorpamento di agenzie). E l’ad, ancora poco conosciuto dalla comunità finanziaria perché durante l’era Marchionni agiva in posizione defilata, «ha manifestato un’attitudine market friendly e una certa autonomia dalla proprietà», come sottolinea il capo italiano di una società di investimento internazionale, «un aspetto importante perché molte delle passate operazioni, compreso l’aumento di capitale della controllata Milano Assicurazioni (che non ne aveva bisogno), non erano concepite secondo logiche di mercato». Discorso valido anche per la gestione delle partecipazioni azionarie, che secondo il primo analista «non sono efficienti, visto che si tratta di un portafoglio concentrato, per di più su titoli che non offrono grosse cedole».
Qualche scelta azzardata, in passato, è stata fatta dal management di cui pure faceva parte Erbetta, «ma come seconda linea, con scarsa autonomia rispetto a certe scelte», sottolinea un analista specializzato in assicurazioni, che dice di apprezzare il «commissariamento» di fatto attuato da Unicredit, che ha deciso di mettere in FonSai un suo uomo di fiducia (Piergiorgio Peluso, che affiancherà il management in qualità di dg, ndr), che possa avvisare la banca nel caso di operazioni borderline. Una scelta fin troppo blanda, quella di mettere un uomo solo – prosegue l’analista – presumibilmente dettata dalla necessità di non apparire come azionista di controllo e quindi evitare l’Opa», dalla quale Consob ha concesso l’esenzione in virtù dello stato di sottocapitalizzazione della società. «Una buona scelta, anche se la cosa migliore sarebbe stato un intervento più drastico, con l’azzeramento dei vertici e la conversione del debito in equity», chiosa il primo analista. Più misurata la reazione di Patrizio Pazzaglia di Bank Insinger, secondo il quale «l’impegno di Unicredit nel gestire in prima persona il rilancio di FonSai è un segnale incoraggiante per il mercato». Quanto a Peluso, secondo Pazzaglia il banchiere «è un manager di buona e provata esperienza, la sua discesa in campo rafforza la previsione che il management possa essere in grado di produrre risultati più incoraggianti». E col ritorno dei fondamentali può portare a una cessione, su multipli decisamente più elevati rispetto a quelli attuali». E, a quel punto, finalmente potrebbero essere anche gli azionisti di minoranza a festeggiare.