di Francesco Sottile

Nei giorni sorsi l’Ivass ha pubblicato l’intervento del Segretario Stefano De Polis al Forum Mondo Institutional “L’asset allocation delle Compagnie di Assicurazione: quale evoluzione? Strategie e vincoli regolamentari nel nuovo contesto di mercato” dello scorso 27 marzo.

L’occasione è stata buona per fare il punto in merito all’adozione, da parte delle compagnie assicurative, dei processi di definizione e governo dei prodotti assicurativi, con particolare riferimento al valore per la clientela e alle caratteristiche ESG.

I dati attuali mostrano che i prodotti con caratteristiche di sostenibilità sono meno costosi di quelli non ESG. Nel richiamare il “Rapporto 2023 Rischi da catastrofi naturali e di sostenibilità: monitoraggio annuale” De Polis evidenzia come “l’adozione dei principi ESG è relativamente recente, la maggior parte delle compagnie di assicurazione ha adottato tali principi da meno di 5 anni. La quasi totalità delle imprese di assicurazione ha dichiarato di essersi data obiettivi connessi al raggiungimento di predefiniti livelli di eco-sostenibilità del portafoglio investimenti, nella prima fase fissati per lo più in termini di obiettivi di esclusione di specifiche attività economiche (es. per emittenti, per paesi, per settori) e di “decarbonizzazione” nelle strategie di investimento. In generale è emerso che le attività di catalogazione ESG degli attivi e di revisione delle politiche di investimento delle compagnie italiane sono nel complesso avanzate, specie nelle imprese di medio-grandi dimensioni”.

È stato successivamente richiamato il Regolamento Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR), che classifica i prodotti finanziari “sostenibili” secondo 3 livelli crescenti:

  • prodotti che includono i rischi di sostenibilità nelle scelte di investimento;
  • prodotti light green, che promuovono le caratteristiche ambientali o sociali nelle politiche di investimento
  • prodotti dark green, che includono gli investimenti sostenibili come obiettivo della politica di investimento.

De Polis ha successivamente richiamato la recente indagine svolta a marzo 2024 dall’istituto di vigilanza sulle caratteristiche ESG delle polizze IBIPs. Tale indagine ha coinvolto 18 compagnie di assicurazione italiane e ha individuato 106 polizze classificate come “sostenibili”, relative a oltre 1,1 milioni di contratti, per una raccolta premi di circa 48,8 miliardi di euro dall’inizio della commercializzazione. Le multiramo rappresentano la parte più consistente del campione (45%), a seguire le unit linked (29%) e le rivalutabili (25%). È inoltre emerso come “non risultano polizze nuove create ad hoc ma inserimenti di attivi ESG tra gli investimenti sottostanti alle polizze già in commercio. Il 92% delle polizze segnalate sono classificate light green; la restante quota è relativa a polizze ex art. 6 SFDR; non sono stati comunicati prodotti dark green”.

Emerge inoltre come manchino ancora metodologie di classificazione condivise: per la selezione degli investimenti con caratteristiche di sostenibilità le compagnie ricorrono a società esterne, ciascuna delle quali utilizza propri rating per la valutazione della natura ESG degli attivi.

In alcuni casi le Compagnie si sono dotate di criteri di esclusione degli investimenti non conformi a canoni di sostenibilità ambientale, ovvero sociali o di governance: è il caso, ad esempio, degli investimenti in società e gruppi che producono armi bandite da convenzioni internazionali (es. le mine anti-uomo).

In merito alla distribuzione dei prodotti ESG, De Polis evidenzia come “talvolta i questionari Demand and Needs ancora non consentono di rilevare puntualmente le preferenze di sostenibilità dei clienti o di ricondurle con chiarezza ai criteri di definizione dei portafogli ESG. Dall’analisi non sono emersi palesi casi di greenwashing dal lato dei prodotti ma è evidente che la qualità dell’offerta è destinata a crescere con l’irrobustimento dei sistemi di selezione degli investimenti e la disponibilità e qualità dei dati in materia di investimenti eco sostenibili, in particolare di quelli ammissibili sulla base degli indicatori fondamentali di prestazione della Tassonomia europea”.

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