di Daniele Bussola

Nelle ultime settimane sono comparsi molti articoli sulla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima la prescrizione di 2 anni delle polizze vita in base alla norma che era in vigore dal 28/10/2008 al 18/12/2012.

Ma cosa cambia veramente per le polizze che si sono prescritte in quel periodo?

La Corte Costituzione ha stabilito che il termine di prescrizione di 2 anni per far valere i diritti derivanti dai contratti di assicurazione sulla vita è troppo breve e perciò lesivo dei diritti dei beneficiari.

Con la sentenza n. 32 del 29 febbraio 2024 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2952, secondo comma, del Codice Civile (nella versione in vigore tra il 2008 e il 2012), “nella parte in cui non prevede l’esclusione, dal termine di prescrizione biennale, dei diritti che derivano dai contratti di assicurazione sulla vita, per i quali opera la prescrizione decennale”.

La Corte Costituzionale ha stabilito che la prescrizione biennale risulta irragionevole e limitativa dell’effettiva possibilità di esercizio dei diritti derivanti dal risparmio previdenziale, così come tutelato dall’articolo n. 47 della Costituzione che recita: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.

La Suprema Corte ha evidenziato che le polizze vita sono uno strumento di risparmio previdenziale, ma sono anche caratterizzate da una funzione di accumulo che non giustifica un termine di prescrizione così breve.

La dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una norma ha efficacia anche nei processi in corso, ma non incide sulle pratiche già irreversibilmente chiuse.

In base a quanto disposto dell’articolo 136 della Costituzione e dall’articolo 30 della Legge n. 87 dell’11 marzo 1953, la pronuncia d’illegittimità costituzionale di una norma di legge determina la cessazione della sua efficacia erga omnes ed impedisce che, dopo la pubblicazione della sentenza, essa possa essere applicata ai rapporti giuridici in relazione ai quali risulti rilevante.

La Legge n. 87 dell’11 marzo 1953 stabilisce che “le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione“.

Ne discende che la decisione dichiarativa d’incostituzionalità ha efficacia anche nei confronti dei rapporti giuridici sorti anteriormente purché ancora pendenti, ovvero quei rapporti nell’ambito dei quali:

  • non siano decorsi i termini di prescrizione o decadenza per l’esercizio dei relativi diritti;
  • e per i quali non si sia formato il giudicato, ovvero la sentenza sia diventata definitiva.

Nel caso in esame però cambia poco perché:

  • non ci sono nuove polizze vita i cui diritti si prescrivono in 2 anni in quanto con la riforma del 2012 tali diritti si prescrivono in 10 anni;
  • le polizze che nel periodo dal 28/10/2008 al 18/12/2012 si sono prescritte in 2 anni e i cui importi sono stati devoluti al Fondo Depositi Dormienti non sono toccate dalla sentenza della Suprema Corte;
  • a beneficiare della sentenza sono solo le polizze prescritte nel biennio già citato e che hanno contenziosi ancora aperti.

Perciò le polizze che sono state dichiarate prescritte in 2 anni e il cui importo è stato versato al Fondo Depositi Dormienti non verranno rimborsate ai beneficiari in seguito alla citata sentenza della Corte Costituzionale.

Il rimborso, di solito parziale, potrà avvenire solo in seguito all’apertura, da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) in collaborazione con la CONSAP, di nuove finestre per la presentazione di richieste di rimborso delle polizze vita dormienti i cui importi sono stati versati dalle Compagnie assicurative al Fondo Depositi Dormienti.

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