Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

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Sfumata l’operazione Guggenheim, asset manager americano, anche il dossier della vendita di Banca Generali pare uscito dalle opzioni di valorizzazione da parte del Leone. Nel rispondere ai soci in vista dell’assemblea del prossimo 28 aprile la compagnia assicurativa ha fatto sapere che la controllata (al 50,17%) guidata da Gian Maria Mossa «è un asset importante grazie alle sue ottime performance». Inoltre l’ultimo «piano strategico prevede lo sviluppo organico della banca stessa come parte del gruppo». Nel caso specifico, un azionista chiedeva se il Leone avesse mai preso in considerazione l’ipotesi di cedere una quota di maggioranza di Banca Generali o se fosse in trattativa per farlo. L’opzione era emersa lo scorso anno come modo per finanziare l’acquisto del gestore americano. Al momento, dunque, le uniche cessioni sul tavolo del ceo Philippe Donnet sono quelle della tedesca Pensionskasse e della compagnia Danni Tua Assicurazioni. Quest’ultima potrebbe fruttare alle casse triestine circa 300 milioni di euro.
Il nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza non sta ancora producendo gli effetti immaginati dal legislatore per ridurre il numero di nuovi procedimenti di fallimento e liquidazioni giudiziali. A dirlo sono i dati elaborati dall’Osservatorio Cherry Sea, realizzato dalla startup fintech Cherry srl, sull’attività delle prime venti sezioni fallimentari per volume di attività in Italia. Nei primi tre mesi dell’anno il numero complessivo di nuove procedure aperte è aumentato del 4%, per un totale di 1.072 pratiche sopravvenute. Di queste 218 sono fallimenti – quindi con i ricorsi per la dichiarazione di fallimento depositati prima del 15 luglio 2022 e che seguono le disposizioni della vecchia legge fallimentare – e 854 liquidazioni giudiziali regolate dal nuovo codice.
Il disegno di legge votato dal Consiglio dei Ministri la scorsa settimana rappresenta non già un passo importante per l’educazione finanziaria ma un vero e proprio balzo in avanti per il nostro Paese. Con l’educazione finanziaria obbligatoria a scuola, all’interno dell’educazione civica, si darà accesso a tutti a una conoscenza che è diventata essenziale, una necessità. Fin dalla sua costituzion, il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria si è concentrato sui giovani e sia nella strategia nazionale che nei programmi nazionali dei nostri due trienni di lavoro l’educazione finanziaria nella scuola è indicata come il percorso necessario per accrescere le conoscenze e competenze finanziarie nel nostro paese.
Lo scorso 31 marzo l’assemblea di Unicredit ha dato luce verde al nuovo stipendio del ceo Andrea Orcel, che quest’anno potrà arrivare fino a 9,75 milioni. Una nutrita compagine di investitori ha però bocciato la politica di remunerazione del gruppo, come attesta il verbale dell’assise depositato ieri. Pochi i nomi italiani. Tra questi spicca Fideuram, la divisione di private banking di Intesa Sanpaolo, che ha bocciato la relazione di remunerazione di gruppo con un pacchetto di circa 2,5 milioni di azioni attraverso i veicoli Comparto piano azioni Italia, Comparto piano bilanciato Italia 50 e Comparto piano bilanciato Italia 30. Tra i contrari spiccano anche Lazard (2,34 milioni di azioni), i fondi di Goldman Sachs (2 milioni di azioni), Invesco (5 milioni), Bbva (2,8 milioni), Santander (circa 202 mila azioni), Nordea (1,5 milioni), Ubs Lux Fund (1,9 milioni) e Zurich Life Assurance (1,7 milioni). La bocciatura è arrivata anche dai fondi pensione dei dipendenti pubblici e degli insegnanti della California, dal Washington State Investment Board, dal City of New York Group Trust e dalla Caisse de dépôt et placement du Québec. Sulla politica di remunerazione si sono invece astenuti tra gli altri la Fondazione Cassamarca (2 milioni di azioni), Generali Italia (1,3 milioni) e diversi fondi di Allianz, storico socio e alleato industriale di Unicredit sul fronte della bancassurance.

Infortuni sul lavoro, l’impresa viene condannata per i tagli. Dopo l’incidente mortale al lavoratore, non soltanto il titolare risponde di omicidio colposo, ma scatta anche la condanna alla società ex decreto legislativo 231/2001. Si configura a carico dell’azienda la colpa organizzativa che integra la responsabilità amministrativa degli enti: è duplice il vantaggio economico che la compagine ricava dal deficit di sicurezza perché risparmia sia sul personale sia sulla formazione. E ciò perché non forma squadre di lavoro in modo che più addetti possano svolgere l’attività senza rischi né cura l’affiancamento della vittima, che ha imparato le mansioni da svolgere soltanto guardando i colleghi. Così la Corte di cassazione con la sentenza 17006/23, pubblicata dalla quarta sezione penale.
La crisi taglia le pensioni. Quanti si metteranno a riposo quest’anno e nei prossimi anni, infatti, avranno diritto a una ridotta rivalutazione del montante contributivo relativo all’anno 2021, al fine di recuperare la mancata crescita del Pil nei cinque anni precedenti. Essendo il montante la base di calcolo della pensione, quest’ultima di conseguenza risulterà d’importo ridotto (una sorta di “tassa” che colpisce i futuri pensionandi, quando l’economia gira male). Lo rende noto il messaggio 1165/2023 in cui l’Inps fissa, appunto, i coefficienti di rivalutazione del montante contributivo per le pensioni decorrenti dall’anno 2023. È andata bene, invece, ai pensionati dell’anno scorso, perché non hanno subìto (né la subiranno più) la ridotta rivalutazione.
Banca Generali è un asset importante per il gruppo grazie alle sue ottime performance e il piano strategico “Lifetime Partner 24: Driving Growth” prevede lo sviluppo organico della banca stessa come parte del gruppo Generali»: così, nelle risposte agli azionisti in vista dell’assemblea, la compagnia triestina ha replicato sulla possibile cessione della quota del Leone. Un dossier che sembra avere riacquistato una certa attualità dopo le recenti dichiarazioni del neo presidente di Fondazione Crt, Fabrizio Palenzona, e del patron di Mediolanum, Massimo Doris.

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Nessuno si fida più. Il timore che la crisi di Eurovita possa trasformarsi in crisi di fiducia nell’intero settore si sta facendo realtà. La mossa che ha minato la fiducia dei risparmiatori è il congelamento dei riscatti fino al 30 giugno. Sono circa 350mila i clienti che non possono riprendersi il proprio denaro. Se potessero, lo farebbero in moltissimi. Non era mai successo prima d’ora in Italia nel ramo vita. Il blocco è stato deciso proprio per scongiurare la fuga, che porterebbe Eurovita nel baratro. Quelle che seguono sono le testimonianze di alcuni assicurati, rimasti per ora con il cerino in mano, raccolte con l’aiuto di Confconsumatori.  Di riprendersi i soldi al primo momento utile parlano in molti nel gruppo Facebook “Crisi Eurovita” creato da Alfredo Savoia, di Rossano Calabro e cliente a sua volta.  Confconsumatori propone una soluzione-ponte: le banche potrebbero liquidare le polizze ai risparmiatori e subentrare nel contratto. In questo modo i clienti riavrebbero il loro denaro e le banche non subirebbero perdite perché, a scadenza, si riprenderebbero la somma da Eurovita. O da chi l’avrà rilevata.
Due terzi del capitale di Generali appartiene a soci esteri. È emerso dall’incontro con gli azionisti, tenuto ieri in vista dell’assemblea del 28 aprile. «Assicurazioni Generali annovera circa 180.000 azionisti, il 70,04% dei quali basati in Italia e il 28,12% all’estero: tali dati sono riferiti alla data del 10 marzo 2023 e non considerano eventuali successive variazioni”, ha spiegato un portavoce del gruppo. Rispondendo a un altro azionista, preoccupato per le conseguenze di un possibile scontro Cina-Taiwan, Generali ha fatto sapere che a fine 2022 le società del Gruppo detenevano a Pechino investimenti pari a euro 14,2 miliardi, a cui si aggiungono ulteriori euro 3,1 miliardi di esposizioni finanziarie.

Solo un quarto delle perdite economiche nell’Unione europea dovute a catastrofi naturali collegate al clima, come alluvioni e incendi, viene assicurato. In alcuni Paesi, tra i quali l’Italia, questa percentuale scende sotto il 5%. Il divario tra perdite assicurate e non assicurate da parte di famiglie e imprese è molto ampio, la quota dell’utilizzo di assicurazioni è bassa ed è prevedibile che questo gap tenderà ad aumentare tanto più continueranno a crescere – come accaduto negli ultimi anni – la frequenza e la gravità delle catastrofi e il costo dei premi, con ripercussioni negative per l’economia e per la stabilità finanziaria. Per questo, i settori privato e pubblico su scala nazionale ed europea devono correre ai ripari e lavorare insieme in piani di azione per incentivare un maggiore utilizzo delle assicurazioni contro le catastrofi naturali.

Handelsblatt

 

Attualmente, solo circa un quarto delle perdite dovute a catastrofi climatiche nell’UE sembra essere assicurato. Anche gli stessi assicuratori stanno aumentando il divario.