IL SETTORE VALE 11,6 MILIARDI DI EURO DI RISPARMIO PER LO STATO (PARI ALLO 0,7% DEL PIL 2020)
di Daniele Cirioli
Dilaga il lavoro nero tra i domestici. Complessivamente, il settore annovera 2,308 mln di datori di lavoro (ma soltanto 992mila regolari, cioè iscritti all’Inps) per 2.141 mln di lavoratori (ma soltanto 921mila regolari). Il resto è tutto in nero: 1,316 mln di datori di lavoro e 1,220 mln di lavoratori. A stimare le cifre è l’osservatorio nazionale Domina sul lavoro domestico, nel III rapporto annuale che verrà presentato l’8 aprile al Senato. Il settore vale 11,6 miliardi di euro di risparmio per lo stato (0,7% del Pil 2020). A fronte di una spesa attuale di 23,3 miliardi di euro per l’assistenza, infatti, senza il contributo delle famiglie (del lavoro domestico) la spesa sarebbe di 34,9 miliardi di euro (per ospitare gli anziani in strutture).

Il lavoro domestico in Italia. Secondo gli ultimi dati dell’Inps (anno 2020), i lavoratori domestici sono oltre 920 mila, in aumento rispetto all’anno precedente (+ 7,5%). Il settore è caratterizzato per forte presenza straniera (68,8% del totale) e per prevalenza femminile (87,6%), anche se negli ultimi anni si è registrato un’inversione di tendenza con l’aumento della componente italiana e degli uomini.

Dilaga il lavoro nero. Una delle principali criticità del settore è il «lavoro nero». Dai dati dell’Istat, infatti, emerge che il lavoro domestico è nettamente al comando della classifica dei settori con il più alto tasso d’irregolarità: 57%, in base ai dati del 2019, quasi cinque volte superiore alla media degli altri settori (pari al 12,6%). A favorire l’exploit del lavoro nero contribuiscono, probabilmente, la natura del rapporto di lavoro (familiare, fiduciario) e il luogo della prestazione, generalmente l’abitazione privata dove è molto difficile effettuare controlli come avvengono nelle aziende e nelle fabbriche.

Effetto Covid e sanatoria. La pandemia ha «spinto» l’emersione del lavoro nero. Nell’anno 2020, infatti, le assunzioni hanno superato i licenziamenti di quasi 124mila unità, molto più dell’anno precedente quando il saldo è stato pari a solo 15 mila unità. In particolare, andando ad esaminare i dati mensili, si nota che le assunzioni registrano un picco nel mese di marzo (primo «lockdown» per Covid) e nei mesi di ottobre e novembre, quando ci sono state le nuove restrizioni anti-Covid e i primi effetti della regolarizzazione dei lavoratori stranieri (sanatoria del decreto legge n. 34/2020, c.d. «decreto Rilancio», con 125 mila nuovi lavoratori nel biennio 2020/2021). Evidentemente, le restrizioni per la pandemia hanno influito sulle scelte delle famiglie che hanno preferito avviare nuovi contratti di lavoro per avere la certezza della presenza del lavoratore.

Fisionomia del lavoro domestico. Guardando ai dati «ufficiali» (non considerando, cioè, il lavoro nero), i datori di lavoro sono 992.587 (si veda la tabella in pagina) e danno occupazione a 920.722 lavoratori. La presenza maggiore dei datori di lavoro è in Lombardia (182.482) seguita da Lazio (161.356) e Toscana (83.266). Il 35,9% dei datori di lavoro ha 80 anni o più e il 31,5% fino a 59 anni. Sul versante lavoratori, la maggior parte è presente nel nord ovest (30,2%). Il 52,3% svolge mansioni di colf, il 47,5% di badante. L’età prevalente è tra i 50-59 anni (il 34%), seguita dalla fascia 40-49 anni (26,6%) e da quella di 60 anni e oltre (18,75). L’orario di occupazione settimanale è prevalentemente tra le 20 e le 29 ore (il 32,7%) e oltre le 40 ore (il 21,5%).

Il bonus «baby-sitting». Nell’anno 2020 il lavoro domestico è influenzato anche dal bonus, erogato dall’Inps mediante il «Libretto Famiglia», che prevedeva un importo massimo di 1.200 euro per nucleo familiare (2.000 euro per lavoratori dipendenti del settore sanitario pubblico e privato accreditato), da utilizzare per prestazioni di assistenza e sorveglianza figli nel periodo di chiusura dei servizi educativi scolastici. Nel 2020 sono state presentate 1,3 mln di domande, con un tasso medio di accoglimento dell’82,6%. L’importo totale erogato è stato 815,43 mln di euro. In Lombardia sono state presentate 282 mila domande; seguono Veneto (161 mila) e Lazio (132 mila).

Più ricorso al «Libretto Famiglia». Nell’anno 2019 il numero di lavoratori domestici assunti tramite Libretto Famiglia (necessario anche per utilizzare il bonus baby sitting) è sempre oscillato tra 6-11 mila unità. Nel 2020, l’indicatore ha registrato un picco improvviso a marzo (primo «lockdown»), superando le 100 mila unità, e ha continuato a crescere fino a giugno, quando ha superato le 300 mila unità. Nei mesi estivi ha cominciato a diminuire, tornando nell’ordine delle 10-13 mila unità a partire da settembre.

L’impatto sui conti pubblici. Per la gestione dei lavoratori domestici, le famiglie italiane nel 2020 hanno speso un volume complessivo di 14,9 miliardi: 7,2 miliardi per i lavoratori regolari e 7,7 miliardi per quelli in nero, non regolari. L’impegno dei datori di lavoro domestico si traduce inevitabilmente in un risparmio per le casse pubbliche, rendendo di fatto le famiglie veri e propri attori di welfare. Si tratta, in altre parole, di una spesa complessiva di circa 15 miliardi di euro, che porta allo Stato un risparmio di 11,6 miliardi di euro (lo 0,7% del Pil). Questo, è infatti, l’importo di cui lo Stato dovrebbe farsi carico se gli anziani accuditi in casa venissero ricoverati in strutture.
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