di Anna Messia
A chi non piacerebbe immaginare che le Generali possano in poco tempo produrre più utili e realizzare un’operazione straordinaria che porti la prima compagnia italiana in cima alla classifica europea del settore assicurativo, scalzando con una sola mossa colossi come Allianz o Axa. E’ indubbio che gli obiettivi di crescita presentati al mercato lo scorso 25 aprile dal tandem Luciano Cirinà e Claudio Costamagna, rispettivamente candidati ceo e presidente della lista messa a punto da Francesco Gaetano Caltagirone, siano attraenti. La promessa di realizzare un tasso medio annuo di crescita (cagr) dell’utile per azioni (eps) superiore al 14%, puntando anche sulle operazioni straordinarie, ben oltre il 6-8% promesso dall’attuale ceo della compagnia, Philippe Donnet, che ha il sostegno del cda per un terzo mandato (oltre che di Mediobanca), rappresenta un richiamo allettante. Ma tanti sono i dubbi espressi dagli analisti dopo la presentazione a Milano di «Awakening the lion», alludendo al fatto che c’è bisogno di svegliare il Leone (simbolo delle Generali) che negli ultimi anni è rimasto dormiente mentre le altre grandi assicurazioni europee continuavano a crescere.

Il primo interrogativo è legato al fatto che, inevitabilmente, il progetto non può essere considerato un vero e proprio piano industriale visto che è stato costruito dall’esterno della compagnia, nonostante il fatto che Cirinà, ex responsabile dell’area Austria ed Est Europa di Generali e uno dei sei membri del management board, conosca molto bene una parte del gruppo, quella che tra l’altro negli ultimi anni sta registrando tassi di crescita più promettenti. «La mancanza di dettagli e granularità su come conseguire i target crea numerose incertezze sulla concretezza del programma, rendendone bassa la visibilità», hanno scritto gli analisti di Equita, aggiungendo poi che il fatto che il programma, alternativo a quello dell’attuale ceo Donnet, a eccezione dell’M&A, «insista pressoché sulle medesime leve identificate da Generali nel business plan: dalla razionalizzazione del posizionamento geografico del gruppo all’efficientamento dei costi, dal focus sulla crescita nel business danni all’asset management». Con la spinta sulla digitalizzazione che li caratterizza entrambi. E poi c’è il fatto che una parte delle risorse destinate all’M&A, la spinta più forte prevista nel piano di Cirinà, arriverebbe da un aumento dell’indebitamento, che rappresenterebbe 2,5-3 miliardi rispetto ai 7 complessivi che si vorrebbero destinare alle operazioni straordinarie. «Una manovra che potrebbe destare preoccupazione per gli investitori», osservano da Morgan Stanley.

Intanto appare sempre più evidente che a decidere come finirà il riassetto di Generali sarà il mercato e non a caso i contendenti in questi giorni sono impegnati in road show con gli investitori istituzionali. Poco meno dell’8% arriva in particolare dagli Stati Uniti dove, non a caso, si sono recati di recente sia Cirinà e Costamagna (a Washington in particolare) sia Donnet, che si è spostato tra Boston e New York e nei giorni scorsi si è detto convinto di aver superato a pieni voti l’esame americano con gli investitori, soddisfatti dei risultati record raggiunti nel 2021 dalla compagnia e della lista del consiglio che sarà presentata all’assemblea degli azionisti. Una competizione che, in ogni caso fa decisamente bene al titolo Generali che venerdì 1° aprile ha chiuso a 21,11 euro, un valore record che non vedeva dal 2008, con i contendenti che continuano a comprare azioni in vista dell’appuntamento del 29 aprile: Caltagirone è al 9,52% e Leonardo Del Vecchio, che sostiene i piani dell’imprenditore capitolino, all’8,2% ma potrebbe salire anche lui a ridosso del 10%.

Non a caso in Banca Imi, dove su Generali hanno un target price a 21,40 euro, immaginano un supporto al titolo per gli ulteriori acquisti sul mercato e in Berenberg, dove danno per probabile la riconferma di Donnet, immaginano addirittura che possa essere lo stesso ceo a decidere di alzare un po’ i suoi target, in particolare del tasso medio annuo di crescita dell’utile per azioni (eps) che potrebbe salire all’11%. (riproduzione riservata)
Fonte: