Una delle critiche che ha occupato quattro pagine della presentazione del piano “Awakening the Lion” che è alla base del programma della lista che fa capo a Francesco Gaetano Caltagirone per le prossime elezioni del consiglio delle Generali riguarda il difetto del modello di governance. Secondo la lista Tripla C (Caltagirone- Claudio Costamagna- Luciano Cirinà), la governance del Leone è troppo schiacciata sulla figura e sui poteri del Ceo-Amministratore delegato, Philippe Donnet, e i rimedi proposti sono l’istituzione di un Comitato Esecutivo, di un direttore generale diverso dall’amministratore delegato e di un Lead independent director. Sia la lista presentata dal Cda attuale delle Generali sia quella antagonista vantano fior di professionisti esperti nella corporate governance, per cui l’addentrarsi in questa materia rischia di essere foriero di inesauribili dibattiti, a beneficio di pochi. Del resto, quello della divisione dei poteri in seno alla compagnia è un pendolo che oscilla da tempo immemore. Si è passati da presidenze fortissime sul piano esecutivo, come quelle di Cesare Merzagora, Enrico Randone, Alfonso Desiata, Antoine Bernheim, alcuni esautorati improvvisamente alla vigilia dell’assemblea di bilancio per incompatibilità con gli allora vertici di Mediobanca (per tantissimi anni il mandato aveva un anno di durata) . Poi, con l’arrivo di Perissinotto, la figura del capo azienda si incentrò sull’amministratore delegato. Mario Greco, che gli subentrò, fu ben felice di proseguire sullo stesso solco, e dopo la sua uscita anche con Donnet l’uomo solo al comando è stato l’amministratore delegato-chief executive officer. Una modifica di sostanza introdotta da Greco e confermata da Donnet fu nell’istituzione di un group management committee (Gmc), di cui fanno parte tutti i top manager del gruppo e che risponde direttamente al Ceo. Secondo alcuni architetti di governance, la presenza di un Gmc rende superflua la funzione di raccordo con la struttura rappresentato dal direttore generale. Ma anche qui non c’è una ricetta granitica.

Per capirne di più, si può andare a vedere come sono organizzati i grandi gruppi assicurativi e finanziari che possono essere assimilabili o più grandi delle Generali. Prendendo un campione rappresentato da Allianz, Aviva, Deutsche bank, Munich Re, Axa, Société Generale, Swiss Re, Zurich, Credit Suisse, Aegon e Bbva, l’unica istituzione ad avere la figura del direttore generale è Société Generale. Ma la figura in questo caso coincide con quella dell’amministratore delegato. Il colosso francese ha anche due vice-Ceo e due vicedirettori generali. Ci sono poi altri modi di spartirsi il potere che quello di nominare un direttore generale. Per esempio, così come in passato in Generali, in Deutsche Bank c’è il presidente che è esecutivo e ha precisi poteri. In Axa c’è un vice-Ceo.

La presenza di un presidente esecutivo in Deutsche rimanda a una questione ancora non chiarissima nella governance proposta dalla lista Tripla C: dal suo ruolo nella presentazione del programma, per la sua autorevolezza e per il passato di Claudio Costamagna, è lecito attendersi che non sarà un presidente non esecutivo e indipendente, soprattutto quando nella compagnia si parlerà di operazioni straordinarie (fusioni, acquisizioni etc.). In questo caso, la presenza di un presidente esecutivo comporterebbe due problemi. Il primo è che all’organo di vigilanza delle assicurazioni, l’Ivass (ormai costola di Banca d’Italia) la figura del presidente esecutivo non garba molto. Secondo il regolamento Ivass n. 38 del 3/7/2018, «Il presidente ha di norma un ruolo non esecutivo e non svolge alcuna funzione gestionale. In tal caso non è membro del comitato esecutivo, se costituito in seno all’organo amministrativo ai sensi dell’articolo 2381 del Codice civile, ma può partecipare alle relative riunioni, senza diritto di voto, al fine di assicurare l’adeguato raccordo informativo tra detto comitato e l’organo amministrativo». Ma si sa, ogni norma ha la sua eccezione, purché venga ben motivata.

Il secondo paradosso è se anche l’Ivass accettasse una presidenza esecutiva, in Generali potrebbero allora esserci un presidente, un amministratore delegato e un direttore generale tutti dotati di poteri di comando. Aggiungiamoci la presenza di un Comitato esecutivo, anch’esso richiesto appunto dalla lista Tripla C, e in fatto di governance la presenza di galli nel pollaio comincerebbe a essere piuttosto affollata.

Se invece la lista CCC optasse per la figura di un presidente così come lo raccomanda l’Ivass, allora una eventuale figura del Lead independent director (lid), ovvero il capo degli amministratori indipendenti (che sono tanti in entrambe le liste concorrenti), anch’essa proposta dalla lista Tripla C, si tradurrebbe in uno sbiadimento della figura del presidente, che verrebbe sostituito in molti comitati e in molte funzioni di governance dal Lid. Un personaggio del vissuto e delle qualità di Costamagna in quei panni ci starebbe molto comodo?

Quanto al Comitato esecutivo, solo 20 delle 220 società quotate in Italia lo hanno istituito e tra queste solo due tra le società di maggiore capitalizzazione. Ma una delle due è Mediobanca, che non ha presentato la propria lista ma che ha un rappresentante in quella dal Cda. E in Mediobanca è prevista anche la figura del direttore generale diversa dall’amministratore delegato. I fautori della lista Tripla C hanno quindi buon gioco a sottolineare la stranezza di una governance che va bene in casa del singolo maggiore azionista di Generali ma che non viene applicata anche nella controllata.Se però il giochino diventa il mostrare al mercato le contraddizioni in fatto di governance dei sostenitori dell’una o dell’altra lista, che cosa prevede la governance in casa Caltagirone? Scartabellando nei documenti ufficiali della sezione governance dei quattro titoli quotati del gruppo, ovvero Caltagirone Spa, Cementir Holding Nv, Caltagirone Editore, e Vianini , ecco che cosa emerge.

Nella Caltagirone spa il presidente e l’amministratore delegato coincidono nella stessa persona (il vicepresidente ha gli stessi poteri ma da esercitarsi solo in caso di accertato impedimento del presidente). In consiglio sono presenti sei membri della famiglia e quattro indipendenti. Nella olandese Cementir holding, guidata dal bravissimo e molto apprezzato dagli analisti Francesco Caltagirone jr, anche qui presidente e ceo coincidono, e su nove componenti il consiglio cinque sono familiari. Nella Caltagirone Editore vi sono quattro membri della famiglia e cinque indipendenti nel consiglio. Infine, nella Vianini spa, anche qui la figura del presidente e dell’amministratore è combinata e su sette consiglieri quattro sono indipendenti. Da nessuna parte c’è un lead independent director, “atteso che tutte le determinazioni gestionali, anche se ricomprese nei poteri del Presidente e in sua assenza del vicepresidente, vengono assunte collegialmente con il contributo degli Amministratori Indipendenti” come recita la relazione di corporate governance di Caltagirone spa.
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