Secondo la Corte di cassazione è sufficiente il dolo generico a integrare gli atti persecutori
L’efficienza non si può raggiungere umiliando i dipendenti
di Dario Ferrara

È stalking aggravato il mobbing del datore. Condannato per atti persecutori il manager che vessa i dipendenti con contestazioni disciplinari pretestuose, creando un clima di terrore in azienda: «l’efficienza» nella produzione «non può essere raggiunta attraverso l’umiliazione dei dipendenti». E l’aggravante scatta per l’abuso di autorità da parte del superiore. Affinché si configuri lo stalking sul lavoro, d’altronde, è sufficiente il dolo generico: non risulta dunque necessario che le condotte di minaccia e di molestia siano dirette a un fine specifico, ma deve ritenersi sufficiente che determinino nelle vittime ansia, paura o un mutamento delle abitudini di vita. È quanto emerge dalla sentenza 12827/22, pubblicata il 5 aprile dalla quinta sezione penale della Cassazione.
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