di Angelo De Mattia
Mancano due giorni all’assemblea delle Generali nella quale si deciderà, definitivamente, quale delle due principali liste in competizione, quella del consiglio di amministrazione e quella di Caltagirone, si affermerà nel voto degli azionisti. Questi, comunque, hanno tempo fino a mezzogiorno di domani per votare. Sono accorte e ponderate le risposte date dal vertice delle Generali alle domande presentate dagli azionisti, in relazione alle particolari misure, ivi compresa quella sulle modalità del voto, per lo svolgimento dell’assemblea di dopodomani nel quadro del contrasto dei contagi da covid: risposte contenute in un fascicolo di 64 pagine. Al di là di qualche quesito, come quello a dir poco stravagante, in quanto riferito a una società, riguardante il credere o no in Dio – che ovviamente non poteva non avere la risposta, educata e ironica, di incompetenza – gli interrogativi posti sulle «parti correlate», sulle ipotesi circolate di vendita di Banca Generali o di un’opa su Mediobanca da parte di ambienti vicini a un azionista del Leone, nonché su piani di ristrutturazione del personale hanno ricevuto risposte che escludono la trattazione di diverse di queste materie da parte del consiglio di amministrazione o comunque negano che siano argomenti all’esame.

Qui, in ogni caso, si pone un primo problema: chi o coloro che rispondono ai quesiti sono i rappresentanti della compagnia, ma al tempo stesso sono componenti della lista del consiglio, dunque «una parte» in competizione. Potrebbe ritenersi «de plano» (anche se fino a un certo punto) il riferimento per quanto è stato fatto o non fatto. Non altrettanto può dirsi per gli impegni «pro futuro» perché, in questo caso, bisognerebbe far conoscere pure quelli delle liste concorrenti. Insomma, in questo versante è il carattere «double face» che pone problemi non facilmente risolvibili e, in ogni caso, solleva l’esigenza che la materia sia regolamentata e non solo per questo aspetto.

Quanto al prestito-titoli del 4,42% del Leone stipulato da Mediobanca, che così arriva a detenere una partecipazione del 17,22%, la risposta si limita, con una certa prudenza, a ricordare che è sempre ammessa la facoltà degli azionisti di adire l’autorità giudiziaria se ne ricorrano i presupposti. L’argomento è complesso ed è stato oggetto di numerosi commenti. L’Isla, l’International securities lending association, sconsiglia nettamente tali operazioni che compromettono fortemente le strategie di sostenibilità e di corporate governance nel settore. Si è poi posto il problema della giurisdizione e dell’applicabilità di tale indirizzo a Mediobanca, data la volontarietà della partecipazione , nonché il carattere pur sempre «privato» dell’associazione. Non esistono norme specifiche nell’ordinamento italiano che disciplinino la materia. Nè possono essere create da un’Authority. Ma la questione è suscettibile di una considerazione per i riverberi generali che potrebbe avere l’introduzione di una prassi che porti ad eleggere i componenti degli organi societari sulla base di prestiti, non di titoli di rischio, con la conseguenza che poco dopo il voto, con la restituzione del prestito, si determina un «vallo» tra la governance e la base azionaria. Quali che siano le forme del prestito di Mediobanca – si afferma che si tratti di un’operazione «pronti contro termine» – esso è diverso dal pegno, diritto reale su proprietà altrui, insomma su azioni proprie, che sarebbe stato costituito da Caltagirone per una percentuale di azioni nettamente inferiore a quella in prestito all’Istituto di Piazzetta Cuccia. Il «distingue frequenter» dovrebbe valere anche per gli opinionisti che formulano complete assimilazioni. Dunque, la eventualità di ricorrere alla «prova di resistenza» dopo il voto per verificare il fondamento di un eventuale vantaggio non certo fuori luogo. Certo, l’optimum sarebbe un’affermazione netta dell’una o dell’altra lista. Ma gli sviluppi non lasciano prevedere un tale esito. I margini si presentano ristretti, a meno che non vi siano grandi sorprese.

Intanto, ancora non si sa quale lista voterà la holding della famiglia Benetton che del Leone ha il 4% circa ed è in condizione di contribuire in maniera importante a un risultato vincente o no, ma in entrambi i casi di stretta misura. Naturalmente, l’approdo desiderabile sarebbe quello di scelte che siano compiute per i contenuti, la credibilità, l’innovatività dei rispettivi programmi. Ma gli sviluppi del confronto, che si verifica con posizioni contrapposte la prima volta dopo un secolo e mezzo, non hanno dato la primazia a questi aspetti. Resta da confidare, comunque, sulla regolarità dell’esito, ivi inclusa l’eventuale prova di resistenza. (riproduzione riservata)
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