Italia seconda in Europa e undicesima al mondo per attacchi ransomware, vale a dire le incursioni degli hacker che prima bloccano l’accesso a dispositivi come i server e poi pretendono un riscatto per liberarlo. Il poco invidiabile primato emerge dalla relazione della Cassazione che illustra le novità introdotte nella legge europea per dare seguito alla procedura d’infrazione aperta da Bruxelles contro Roma: decisivo il mancato completo recepimento della direttiva 2013/40/Ue. L’Italia, aggiungono i magistrati del massimario, è l’ottava nazione più colpita da malware in tutto il mondo. E la pandemia ha incrementato l’uso degli strumenti informatici: di conseguenza il tasso di criminalità informatica è salito in molti paesi. Nel nostro ordinamento, tuttavia, la normativa in materia di criminalità informatica si è sviluppata senza un disegno sistematico: hanno pesato invece contingenti necessità di tutela, cui il legislatore ha inteso far fronte di volta in volta, ovvero l’urgenza di adeguarsi a indicazioni e raccomandazioni di fonte sovranazionale. Con la legge 48/2008, per esempio, è stata ratificata la convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica, sottoscritta a Budapest il 23 novembre 2001: la maggiore novità è stata l’estensione della responsabilità amministrativa degli enti per un’ampia serie di reati informatici. La convenzione rappresenta la cornice giuridica di riferimento per la lotta contro la criminalità informatica anche per l’Unione europea, che la pone a base della direttiva 2013/40/Ue. Bruxelles rimproverava all’Italia di non aver sanzionato la messa a disposizione di programmi per compiere intercettazioni illecite e di non aver introdotto una pena detentiva massima di almeno due anni per una serie di reati, almeno nei casi più gravi. Con la legge 238/21 le camere si sono impegnate a rimediare. Anche se l’articolo 617 quinques cp, come emerge dai lavori parlamentari, non sembra dare pieno seguito alla richiesta proveniente dalla Commissione Ue di affermare la competenza giurisdizionale italiana per tutti i reati previsti dalla direttiva commessi all’estero da un cittadino italiano.
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