Il social network non è credibile e pertanto anche le offese valgono poco: così ha sostenuto, andando controcorrente, il Tribunale di Lanciano (sentenza della sezione prima, del 20 gennaio 2022 n. 43). Questa impostazione, che pretende di disarmare alla radice le reti social della capacità di intimidire e danneggiare, non è però quella accreditata dal governo, che con il decreto legge approvato dal consiglio dei ministri del 13 aprile 2022, ha alzato lo scudo protettivo contro i danni all’immagine della p.a. provocati dall’utilizzo scorretto da parte dei dipendenti pubblico dei social network.

Il decoro dell’ente pubblico ha ormai anche un rilievo virtuale e i responsabili della comunicazione delle pubbliche amministrazioni devono seguire l’andamento dei post di tendenza e di quelli virali. La lesione dell’immagine diventa anche fonte di un danno risarcibile, per lo meno sulla carta.

A dire il vero non è stata mai fatta o comunque non è mai stata resa nota una raccolta di dati a proposito di quanto valga la buona immagine, ad esempio, di un ente locale o di un ministero o di una scuola.

Nella giurisprudenza, in ogni caso, si fa largo un orientamento per cui gli utenti dei social network sono consapevoli che i post propri e altrui sono caratterizzati da elevati soggettivismo, improvvisazione e relatività, oltre che da strutturale apertura ad immediati commenti contrastanti e smentite, che hanno l’effetto di limitare la loro potenzialità lesiva della reputazione. Gl stessi utenti sono, dunque, consapevoli che messaggi con toni sguaiati, enfatici, deliberatamente faziosi, che offrono in termini generici rappresentazioni falsate e denigratorie di persone o eventi, si condannano da soli a una sostanziale irrilevanza e a una pratica inoffensività. Se tutto ciò sia in grado di disinnescare la capacità offensiva dei social è ancora da decidere. Nel frattempo, per precauzione, le pubbliche amministrazioni rafforzano le tutele e pretendono condotte corrette.
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