Anna Messia
Non è la prima volta che i proxy advisor, le società specializzate nelle raccomandazioni e nelle deleghe di voto, scendono in campo in Italia in una contesa in cui si presentano cordate contrapposte. Era già successo nel 2017, quando, intorno ad Alerion scoppiò la dura battaglia per l’energia eolica tra francesi, italiani e altoatesini. E non è neppure la prima volta che vengono chiamata a raccolta tanti piccoli quotisti. Era stato così nel 2016 con il tentativo di un aumento di capitale da 5 miliardi per il Monte Dei Paschi (poi sfumato) e il coinvolgimento di oltre 15 mila azionisti della banca più antica del mondo. Ma è in assoluto la prima volta che, intorno all’assemblea Generali che si terrà il prossimo 29 aprile, si verificano entrambe le cose: una forte contrapposizione, con la presentazione di due liste agguerrite (tre considerando Assogestioni) e un azionariato «popolare». I titoli di Generali Assicurazioni storicamente sono quelli preferiti dai cassettisti, passati spesso di mano di generazione in generazione e agli azionisti retail della compagnia fa capo il 21,98% delle azioni, con 175.135 risparmiatori che detengono tra 1 e 10 mila titoli (10,98%), con altri 6.819 che ne hanno tra 10 mila e 100 mila (10,66%). Un bacino che i proxi advisor incaricati dalle due liste concorrenti, Morrow Sodali per Generali e Georgeson-Proxitalia per conto di Francesco Gaetano Caltagirone (tramite la controllata VM2006), in questi giorni stanno scandagliando per raccogliere deleghe in vista per l’assemblea. Un confronto su cui giovedì 14 è piovuta la notizia dell’esposto di Generali in Consob per le dichiarazioni pubbliche rilasciate alla stampa da Caltagirone e dal suo candidato ceo, Luciano Cirinà, considerate «infondate e diffamatorie», fino a sollevare il dubbio della «liceità dell’attività di sollecitazione di deleghe» visto che le norme impongono «diligenza, correttezza e trasparenza». Una partita che si infiamma, con la mossa di Trieste che, secondo fonti vicine alla lista Caltagirone, sarebbe stata la conseguenza della richiesta alla compagnia di rendere noti i dettagli della trattativa per il passaggio di Banca Generali a Mediobanca (mai realizzato), informando anche Consob. Intanto, sempre giovedì c’è stata la record date, ovvero la data che «congela» tutte le azioni ai fini dell’assemblea perché per i titoli che dovessero essere acquistati successivamente non potrà essere esercitato il diritto di voto all’assise. I giochi, quindi, sono fatti e in questa partita campale per il futuro della compagnia anche un piccolo scarto di voti può contare. Gli analisti e gli altri proxy advisor che si sono pronunciati nei giorni scorsi (Iss e Glass Lewis) hanno suggerito, in modo praticamente unanime, di votare la lista del consiglio di amministrazione, sostenuta da Mediobanca (che del Leone ha in mano il 17,2%) e da De Agostini (con l’1,44%, anche se in uscita), che candida il group ceo Philippe Donnet per un terzo mandato. Il mercato, con gli investitori istituzionali che hanno circa il 35% del capitale, dovrebbe quindi essere a favore della riconferma del manager. Ma è altrettanto evidente che Caltagirone, con la sua proposta alternativa che sfida il consiglio e Piazzetta Cuccia, vuole far contare tutte le sue azioni. E non sono poche. L’imprenditore capitolino, che per la guida del Leone candida l’ex top manager di Generali Cirinà, ha il 9,52% e dalla sua ci sono Leonardo Del Vecchio (circa l’8%), e Crt con l’1,7%. Un peso importante, in questa partita, ce l’avrà poi Benetton (3,97%) che potrebbe sostenere Caltagirone, ma a oggi nulla sarebbe deciso. Gli occhi sono quindi puntati anche sul retail con i contendenti che hanno scelto di procedere con la sollecitazione di deleghe, affidando appunto il mandato ai due primari proxy advisor. Una pratica che, secondo la normativa italiana (unica in Europa), richiede la pubblicazione di un prospetto e che deve essere attivata quando viene superato il limite dei 199 azionisti contattati ai fini del voto. In campo, in questi giorni, sono già scesi i contact center delle due società, che potranno chiamare direttamente i singoli azionisti di Generali. La normativa prevede che gli intermediari siano obbligati a comunicare, entro 3 giorni dalla richiesta del promotore della sollecitazione di deleghe di voto, «i dati identificativi dei soggetti cui spetta il diritto di voto» e poi bisogna fare ricorso alle banche dati per arrivare ai recapiti. Si gioca quindi a carte scoperte e la macchina si è già messa in moto, con le deleghe di voto che potranno arrivare ai proxy advisor entro le 18 del 26 aprile. Nonostante in mezzo ci siano Pasqua e il ponte del 25 aprile i due proxy advisor, complessivamente, potrebbero presumibilmente arrivare al 4-5% di quel 20% di azioni detenuto dai piccoli risparmiatori. Ma è solo una stima visto che finora in Italia non c’è mai stata una sollecitazione di deleghe così ampia in una contesa tanto aspra. Banche, come Fineco, in questi giorni hanno scelto di informare attivamente i propri clienti possessori di titoli Generali delle sollecitazioni in atto. Ma per sapere se e quanto questo strumento che l’Italia ha deciso di normare a modo suo sia effettivamente utile ed efficiente non resta che aspettare il 29 aprile. Un motivo in più per tenere gli occhi puntati su Trieste. (riproduzione riservata)
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