di Rossella Savojardo
Lo stato di salute dell’economia globale ha solo iniziato a fare i conti con le conseguenze della guerra. I danni economici derivanti dal conflitto contribuiranno a un significativo rallentamento della crescita mondiale nel 2022 e aumenteranno l’inflazione con i prezzi del carburante e del cibo, già in rialzo, che colpiranno di più le popolazioni vulnerabili nei Paesi a basso reddito. Sono queste le prime evidenze che scaturiscono dal World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) che nel dettaglio prevede che la crescita globale rallenterà da una stima dal 6,1% nel 2021 al 3,6% nel 2022 e nel 2023. Si tratta di 0,8 e 0,2 punti percentuali in meno per quest’anno e per il prossimo rispetto alle previsioni del gennaio scorso. Dopo il 2023 gli esperti prevedono che la crescita globale scenderà al 3,3% nel medio termine. Nel dettaglio per i singoli paesi, le previsioni per il pil italiano nel 2022 sono scese dal 3,8% di tre mesi fa al 2,3%, mentre la proiezione di crescita per il 2023 è stata rivista dal 2,2% all’1,7%. «A pesare sull’economia italiana», sottolineano gli economisti, «è la dipendenza energetica dalla Russia». Per quanto riguarda i Paesi del conflitto le previsioni del Fmi vedono una riduzione del pil della Russia dell’8,5% nel 2022 con un ulteriore calo del 2,3% nel 2023. L’economia dell’Ucraina quest’anno è attesa invece in contrazione del 35%. «Anche se la guerra dovesse terminare presto, la perdita di vite, la distruzione e l’esodo della popolazione ostacolerà duramente l’attività economica del Paese per molti anni», avvertono gli economisti, che nelle loro stime hanno dato un occhio anche all’inflazione. Gli aumenti dei prezzi delle materie prime indotti dalla guerra e l’ampliamento delle pressioni sui prezzi hanno portato a proiezioni di inflazione per il 2022 del 5,7% nelle economie avanzate e dell’8,7% nei mercati emergenti e in quelli in via di sviluppo. (riproduzione riservata)
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