di Francesco Elli
Se il welfare aziendale è sempre stato un prezioso strumento di integrazione al reddito per le famiglie, durante l’ultimo anno, segnato dalla pandemia, il suo ruolo si è dimostrato ancor più importante. A certificarlo è il nuovo Osservatorio Welfare presentato da Edenred, da oltre 40 anni acceleratore di business per la propria rete di aziende partner come fornitore di servizi aggiuntivi che puntano a innovare e semplificare il mondo del lavoro sfruttando, soprattutto, la digitalizzazione.

Come si diceva, le difficoltà del sistema socio-economico del 2020 sono state un banco di prova importante per le misure di flexible benefits, che hanno dimostrato tutta la loro efficacia come supporto e integrazione al reddito: secondo l’analisi dell’Osservatorio Welfare, basato su un campione di 500 mila utenti e 3 mila imprese, il credito welfare pro capite disponibile nel corso del 2020 per singolo dipendente si è confermato in linea con i valori dell’anno precedente: 850 euro contro gli 860 del 2019. Un dato molto significativo in un contesto che ha visto il pil calare dell’8,8%, a conferma di come le imprese – spiega Stefania Rausa, Direttore Marketing e Comunicazione di Edenred Italia – «abbiano continuato a investire in queste misure di integrazione al reddito riconoscendone l’importanza nel rispondere alle esigenze dei propri lavoratori e delle loro famiglie».

Scendendo nei dettagli, l’Osservatorio evidenzia come il 76% del welfare sia erogato in base alle scelte unilaterali dei datori di lavoro; va tuttavia segnalata la crescita percentuale della componente contrattata con i sindacati e regolata da un contratto nazionale di categoria: 34%. Cresce (dal 14 al 18%) anche la percentuale di chi decide di convertire il premio di risultato cash in servizi welfare.

Per quanto riguarda i consumi, invece, la prima evidenza messa in mostra dai dati è il costante aumento del peso dell’aggregato fringe benefit (per esempio auto, cellulare o pc aziendale, assicurazioni, alloggi, mensa…) e area ricreativa, che raggiunge il 45%. All’interno dell’aggregato, però, si delineano due tendenze contrapposte: l’area Ricreativa scende dal 22 al 15%, certamente per via delle restrizioni dovute all’emergenza; mentre i fringe benefit aumentano dal 18 al 30%. Su questo secondo aspetto pesa la decisione del legislatore che, nel decreto Agosto ha previsto il raddoppio della tasca di esenzione fiscale da 258,23 euro a 516,46. Tra i beni in natura che beneficiano di questa disciplina di favore si annoverano, per esempio, i buoni spesa e i buoni carburante.

La parte del leone per quanto riguarda la spesa relativa al welfare sociale rimane, comunque, la macrocategoria istruzione, previdenza e sanità, che ricopre circa il 50% dei volumi di spesa complessivi per il 2020. All’interno dell’aggregato, calano i rimborsi per l’istruzione (dal 33,8% nel 2019 al 28,3% nel 2020) mentre aumenta la spesa in previdenza integrativa e complementare (dal 12,7 al 13,7%) e assistenza sanitaria (dal 7,6 all’8,9%). Come intuibile, a segnare un calo sono le spese per la mobilità, segnata dalle restrizioni della pandemia e dall’incremento dello smart working.

Un’ultima indicazione il report dell’Osservatorio lo dà alla distribuzione geografica e dimensionale del welfare aziendale: si conferma come l’adozione di misure di flexible benefit sia una scelta praticata principalmente da aziende medie e grandi, con il settore manifatturiero in testa. Geograficamente invece il welfare aziendale sembra essere prerogativa delle imprese del Nord (81%), segue il Centro (16%); nettamente staccato il Sud, con il 3%, nonostante qui abbiano la sede il 31% delle imprese nazionali. (riproduzione riservata)
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