Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

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L’aumento di capitale di 200 milioni chiesto dall’Ivass a Cattolica assicurazioni potrebbe essere sostituito o preceduto da una raccolta con un mix di obbligazioni convertibili e convertende, più fair verso i piccoli azionisti da preservare come azionariato storico. La proposta, dettagliata nei minimi particolari, arriva dal professor Francesco Brioschi. Classe 1938, professore emerito di corporate governance e finanza al Politecnico di Milano Brioschi è stato tra le altre cose research fellow negli anni 60 ad Harvard University. Ed è toccato in prima persona dal riassetto Cattolica, visto che è uno storico azionista della compagnia di Verona. Brioschi è stato molto favorevole al riassetto di governance chiesto da Ivass, che ha comportato anche la trasformazione di Cattolica da cooperativa a società per azioni. Ma l’ente regolatore ha richiesto alla società anche un aumento di capitale da 500 milioni, con la prima tranche che come noto è stato sottoscritta da Assicurazioni Generali per 300 milioni di euro (azionista con il 24,4%) mentre la seconda tranche dovrebbe perfezionarsi entro il 31 luglio per i residui 200 milioni.
«In Italia aderisce a un fondo pensione un lavoratore su tre, in Germania più di uno su due. E, nonostante ne abbiano più bisogno, proprio i giovani ci puntano poco. Insomma, c’è da fare molto, moltissimo, anche in settori di punta come quello bancario nel quale una storia di contrattazione porta a punte di adesione oltre il 90%». Questo il pensiero del segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, emerso nel corso del dibattito online «Fondi pensione: strategie di investimenti per il welfare dei giovani e il rilancio del Paese» organizzato dalla Federazione autonoma bancari italiani. Il dibattito sarà trasmesso sabato e domenica su Class Cnbc. «L’entrata in vigore a regime del metodo contributivo determinerà una riduzione secca delle pensioni: gli assegni saranno nettamente più bassi, rispetto a quanto accadeva in passato, dell’ultima retribuzione. Saranno penalizzati soprattutto i giovani, che spesso (per fortuna non accade in banca, grazie alle conquiste del sindacato) fanno lavori precari e pure discontinui. La previdenza complementare sarà cruciale per assicurare la sostenibilità del sistema previdenziale pubblico e sarà importante per evitare un futuro di pensionati con vitalizi drammaticamente bassi.
La chiusura delle indagini sulla vendita di diamanti da parte della Procura di Milano ha portato i pm a chiedere il rinvio a giudizio per 105 persone (dirigenti, ex manager, funzionari ed ex personale delle banche coinvolte) e cinque società, di cui quattro istituti di credito – BancoBpm, la controllata Banca Aletti, Mps e Unicredit – e il broker Idb. Le imputazioni sono, a vario titolo, truffa, autoriciclaggio e corruzione fra privati, per un presunto ingiusto profitto ai danni dei piccoli investitori, che la procura ha quantificato in circa 500 milioni, 314 dei quali per i broker delle pietre preziose. Intesa Sanpaolo e l’altro broker Dpi hanno chiesto il patteggiamento. Le parti lese, che potranno chiedere di costituirsi parte civile e partecipare al processo sono 575: si tratta di clienti delle banche che ritengono di essere stati truffati, delle due associazioni di consumatori (Codacons e Asso-Consum).
La pandemia è innanzitutto una tragedia umana. Milioni di persone hanno perso la vita in tutto il mondo e molte altre hanno sofferto ammalandosi. Ma è stata anche uno shock economico di portata eccezionale, durante il quale le fluttuazioni nella diffusione del virus e le misure di distanziamento sociale adottate per contenerlo si sono riflesse in forti oscillazioni dell’attività economica. Ad esempio, il pil dell’area dell’euro è diminuito dell’11,6% nel secondo trimestre del 2020, è aumentato del 12,5% nel terzo trimestre per poi contrarsi nuovamente dello 0,7% nel quarto trimestre. Non dovrebbe quindi sorprendere che il periodo della pandemia sia stato caratterizzato anche da una considerevole volatilità dell’inflazione. Nel corso del 2020 il tasso di inflazione è calato notevolmente, portandosi in territorio negativo negli ultimi mesi dell’anno, e sta ora registrando un’inversione in questi primi mesi del 2021. Al di là della variabilità di breve periodo, si prevede che nel 2020 e nel 2021 – gli anni segnati dalla pandemia – il tasso di inflazione sarà pari in media all’1% circa, un livello piuttosto vicino a quello del 2019

No al pegno di crediti su stipendi e tfr già soggetto a cessione del quinto. La perfetta assimilabilità tra costituzione in pegno e pignoramento (di crediti) consente di ricondurre anche la costituzione di pegno tra gli atti vietati su stipendi, salari, pensioni ed altri emolumenti dei dipendenti pubblici ai sensi dell’art. 1 del dpr 180 del 1950. Ciò alla stregua non già di una interpretazione analogica, bensì alla luce di una interpretazione teleologica, che ne consideri lo scopo.
È questo il principio sancito in una recente sentenza della Cassazione (29 gennaio 2021 n. 2151) in tema di pegno di crediti su stipendio e trattamento di fine rapporto già soggetto a cessione del quinto. La vicenda riguardava un lavoratore che con due atti distinti e successivi nel tempo aveva ceduto e acceso pegno sul proprio stipendio e tfr.
Il bene vita non deve essere inteso restrittivamente nell’ambito di una contrapposizione vita/morte, bensì in una concezione più ampia, che ricomprenda anche l’allungamento della vita quale bene giuridicamente rilevante anche se temporalmente non molto esteso. Così la Cassazione penale, sez. IV, con sentenza 26/1/2021, n. 5800. Il tribunale di Ravenna aveva assolto due medici, un anatomopatologo e un gastroenterologo, dall’imputazione di omicidio colposo, «per aver contribuito, per mezzo di condotte negligenti, imperite e imprudenti (avevano diagnosticato con sei mesi di ritardo un carcinoma pancreatico che affliggeva la donna, impedendole, di fatto, di cominciare una terapia chirurgica) a cagionare la morte di una donna». Il tribunale, anche se una diagnosi tempestiva avrebbe garantito una «cospicua percentuale di sopravvivenza», aveva statuito come non fosse «dimostrato con sufficiente certezza il nesso causale fra condotte colpose ed evento».
Un’assicurazione sul vaccino. Per tutelare i dipendenti da eventuali reazioni avverse. L’iniziativa, denominata Vaccino protetto, è di Arcoplex, azienda attiva nel settore delle materie plastiche con sede a Pontirolo Nuovo, in provincia di Bergamo. E per i lavoratori sarà gratuita. Lo scorso marzo, in pieno lockdown, era stata un’altra impresa bergamasca, Orto Bellina, a introdurre la prima polizza sul Covid in Italia in collaborazione con Generali. «Abbiamo studiato questa assicurazione che nel caso di contagio da coronarivus copre i dipendenti per eventuali spese di ricovero, con una quota che verrà elargita loro durante la degenza, oltre a garantire i servizi post ricovero», avevano spiegato i responsabili della ditta specializzata in prodotti alimentari biologici.
Anche le aziende di settori diversi dalla sanità possono prevedere l’obbligo per i dipendenti di vaccinarsi contro il Covid. A sostenerlo è Pietro Ichino, ordinario di diritto del lavoro dell’Università statale di Milano, considerato il padre del Jobs act, ex parlamentare del Pd. Il decreto legge varato dal governo sull’obbligo di vaccinazione per gli operatori sanitari non prevede l’estensione ad altri settori, così come non lo prevede il protocollo firmato questa settimana da governo, parti sociali ed Inail che apre alle vaccinazioni in azienda. Ma questo non osta, dice Ichino, perché «è l’articolo 2087 del codice civile ad attribuire in modo molto esplicito al datore di lavoro la responsabilità di adottare le misure necessarie» per eliminare il rischio di un focolaio di infezione. E la libertà di non sottoporsi a trattamenti sanitari sancita dall’articolo 32 della Costituzione? «La libertà personale sancita dalla Costituzione non può spingersi al punto di mettere a repentaglio la salute di altre persone», spiega Ichino.
  • Facile.it torna on air con i prodotti Rc Auto
Facile.it, il portale specializzato nel confronto delle tariffe, è in tv con un nuovo spot intitolato Ora mi sento così; al centro della campagna televisiva sono, ancora una volta, i prodotti Rc Auto. In onda da martedì scorso, lo spot è firmato dall’agenzia Serviceplan Italia con la regia di Igor Borghi e si avvale della produzione di The Bigmama.
  • Duemila imprese italiane sono controllate da tedeschi
per un fatturato di 75 miliardi, mentre sono di proprietà italiana 1.600 imprese tedesche, per 65 miliardi di fatturato. Si è costituita una unità economica, che include Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Baden Württemberg, Baviera e Renania e si vale della disciplina uniforme europea, così come se ne valgono due grandi imprese italiane, Unicredit e Assicurazioni Generali per operare in Germania e Allianz e Deutsche Bank per le loro attività in Italia. Trieste come porto marittimo e Verona come scalo merci ferroviario sono importanti per la Germania quanto Amburgo.

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  • Vaccini in azienda, ecco le regole: consenso informato, nessun obbligo
I lavoratori potranno essere vaccinati in azienda. Lo prevede il protocollo Inail approvato dal ministero della Salute che fissa le regole. Le aziende coinvolte consegnano il piano all’Asl specificando «il numero di vaccini richiesti per le lavoratrici e i lavoratori disponibili a ricevere la somministrazione». Le spese per la realizzazione e la gestione dei piani aziendali, «ivi inclusi i costi per la somministrazione, sono interamente a carico del datore di lavoro» — così stabilisce il protocollo — mentre «la fornitura dei vaccini, dei dispositivi per la somministrazione (siringhe e aghi) e la messa a disposizione degli strumenti formativi previsti e degli strumenti per la registrazione delle vaccinazioni eseguite è a carico dei Servizi Sanitari Regionali territorialmente competenti». Le adesioni alla somministrazione del vaccino «dovranno essere realizzate e gestite nel pieno rispetto della scelta volontaria rimessa esclusivamente alla singola lavoratrice e al singolo lavoratore, evitando ogni forma di discriminazione delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti». I lavoratori devono rilasciare «il consenso informato» dopo «il triage preventivo relativo allo stato di salute».

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  • I miliardari nel mondo aumentano di un terzo Il Fmi: imposta sui ricchi
Per qualcuno pandemia e lockdown sono stati una manna dal cielo: i miliardari. La classifica annua dei miliardari mondiali realizzata dalla rivista americana Forbes conferma questo bilancio: gli ultimi dodici mesi sono stati generosi con gli immensamente ricchi, i vincitori che dalla crisi hanno tratto maggiori guadagni. I loro ranghi sono aumentati del 30% aggiungendo 660 nuovi ingressi nel club che ora annovera 2.755 membri. Il loro patrimonio complessivo nel marzo 2021 ha raggiunto 13.100 miliardi di dollari ed è aumentato di ben 5.000 miliardi di dollari solo nei dodici mesi precedenti, in un periodo che per la maggioranza della popolazione è stato segnato da morti e malattie, disoccupazione e impoverimento. Al primo posto nell’elenco si conferma Jeff Bezos, fondatore e azionista di maggioranza relativa di Amazon. La sua azienda ha stravinto la sfida dei lockdown aumentando al 42% la sua quota del commercio digitale. Al secondo posto Elon Musk di Tesla, seguito da Bernard Arnault (Lvmh), Bill Gates, Mark Zuckerberg (Facebook). L’andamento eccellente di molte Borse, tra cui Wall Street, ha contribuito in modo decisivo al loro ulteriore arricchimento. Solo negli Stati Uniti i 400 più ricchi hanno visto la loro porzione del Pil raddoppiare in dieci anni, dal 9% nel 2010 al 18% nel 2020.

  • Istat: metà delle imprese a rischio per la pandemia
Quasi metà delle imprese italiane è «strutturalmente a rischio», solo l’11% risulta solido, mentre una su tre teme di non farcela a superare la pandemia. L’effetto più devastante è sul settore del turismo, con una diminuzione del 59,2% degli arrivi totali e del 74,7% di quelli dall’estero. Mentre a livello territoriale, le più colpite sono le Regioni del Centro-Sud. Le imprese più internazionalizzate e che appartengono a catene globali del valore non solo si mostrano invece più resistenti alla crisi ma non manifestano alcuna intenzione (a breve) di cambiare i loro rapporti con produttori o fornitori esteri (reshoring). È la fotografia scattata da Istat nel Rapporto 2021 sulla competitività dei settori produttivi. Una «mappa della solidità» delle imprese che indica come «circa il 45% è strutturalmente a rischio», soprattutto nei settori a basso contenuto tecnologico e di capitale umano.