Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

logo_mf

Il group ceo di Generali, Philippe Donnet, è già al lavoro sul nuovo piano industriale 2022-2024. Lo ha annunciato lo stesso top manager nel corso dell’assemblea di bilancio che si è tenuta ieri a Trieste, via web. Una riunione preceduta dalla mossa a sorpresa di Francesco Gaetano Caltagirone, vice presidente vicario e primo socio privato con una quota del 5,63%, che ha deciso di non depositare le proprie azioni in vista dell’assise: gesto che il mercato ha interpretato come un’aperta protesta nei confronti della governance della compagnia e di Mediobanca. Gli attriti erano emersi già nei mesi scorsi in Consiglio su operazioni strategiche per il gruppo (Malesia e Cattolica) e avevano trovato opposizione anche da Leonardo Del Vecchio, che di Generali ha poco meno del 5% e che è arrivato a detenere anche il 13,2% di Mediobanca, alla quale fa capo il 12,82% del Leone. Intanto ieri Donnet ha tirato dritto per la sua strada, annunciando che Generali sta completando con successo tutti gli obiettivi del piano industriale al 2021 ed è già al lavoro sulla definizione del nuovo progetto triennale.
Che le criptovalute non siano solo uno strumento per fare speculazione finanziaria era chiaro già da tempo: ne ha dato prova Elon Musk quando lo scorso marzo ha annunciato che Tesla accetta pagamenti in bitcoin e lo ha confermato anche Luca Fantacci, co-direttore dell’unità di ricerca Mints dell’università Bocconi in occasione del panel C’era una volta il bitcoin della terza edizione di MilanoCapitali 2021 di Class Editori.
La Banca d’Italia potrà imporre alle banche limiti a nuovi mutui e prestiti, in termini di loan-to-value (Ltv) e altri indici di rischio. Si tratta di misure regolate a livello nazionale e note come «borrower based» poiché basate sulle caratteristiche dei finanziamenti o dei soggetti che li ricevono. Inoltre Via Nazionale intende introdurre in Italia un buffer di capitale sui rischi sistemici previsto dalle regole Ue, anche se non obbligatorio nei Paesi. Entrambe le novità, raccomandate di recente dal Fmi, sono contenute in una consultazione che durerà 60 giorni. In seguito sarà varata la normativa definitiva. «Nonostante al momento in Italia non si rilevino rischi significativi che potrebbero essere efficacemente fronteggiati con queste misure, si ritiene necessaria la loro introduzione nell’ordinamento nazionale per un pronto utilizzo delle stesse in caso di necessità», ha osservato Palazzo Koch.
Il rilancio degli investimenti ripartirà dal gentil sesso? Si vedrà, ma intanto le premesse giocano a favore dell’universo femminile. In Italia le donne detengono il 10% della ricchezza privata totale, pari a circa il 35% del risparmio gestito dal private banking che si aggira sui 900 miliardi di euro.
Sono solo 60 mila le donne italiane di alto profilo, cioè professioniste, imprenditrici, dirigenti con disponibilità finanziaria di almeno 250 mila euro, equivalenti allo 0,2% della popolazione femminile, mentre nella popolazione maschile, gli investitori di alto profilo arrivano all’1%, cinque volte tanto. E si differenziano rispetto agli uomini perché sono pronte a investire il 60% del proprio patrimonio in progetti di lungo periodo, tanto che solo il 4% di loro esprime una preferenza a tenere la propria liquidità ferma sul conto contro l’8% degli uomini.
Il dossier Carige è tornato nel radar delle principali banche italiane che per il momento non hanno nascosto la cautela verso l’ipotesi di un’acquisizione. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza nei giorni scorsi si sarebbe conclusa l’attività di pre-marketing attraverso la quale gli advisor del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Kpmg e Deutsche Bank) avrebbero sondato il livello di interesse del sistema. Il dossier della cassa genovese sarebbe stato così portato all’attenzione dei principali istituti della penisola per una prima mappatura dei possibili pretendenti. L’obiettivo? Negli auspici del Fitd individuare un cavaliere bianco a cavallo dell’estate per uscire definitivamente di scena entro l’anno. La strada però non è in discesa.
  • Sulle criptovalute bisogna intervenire con molta urgenza
È stato quanto mai opportuno il warning lanciato da Banca d’Italia e Consob, che fa seguito a quello delle authority europee Eba, Esma ed Eiopa, per gli investimenti in cripto-asset. Erano necessari e urgenti i caveat, diretti soprattutto ai piccoli risparmiatori, per i rischi dell’operare in criptovalute dipendenti, in particolare, dalla scarsità delle informazioni, dalla volatilità delle quotazioni, dalla mancanza di tutele legali e contrattuali, dall’assenza di presidi di sicurezza informatica con la conseguente esposizione ad attacchi in questo campo. Quello dei due organi di Supervisione è, in sostanza, un avvertimento insieme con un monito non potendosi, per ora, andare oltre perché manca un necessario quadro regolamentare (la fonte giuridica superiore occorrente) che si spera venga adottato dall’Unione. Il quadro dovrebbe definire obblighi, vincoli, sanzioni, controlli, tutele dei risparmiatori e degli investitori. Andrebbe valutato se disciplinare rigorosamente anche l’accesso all’offerta. A meno che l’iter del progettato regolamento europeo non subisca una eccezionale accelerazione, uno spazio potrebbe essere occupato, qualora continui un eventuale temporeggiamento istituzionale, pure dai parlamenti e dai governi nazionali. Si tratterebbe certamente di misure limitate e non pienamente soddisfacenti, ma almeno si darebbe un segnale concreto, più forte dei citati caveat, di protezione dei risparmiatori. Insomma, la pur importante discesa in campo della Banca d’Italia e della Consob non chiude ovviamente la questione di crescente rilievo, ma è un richiamo anche per le autorità europee e per i governi perché intervengano con urgenza.

Pasticciaccio delle responsabilità per lo smart working. Quando il dipendente pubblico in lavoro agile usa il proprio computer o altri suoi dispositivi il datore di lavoro non è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici.
È quanto discende dall’articolo 87 del decreto legge 18/2020, che sterilizza l’efficacia dell’articolo 18, comma 2, della legge 81/2017. La disposizione non chiarisce, però, chi risponde della sicurezza e del buon funzionamento. Ma vediamo di approfondire la questione.
La conclusione di un contratto di assicurazione della responsabilità civile per la circolazione di un autoveicolo è obbligatoria quando il veicolo di cui trattasi è immatricolato in uno Stato membro e non è stato regolarmente ritirato dalla circolazione. Un tale obbligo non può essere escluso per il mero fatto che un veicolo immatricolato è, in un determinato momento, inidoneo a circolare a causa delle sue condizioni tecniche. Lo ha affermato la Corte di giustizia europea nella sentenza nella causa C-383/19 Powiat Ostrowski/Ubezpieczeniowy Fundusz Gwarancyjny, depositata ieri.
Il 110% sfonda il tetto del miliardo di detrazioni erogate. E gli interventi sui condomini tagliano il traguardo delle mille unità. Sono queste alcune delle indicazioni che arrivano dal monitoraggio Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie) al 23 aprile inviato dall’ente al ministero dello sviluppo economico. In commissione attività produttive Ilaria Bertini direttore dipartimento unità efficienza energetica Enea ha indicato in 12mila gli interventi per unità abitative per cui lo stato dei lavori è al 30%. Nel report di Enea il dato disaggregato indica che per i condomini si è a 1007 interventi censiti. Troppi? Pochi? Il confronto con il primo report con monitoraggio al 16 marzo indica che i condomini erano 530, un raddoppio di interventi in meno di un mese. Con un’altra considerazione lasciata in commissione sempre dall’esperto di Enea: anche se numericamente di meno gli interventi nei condomini sono economicamente più sostanziosi.
  • Generali lavora al piano
Generali sta lavorando al nuovo piano industriale: lo ha annunciato l’a.d. Philippe Donnet durante l’assemblea degli azionisti. «L’obiettivo, ancora una volta, è quello di definire obiettivi ambiziosi di crescita e di rafforzare la capacità del gruppo di produrre risultati sostenibili nel tempo», ha spiegato Donnet. «Come ho detto più volte, sono molto fiducioso nel futuro delle Generali e nelle straordinarie qualità delle sue persone, con cui lavoro quotidianamente per concludere con successo il corrente piano e predisporre quello per il prossimo triennio. La continuità rispetto all’attuale piano sarà un elemento fondamentale del ciclo strategico che intraprenderemo tra pochi mesi e contribuirà a continuare a creare valore sostenibile nel lungo periodo». In maggio è prevista una riunione degli amministratori delegati del gruppo con Donnet per condividere le linee strategiche del nuovo documento. «Quando mancano poco più di sei mesi alla conclusione del piano strategico Generali 2021, siamo convinti di raggiungere tutti gli obiettivi che ci eravamo posti, e lo scorso anno abbiamo conseguito importanti risultati in tutti e tre i pilastri che compongono la strategia», ha proseguito il numero uno del Leone, che «affronta l’attuale contesto senza precedenti da una posizione di forza e di grande solidità. I risultati ottenuti lo scorso anno, che abbiamo presentato a metà marzo, ne rappresentano un’ulteriore conferma e testimoniano la grande validità e resilienza del nostro modello di business».

corsera

  • Generali, il pressing dei soci continua
«Stiamo già lavorando alla definizione del prossimo piano e abbiamo solide basi per costruirlo. La continuità rispetto all’attuale», il cui orizzonte termina a fine 2021, «sarà un elemento fondamentale del ciclo strategico che intraprenderemo nei prossimi mesi». Lo ha detto ieri Philippe Donnet, group ceo di Generali, intervenendo all’assemblea degli azionisti della compagnia triestina. Parole che sono sembrate dirette a tutti gli azionisti ma in particolare a uno: Francesco Gaetano Caltagirone, secondo socio con il 5,63% e vicepresidente vicario della società, che ha consumato uno strappo senza precedenti non depositando le azioni e quindi non votando sull’ordine del giorno che vedeva al primo punto il bilancio 2020, da lui approvato peraltro in sede di cda. I conti hanno ricevuto ieri il sì del 99% del capitale partecipante. Lo strappo di Caltagirone è arrivato dopo manifestazioni di dissenso su alcune operazioni avanzate insieme a Leonardo Del Vecchio, che però in questa occasione è sembrato supportare il top management del Leone. Non sfugge poi che Caltagirone ha comprato di recente l’1% di Mediobanca, dopo che Del Vecchio ha è arrivato al 13,6% con facoltà di salire al 20%. Gli occhi di tutti sono rivolti all’assemblea di Generali che nel 2022 sarà chiamata a rinnovare il consiglio con modalità nuove, visto che lo scorso anno la compagnia ha introdotto la facoltà al consiglio di presentare una lista propria. Un’opzione spinta anzitutto da Mediobanca che l’ha in statuto e con la quale, dopo che il patto è diventato di sola consultazione, ha provveduto alle nomine nel 2020. Ma, mentre Piazzetta Cuccia la sostiene sottolineando la centralità del consiglio, espressione del 100% dell’azionariato e luogo nel quale vanno discusse e decise strategie, definite dai piani industriali, e nomine, Caltagirone appare considerare la possibilità subordinata a preventive decisioni condivise dei soci rilevanti sulle strategie del Leone. E a nuovi equilibri dopo il rafforzamento nel capitale triestino che ha visto protagonisti lui e Del Vecchio.

Repubblica_logo

  • Resa dei conti nel cda Generali e Donnet lavora al nuovo piano
Ieri mattina, dopo l’assemblea telematica che ha approvato con il 99,8% dei voti il bilancio 2020 della compagnia – con Caltagirone che ha appunto espresso il suo dissenso non apportando il 5,6% del capitale – il cda è stato l’occasione per cominciare a regolare alcuni conti tra i grandi azionisti. Questo mentre l’amministratore delegato Philippe Donnet, forte dei risultati ottenuti finora e convinto della possibilità di una riconferma il prossimo anno, ha detto in assemblea che ha già cominciato a lavorare al piano 2022-2024. In cda il presidente Gabriele Galateri ha esordito stigmatizzando la fuga di notizie sulla mancata partecipazione delle azioni di Caltagirone all’assemblea, avvertendo che in questo modo si rischia di danneggiare la compagnia. È toccato allora all’imprenditore romano replicare, spiegando innanzitutto che rientra nei suoi pieni diritti non partecipare all’assemblea come azionista e chiarendo poi che non era stato certo lui a far circolare l’informazione fuori dagli organi della compagnia. Nessun altro consigliere si è fatto avanti per assumersi la responsabilità della fuga di notizie. Ma a quel punto lo stesso Caltagirone ha voluto ribadire i suoi elementi di dissenso nella recente strategia delle Generali e nelle decisioni prese da Donnet, che dal canto suo non ha reagito.nCaltagirone si è concentrato in particolare su due episodi: il primo è l’acquisizione del 24% della Cattolica; il secondo è di queste settimane e riguarda la trattativa per un’acquisizione da 300 milioni in Malesia. I grandi soci cosiddetti “privati” delle Generali, ossia Caltagirone, Del Vecchio con poco meno del 5% del capitale e i Benetton con il 3,9%, non paiono avere una linea comune ma sono uniti dal desiderio che le loro azioni contino di più di quanto hanno fatto adesso, anche in termini di indirizzo strategico, e sono insofferenti per l’eccessiva presa che Mediobanca – con il 13% del capitale – ha a loro parere sulla compagnia.

  • Quota 100 chiude dimezzata: spesi 9 miliardi in meno