Da anni stretta nella morsa di Mediobanca, Generali non riesce a recuperare il terreno perduto rispetto ai concorrenti europei. Ecco come Caltagirone e Del Vecchio vogliono rilanciare il Leone
di Roberto Sommella

Come la casa, anche un’azione delle Generali rappresenta un bene e un investimento. Solo che a differenza di un’immobile, che resta in cima ai desideri degli italiani e che anche quest’anno muoverà l’economia post pandemica, una partecipazione nel Leone negli ultimi anni ha rappresentato più dolori che gioie.

Raccontano che Francesco Gaetano Caltagirone ami fare un confronto specifico quando considera dove sta il colosso assicurativo oggi e dove era al momento del suo ingresso nella compagine azionaria. E il paragone con le altre compagnie è impietoso: fatto cento il valore delle Generali, Axa e Allianz (ossia i diretti concorrenti, che prima dell’euro erano indietro) oggi valgono 140 e 150. Un abisso, lo stesso che si sta formando tra Caltagirone e Leonardo Del Vecchio (i due imprenditori della categoria pesi massimi che stanno dando battaglia per il rilanciare Generali) e il management di Mediobanca, che il Leone non controlla, almeno ai fini del codice civile, ma di sicuro tiene al guinzaglio dai tempi di Enrico Cuccia. Un paradosso tutto italiano. Ebbene, parallelamente alla salita fino al 20% in Piazzetta Cuccia del patron di Luxottica (che gli ha garantito un faro acceso perenne della Consob) e all’incremento oltre il 5% della quota detenuta dall’ingegnere romano a Trieste, si è formata una faglia troppo grande tra i due e Alberto Nagel per pensare che possa essere composta solo con un nuovo giro di valzer (l’ennesimo, in vent’anni) che porti alla sostituzione di Philippe Donnet, prossimo alla fine del mandato. La sensazione che trae chi ha potuto parlare con i due «gemelli» (diversi per estrazione, storia, età ma simili nella determinazione nel non farsi prendere in giro) è che entrambi siano pronti alla pugna e a far valere i loro voti nella compagnia, dove dai tempi di Greco e Geronzi il cda ha perso peso specifico rispetto ai diktat di Mediobanca e continua ad andare avanti senza avere un direttore generale e un comitato esecutivo (detto per inciso: una cosa da piccola azienda famigliare). E’ vero che le cronache degli ultimi anni sono piene di battaglie intorno a Mediobanca- Generali che si annunciano e non si concludono mai; che nessuno mette in dubbio l’indiscusso valore del management che ruota attorno a Alberto Nagel e dei risultati del medesimo; che volendo fare la rivoluzione si dovrebbe pur trovare un forte sostituto di Donnet. Ma la notizia che arriva sulla Roma-Milano è che è arrivato il momento dello showdown finale. E questo lo sanno tutti i contendenti.

In Mediobanca, grazie alla presa di controllo di Del Vecchio, si formeranno forse tre liste – una del cda, una dei soci esterni al patto e una degli indipendenti- da presentare in vista dell’assemblea e si vedrà quale sarà a prevalere. E a Trieste ormai il peso degli azionisti privati ( Caltagirone, Del Vecchio, Benetton) supera quello di Mediobanca con un netto 17% a 13%. Dunque, se non ora quando? La goccia, pesante come un barile di piombo, che ha fatto traboccare il vaso è stata l’operazione Cattolica, portata avanti senza precise informative nel cda del Leone e che si risolverà – questa almeno la previsione che si fa negli ambienti finanziari romani e veneti – nall’acquisto del 100% della compagnia di Verona mettendo in atto un vero e proprio salvataggio, come hanno capito forse anche in Ivass e Consob. Assieme alla goccia, tra gli altri motivi di perplessità ci sarebbe il fatto che in Cattolica sarebbero stati indicate, per via Mediobanca, persone stimabilissime ma del tutto lontane dalla realtà assicurativa locale e dal bilancio dell’azienda. Insomma, per farla breve in una storia lunghissima di sudditanza psicologica e di potere nei confronti dei francesi (ieri Lazard, oggi Axa), sarebbe venuto meno il rapporto fiduciario tra i due più aggressivi soci del Leone e la banca d’affari milanese. Se ciò sfocerà in una piccola rivoluzione che porterà al rilancio delle Generali, come voluto espressamente da Del Vecchio e Caltagirone, forse è ancora presto per dirlo, ma la determinazione – e una certa impazienza mista a arrabbiatura – c’è tutta. Le azioni ormai si contano, non si pesano più. (riproduzione riservata)

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