di Maurizio Cisi*Fabio Sansalvadore**
Sempre di più, la comunicazione finanziaria realizzata attraverso il bilancio d’esercizio o consolidato è «integrata» da informazioni ambientali e sociali che – utilizzando un termine di attualità – si possono inquadrare nell’ambito Esg (Environmental, social e governance).

Queste informazioni di carattere quantitativo e qualitativo, espresse molto spesso in unità di misura non monetarie, sono normalmente lontane dalle competenze e dalle «corde» dei soggetti che partecipano ai processi legati al bilancio (direttori amministrativi, cfo, commercialisti, revisori ecc.) ma sono sempre più spesso interpretate da parte di chi le legge come di importanza fondamentale per la comprensione non tanto solamente delle «performance» ottenute, quanto della capacità di sopravvivenza nel lungo periodo e dei futuri rischi, in un’ottica di forward looking.

Tali informazioni possono essere contenute nel bilancio d’esercizio (o consolidato) oppure sono rappresentate in report separati. In questo articolo ci soffermiamo principalmente sull’ampliamento degli ambiti informativi nell’ambito della comunicazione obbligatoria di bilancio.

Innanzitutto, occorre fare chiarezza:

1) sulla dimensione soggettiva (chi – obbligatoriamente o facoltativamente – fornisce informazioni che non passano per la contabilità generale);

2) sulla dimensione oggettiva (quali modalità, quali informazioni).

La dimensione soggettiva

Secondo il dlgs n. 254/2016 solamente gli «enti di interesse pubblico» (Eip) con più di 500 dipendenti e che abbiano superato determinati limiti dimensionali (totale dello stato patrimoniale: € 20 mln e totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: € 40 mln) devono obbligatoriamente predisporre una dichiarazione non finanziaria (Dnf). Tale obbligo derivante dalla Direttiva 2014/95/Ue (Non financial reporting) tocca tutto sommato una platea poco vasta: banche, compagnie di assicurazione e riassicurazione, società finanziarie, società quotate o emittenti titoli quotati in un mercato regolamentato (art. 16 dl n. 39/2010).

L’art. 3 del dlgs n. 254/2016 prevede che la Dnf «copra i temi ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva, che sono rilevanti tenuto conto delle attività e delle caratteristiche dell’impresa».

Parallelamente, guardando agli Ets (Enti del Terzo settore), questi – a norma del art. 9 del D.lgs. n. 112/2017 – devono redigere un bilancio sociale, secondo le Linee guida per la redazione del bilancio sociale degli enti del Terzo settore e delle imprese sociali (decreto Mlps del 4 luglio 2019).

Al di là delle situazioni soggettive esaminate (Eip e Ets), allo stato attuale non si evidenziano ulteriori imposizioni legislative a carico delle aziende.

Tuttavia, alcune aziende ritengono che la rappresentazione della true and fair view, se finalizzata all’ottenimento di una «legittimazione» da parte dei clienti, dei finanziatori e delle comunità locali debba passare per la definizione di un quadro sistematico di informazioni che vanno oltre l’Ebitda e gli altri indicatori finanziari.

Queste aziende volontariamente si cimentano nella sfida di essere accountable e trasparenti sui temi della «sostenibilità».

I soggetti tenuti alla redazione del bilancio d’esercizio in forma abbreviata ai sensi dell’art. 2435 bis c.c. e quelli che utilizzano la struttura prevista dal 2435 ter c.c. per le micro-imprese sono più facilmente «non-Esg Accountable»: la più stringata struttura del fascicolo di bilancio si limita alle informazioni di natura economico-finanziaria degli schemi contabili e ad altre di natura descrittiva ridotta, contenute in una nota integrativa semplificata, se prevista.

La dimensione oggettiva

Le aziende non obbligate comunicano sui temi Esg seguendo due strade:

1) redigere un documento autonomo (chiamandolo, ad esempio, «Rendiconto» o «Bilancio» di Sostenibilità);

2) integrare le informazioni Esg nella Relazione sulla Gestione.

Nel primo caso, il documento autonomo e separato rispetto al bilancio dovrà essere impostato utilizzando le linee guida internazionalmente riconosciute (Gri, Ir, Sasb ecc.), mentre nel secondo caso si può parlare di vera e propria «integrazione» del documento di riferimento che è il bilancio (d’esercizio o consolidato).
La Dnf stessa, secondo l’art. 5 del 254/2016 può essere realizzata come documento separato e autonomo rispetto al bilancio, oppure essere parte integrante della Relazione sulla Gestione.

L’art. 2 dell’art. 2428 richiama, infatti, che la Relazione sulla Gestione riporta (..) una descrizione dei principali rischi e incertezze cui la società è esposta e (..) contiene, nella misura necessaria alla comprensione della situazione della società e dell’andamento e del risultato della sua gestione, gli indicatori di risultato finanziari e, se del caso, quelli non finanziari pertinenti all’attività specifica della società, comprese le informazioni attinenti all’ambiente e al personale. L’analisi contiene, ove opportuno, riferimenti agli importi riportati nel bilancio e chiarimenti aggiuntivi su di essi.

Si fa, dunque, riferimento, in maniera molto generale, all’integrazione nella RG di indicatori non finanziari che se interpretati in ottica di «sostenibilità» sono inerenti almeno i seguenti aspetti: rischi; ambiente personale; valori contabili riportati negli schemi di bilancio.

Con riferimento alla scelta degli indicatori opportuni, in assenza di specificazioni legislative, occorre fare riferimento, da un lato, ai principi (raccomandazioni) del Cndcec (in particolare il documento «Relazione sulla gestione» del 2018) e, dall’altro, a standard internazionalmente riconosciuti come il Gri (Global Reporting Initiative) o a framework specifici, quali il Wici sugli intangibles, il Cdsb sul climate change, l’Isar sui Sustainable Development Goals, ecc.

Coerentemente con la richiesta dell’art 2428, gli indicatori riferiti a tali aree di interesse devono essere «pertinenti» rispetto all’attività realizzata. In altre parole, le informazioni fornite devono essere coerenti con il business model messo in atto e risultare «materiali», ossia rilevanti per poter risultare utili al fine di interpretare le reali condizioni in cui l’azienda opera e con le quali si confronterà nel futuro.

Si segnala che a livello internazionale molte sono le iniziative che toccano le problematiche qui affrontate. Con riferimento ai rischi è importante segnalare la sistematizzazione fatta dalla Commissione Eu con la Comunicazione 2019/C 209/01 (Orientamenti sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario) che identifica da un lato i rischi di ripercussioni negative sul clima da parte dell’azienda, e dall’altro, i rischi di ripercussioni negative sull’impresa quali rischi di transizione e rischi fisici.

Il documento del Cndcec del 2018 fornisce un dettaglio dei possibili indicatori specifici inerenti all’ambiente e al personale. In particolare, si distinguono informative obbligatorie e facoltative.

Le informative obbligatorie possono, ad esempio, riguardare aspetti quali morti, infortuni gravi sul lavoro, malattie professionali per i quali è stata accertata definitivamente una responsabilità aziendale; danni causati all’ambiente per cui la società è stata dichiarata colpevole in via definitiva nonché emissioni di gas ad effetto serra ex legge 316/2004 solo in taluni casi obbligatoria.

L’informativa volontaria sul personale e sull’ambiente, invece, può riguardare aspetti quali, ad esempio, iniziative volte a stabilizzare la forza lavoro; investimenti ambientali e di sicurezza; politiche di smaltimento e riciclaggio dei rifiuti; certificazioni (Sa 8000; Emas; Iso 14000, ecc.); emissioni gas ad effetto serra.

Inoltre, nella Relazione sulla gestione dovrebbero essere riportate informazioni riguardanti:

• la strategia in termini di protezione dell’ambiente;

• i miglioramenti apportati nei settori chiave della protezione dell’ambiente;

• l’attuazione delle misure di protezione ambientale già adottate o in fase di adozione in linea a standard normativi vigenti o futuri;

• l’efficienza ambientale dell’impresa;

• l’eventuale relazione ambientale o di sostenibilità separatamente redatta.

Il documento Cndcec 2018 identifica, con riferimento al personale, le informazioni che possono essere fornite: composizione, turnover, formazione, modalità retributive e misure di sicurezza adottate.

Coerentemente con le prassi di rendicontazione in materia ambientale (Emas, Gri), invece, gli indicatori chiave dovrebbero riguardare principalmente tematiche ambientali quali efficienza energetica e dei materiali, rifiuti, biodiversità, emissioni, acqua.

Sul fronte delle informazioni sui valori contabili riportati negli schemi di bilancio, si ritiene che possano essere oggetto di specifica disclosure alcuni dettagli quali costi e investimenti «sostenibili»; ricavi da attività «sostenibili»; fondi per rischi ed oneri.

Già il documento Cndcec segnalava la Racc. 2001/453/Ce relativa ad investimenti e costi che migliorano l’impatto ambientale, distinguendoli da quelli necessari per rispettare i parametri fissati dalla legge. È recente – a ulteriore completamento della problematica – il Reg. 2020/852 che identifica come sostenibili gli investimenti rivolti a supportare il raggiungimento di obiettivi quali, ad esempio, mitigazione del cambiamento climatico; uso sostenibile delle risorse idriche e marine; transizione verso l’economia circolare; protezione della biodiversità.

La comunicazione di bilancio, dunque, si può arricchire di informazioni non-finanziarie che non rappresentano un generico adempimento ma che possono, in taluni casi, permettere la vera lettura prospettica dell’azienda, delle sue politiche e del suo orientamento alla gestione dei rischi per un futuro sostenibile. Cose che in tempi di crisi e di attese sul Recovery Fund (che non a caso si chiama «Next Generation Eu») forse non sono così secondarie.

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