di Anna Messia
L’aumento di capitale di 200 milioni chiesto dall’Ivass a Cattolica assicurazioni potrebbe essere sostituito o preceduto da una raccolta con un mix di obbligazioni convertibili e convertende, più fair verso i piccoli azionisti da preservare come azionariato storico. La proposta, dettagliata nei minimi particolari, arriva dal professor Francesco Brioschi. Classe 1938, professore emerito di corporate governance e finanza al Politecnico di Milano Brioschi è stato tra le altre cose research fellow negli anni 60 ad Harvard University. Ed è toccato in prima persona dal riassetto Cattolica, visto che è uno storico azionista della compagnia di Verona. Brioschi è stato molto favorevole al riassetto di governance chiesto da Ivass, che ha comportato anche la trasformazione di Cattolica da cooperativa a società per azioni. Ma l’ente regolatore ha richiesto alla società anche un aumento di capitale da 500 milioni, con la prima tranche che come noto è stato sottoscritta da Assicurazioni Generali per 300 milioni di euro (azionista con il 24,4%) mentre la seconda tranche dovrebbe perfezionarsi entro il 31 luglio per i residui 200 milioni. Oltre a questo Cattolica deve completare la vendita di azioni proprie che porterebbe a un’iniezione aggiuntiva di liquidità per circa 140 milioni di euro (al prezzo di 5 euro ad azione), che si configura a tutti gli effetti come un ulteriore aumento di capitale.

«Oggi però la compagnia ha già una solida situazione patrimoniale, con un indice Solvency II che a dicembre scorso era del 187%», osserva Brioschi, aggiungendo che «un aumento di capitale classico porterebbe inevitabilmente a una contrazione del prezzo di mercato e sarebbe sgradito sia ai piccoli che ai grandi azionisti della compagnia». La proposta di Brioschi passa invece per la richiesta all’Ivass di soprassedere alla seconda tranche dell’aumento di capitale per 200 milioni ma anche di consentire alla società di annullare le azioni proprie, permettendo contestualmente a Generali l’immunità dall’obbligo di opa derivante dal superamento automatico della soglia del 25%. «La soluzione potrebbe essere il lancio di un bond convertendo a 4 anni, a un tasso ipotizzato al 3,50% di interesse annuo, con un rapporto di conversione al termine del periodo di esercizio di 220 azioni per 1 obbligazione», suggerisce Brioschi, «o in alternativa un bond convertibile a 4 anni al 2% di interesse con opzione al secondo anno di conversione in bond convertendo a 2 anni al 3,00% di interesse annuo». Un modo per uscire dall’angolo e non danneggiare i piccoli investitori storici della compagnia. (riproduzione riservata)

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