Allianz ha quasi triplicato la partecipazione in Unicredit mentre Delfin potrebbe superare il 2%. Un segno di forte attenzione nei confronti dell’istituto in vista delle operazioni che il nuovo vertice metterà in campo
di Luca Gualtieri

Il nuovo e minuzioso libro di Piero Barucci offre l’opportunità di ripercorrere la storia di Unicredit e, nella presentazione che si è tenuta martedì 30 marzo, l’argomento è stato oggetto di un appassionato confronto tra l’autore, il presidente Cesare Bisoni, il successore Pier Carlo Padoan e il numero uno dell’Abi Antonio Patuelli. Saggistica a parte, in queste ultime settimane la storia di piazza Gae Aulenti è tornata sotto i riflettori per più di una ragione. Un azionista storico come Allianz, per esempio, ha quasi triplicato la partecipazione nella banca, portandola dall’1,2 al 3,11% con gli acquisti di fine marzo. Da quando, nel 1994, entrò nel capitale del Credito Italiano chiamato da Enrico Cuccia, il gruppo assicurativo tedesco guidato oggi da Oliver Bäte è stato un socio stabile. Da qualche anno però la partecipazione si era assottigliata, scendendo sotto la soglia del 2%, e proprio per questo il balzo compiuto a marzo ha catturato l’attenzione dei mercati. Degli acquisti sono state fornite diverse interpretazioni, riconducendo la mossa della compagnia ora ai buoni rapporti di Monaco con il futuro ceo Andrea Orcel, ora a un’accelerazione dei progetti sul fronte della bancassurance. Più probabilmente però Allianz ha voluto dare una prova dell’alto livello di attenzione con cui seguirà il nuovo corso di Unicredit.

Sin da subito il lavoro di Orcel sarà molto impegnativo. La banca dovrà infatti riguadagnare terreno su un mercato italiano messo a dura prova dalla crisi economica e colmare il gap che si è creato con Intesa Sanpaolo. C’è poi il delicato capitolo del consolidamento. Se i target possibili sono diversi, sulla carta quello più ambizioso sembrano proprio le Generali che Unicredit potrebbe raggiungere attraverso Mediobanca, primo socio di Trieste al 12,9%, e con l’appoggio decisivo di Leonardo Del Vecchio che di piazza Gae Aulenti detiene il 2%. Altro padre fondatore di Unicredit (il suo ingresso, come quello di Allianz, risale alla privatizzazione del 1994) Mister Luxottica è stato un convinto supporter della candidatura di Orcel e, come segno di fiducia verso il nuovo corso, nei prossimi mesi potrebbe incrementare la partecipazione. Da qualche anno del resto Del Vecchio è particolarmente attivo nella finanza italiana. Dopo il blitz del settembre 2019 la sua partecipazione in Mediobanca ha raggiunto il 13%, anche se l’autorizzazione della Bce ha spianato la strada fino al 20%. Quanto alle Generali, negli ultimi anni la quota di Delfin (4,84%) è cresciuta in parallelo a quella di Francesco Gaetano Caltagirone, oggi secondo socio al 5,65%. Sia Mister Luxottica che Caltagirone vogliono dare una scossa alle Generali e, pur con toni diversi, lo hanno già fatto capire al mercato. Se il costruttore romano spinge per un assetto più plurale della governance, Del Vecchio ha un disegno strategico in mente: «riportare Generali al ruolo leader che aveva nel mercato assicurativo europeo alla fine degli anni 90 e che poi ha perso», come ha dichiarato qualche mese fa alle agenzie di stampa. Entrambi poi hanno una scadenza precisa nel mirino: il board in cui oggi siedono il presidente Gabriele Galateri e il ceo Philippe Donnet è entrato nell’ultimo anno di mandato e dovrà essere rinnovato nella primavera del 2022. Non è escluso però che a Trieste (dove la nomina dell’ex general manager Frédéric de Courtois al vertice di Axa ha lasciato perplessi diversi soci) un cambiamento possa maturare prima. Che ruolo potrebbe giocare Unicredit in un rimescolamento degli equilibri sull’asse Milano-Trieste? La risposta è complessa. Non solo perché scompaginare i delicati equilibri della Galassia del Nord sarebbe una mossa rischiosa anche per un banchiere esperto come Orcel, ma anche perché proprio i recenti acquisti di Allianz hanno mandato un segnale difficilmente equivocabile al partner industriale italiano.

Se insomma la strada che conduce a Trieste è sdrucciolevole, è più probabile che nei prossimi mesi Unicredit si concentri su altri obiettivi. A determinate condizioni per esempio piazza Gae Aulenti potrebbe sobbarcarsi la privatizzazione del Montepaschi, che il Tesoro agevolerà con una dote di oltre cinque miliardi. Altro target molto probabile è Banco Bpm, sul quale Orcel potrebbe lanciare un’offerta pubblica analoga a quella promossa l’anno scorso da Intesa Sanpaolo su Ubi. Se così andassero le cose, salterebbero le nozze tra Banco e Bper di cui oggi Giuseppe Castagna è un convinto sostenitore nonché il ceo naturale del nuovo gruppo. In tal caso il gruppo modenese partecipato al 18,9% da Unipol potrebbe creare un terzo polo, magari aggregando la Popolare di Sondrio e Carige. Sarà questo il film a cui nei prossimi mesi assisteranno i grandi azionisti di Unicredit? Non è detto, ma di certo alcuni di loro si sono già aggiudicati un posto in prima fila. (riproduzione riservata)

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