di Alessandra Ricciardi

Oggi denunciare un medico non costa nulla, non serve nemmeno l’avvocato… è sufficiente un esposto generico, e tutta la macchina giudiziaria si mette in moto», spiega Carlo Nordio, ex procuratore aggiunto di Venezia, oggi attento analista della politica interna. Nei giorni dell’emergenza Coronavirus, le cronache parlano anche di medici denunciati, di Procure in campo, «davanti a una denuncia un fascicolo va sempre aperto», anche se «oltre il 90% di queste indagini si chiude con assoluzioni o archiviazioni». L’ennesimo esempio, quello della sanità, accusa Nordio, di un «Paese ingessato dalla burocrazia e da una legislazione elefantiaca, contraddittoria e oscura».
L’effetto? «Una sanità difensiva, un’amministrazione difensiva e anche una giustizia difensiva».

Domanda. L’emergenza sanitaria Covid ha messo in luce le responsabilità a cui vanno incontro anche penalmente i medici. Spesso dirottati in queste settimane di lotta al virus in reparti e discipline diverse da quelli per i quali si sono abilitati. Di cosa stiamo parlando?
Risposta. Stiamo parlando di iniziative prese da alcuni pazienti, o dai loro famigliari, nei confronti di medici, denunciati penalmente per «malpractice» nella gestione di questa emergenza. Per fortuna molte procure hanno cercato di rassicurare i sanitari, ma davanti a una denuncia un fascicolo va sempre aperto. Un’ennesima beffa verso questa benemerita categoria che questo momento sta salvando il Paese.
D. Mi fa un esempio di cosa comporta per un medico la responsabilità prevista e le relative sanzioni?
R. Una denuncia per omicidio colposo non comporta necessariamente un processo, e tantomeno una condanna. Oltre il 90% di queste indagini si chiude con assoluzioni o archiviazioni. Ma espone il medico a gravose spese legali, oltre allo stress psicologico di sapersi inquisito e alla notorietà negativa derivante dalla pubblicazione della notizia. È naturale che, davanti a questo pericolo, attui la cosiddetta medicina difensiva.
D. E dunque?
R La medicina difensiva sta proprio in ciò: che, per evitare querele o altro, il medico spesso rinuncia a fare un intervento rischioso (si chiama difesa passiva); oppure carica il paziente di esami inutili, costosi, spesso invasivi e quindi rischiosi (questa è la difesa attiva), non tanto nell’interesse del malato quanto nel proprio. Questo comporta due effetti: nel primo caso, si priva il paziente di una terapia che, magari in piccola percentuale, potrebbe ottenere un risultato utile. Nel secondo, si aggravano le spese della sanità, e si allungano le liste d’attesa per chi magari ne ha vero bisogno.
D. Mi pare un discorso simile a quello che avviene nel pubblico con l’abuso d’ufficio o sbaglio?
R. È cosi. Oggi abbiamo anche un’amministrazione difensiva: sindaci, assessori, dirigenti ecc. non firmano più niente, o firmano dopo estenuanti controlli, perché hanno paura di esser incriminati per abuso di atti d’ufficio. Un reato così generico e onnicomprensivo che andrebbe abolito. E abbiamo anche una giustizia difensiva, anche se nessuno ne parla. Ora si cominciano a denunciare anche i magistrati, e alcuni perdono la serenità nel giudicare
D. È questo il rischio anche per i medici?
R. È soprattutto questo. Un medico inquisito non è un buon medico; quando opera sentirà un ricorrente ritornello: «Ricordati che sei inquisito». Medici e giudici devono lavorare tranquilli, perché il loro mestiere da un lato è a forte rischio di errore, e dall’altro incide su beni primari, la salute e la vita, la libertà e l’onore.
D. Lei cosa propone per la responsabilità dei medici? È possibile depenalizzare?
R. La depenalizzazione è impossibile perché sarebbe incostituzionale. Ma si potrebbero prevedere alcune garanzie. Per il risarcimento del danno, ad esempio, una specie di filtro processuale come quello per i magistrati, dove il cittadino non può rivolgersi a noi. La Legge Gelli ha introdotto qualcosa di simile, ma è assolutamente insufficiente. Per di più i premi assicurativi gravano sui medici, che già hanno un basso stipendio, e spesso le assicurazioni contestano il rischio o rifiutano la stipula. Per le denunce penali occorrerebbe introdurre il principio della querela temeraria: chi querela un sanitario deve risarcirlo se l’accusa si rivela infondata, mentre oggi denunciare un medico non costa nulla, non serve nemmeno l’avvocato. Non solo. La querela dovrebbe essere obbligatoriamente accompagnata da una consulenza qualificata, che specifichi quali colpe si attribuiscono al sanitario. Mentre oggi è sufficiente un esposto generico, e tutta la macchina giudiziaria si mette in moto.
D. Qualcuno potrebbe obiettarle di non tenere abbastanza in considerazione le ragioni dei pazienti. E gli episodi di malasanità.
R. La tutela dei pazienti non si attua con i carabinieri, minacciando i medici, ma ponendo questi in condizione di agire sereni. Questo non significa la loro impunità. Nei casi di sospetta colpa grave, o addirittura di dolo, l’accertamento giudiziale va fatto . Ma sono episodi marginali. Oggi il problema è la valanga di esposti infondati.
Le riforme Balduzzi e Gelli, unitamente alle recenti sentenze della Cassazione, hanno un po’ mitigato la severità di un tempo. Ma non basta. Occorre una revisione completa di questa disciplina.
D. È un discorso limitato alla sanità?
R. No, è un discorso molto più generale. Questo è un Paese ingessato dalla burocrazia e da una legislazione elefantiaca, contraddittoria e oscura. Questo vale per la Pubblica amministrazione, per gli appalti, per la giustizia, per la sanità, per il sistema tributario, per tutto. Don Abbondio disse che la peste era stata un flagello ma anche una grande scopa. Beh, l’auspicio è che questa epidemia elimini tante assurdità, tanto vecchiume nel nostro asfittico sistema normativo.
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