di Angelo De Mattia

Nel progettato decreto Aprile vi sarebbero anche norme per il rafforzamento e l’estensione del golden power ad altre imprese rispetto a quelle già soggette alla disciplina, in particolare a banche e ad assicurazioni. Si diffonde infatti il timore che ai prezzi attuali di borsa si tentino dall’estero operazioni cosiddette «predatorie» di imprese italiane che costituiscono un asset fondamentale per il Paese. Nelle scorse settimane il tema è stato trattato anche su queste colonne. Per possibili scalate si guarda, non si sa ancora con quanto fondamento, alla Russia e alla Cina. Approfondimenti condotti dal Copasir alimenterebbero le preoccupazioni. Secondo lo stesso Copasir, la protezione con il golden power sarebbe motivata da ragioni di sicurezza nazionale.
Sarebbe un nuovo livello di tutela che oggi si affiancherebbe, soprattutto per gli intermediari bancari, alla protezione costituzionale del risparmio. Gli intermediari in questione sarebbero considerati un’infrastruttura fondamentale del Paese. Anche a livello europeo maturano e si affermano orientamenti in questa direzione, ma con prevalente riferimento a disegni predatori di provenienza di soggetti insediati in Paesi extraeuropei. Insomma, il potere interdittivo che sarebbe attribuito al governo relativamente anche alla nuova categoria di imprese andrebbe inquadrato nell’attuale «stato di eccezione»; potrebbe dunque essere un’estensione ad tempus. In questo modo siamo fuori da visioni dirigistiche, trattandosi di una misura straordinaria – fare delle banche e delle assicurazioni imprese di interesse per la sicurezza nazionale – in una fase di assoluta straordinarietà. Naturalmente l’analisi e la ricorrenza di rischi di scalate ostili devono essere fondate. Potrebbero infatti essere enfatizzate o strumentalizzate da chi intenda proteggere determinate posizioni da possibili acquisizioni non estere bensì nazionali e, allora, adombri legami o concorsi non italiani a scalate che magari non siano progettate effettivamente, come pure in qualche caso stava cominciando a manifestarsi prima dello scoppio dell’emergenza per la diffusione del coronavirus.

Le modalità e i tempi di esercizio del potere in questione, se si imbocca la strada dell’estensione normativa, andranno rigorosamente definiti non solo per le limitazioni alla concorrenza e al libero mercato che in tal modo si introducono. Un raccordo con l’Unione Europea non può mancare anche per gli indirizzi che in materia sarebbe opportuno fossero impartiti da Bruxelles, innanzitutto con riferimento a scalate di soggetti extra-comunitari, ma anche con riguardo al mercato interno, dove è più complessa l’apposizione di barriere, che altri Paesi comunque vanno introducendo, quando addirittura non si estende direttamente la presenza pubblica in economia attraverso veicoli vari. Non mancano soluzioni alternative o anche concorrenti, quale la maggiorazione dei diritti di voto degli azionisti presenti nel capitale di una società da alcuni anni o l’ulteriore rafforzamento delle authority. Sarebbe tuttavia da escludere, anche per il vago carattere di super-gestione e in ogni caso di intervento nel merito delle scelte aziendali, l’ipotesi dell’attribuzione al governo del potere di nominare un componente del consiglio di amministrazione nelle imprese stesse, sempre in funzione anti-scalate ostili.
In definitiva, tutelare i cervelli, i centri nazionali di direzione delle suddette società è apprezzabile in questa fase. Meglio sarebbe stato se si fosse adottata una disciplina organica in periodi non straordinari come l’attuale, dovendosi ora correre ai ripari con tutte le conseguenze che ciò comporta. E’ una lezione per il futuro. Naturalmente la protezione non potrà e non dovrà costituire un incentivo perché gli azionisti non partecipino agli aumenti di capitale quando essi si impongono. «Aiutati che Dio ti aiuta» deve valere anche per questi azionisti. (riproduzione riservata)

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